Sismoscopî e sismometri a registrazione.

Fu già accennato a pag. 22 come riesca difficile il voler fare una distinzione netta tra sismoscopî, sismometri e sismografi. In verità sarebbero pochissimi quei strumenti che dir si potrebbero propriamente sismoscopî poichè quasi tutti forniscono o la direzione, o l’ampiezza, od il periodo, od altre particolarità d’una scossa e per tal fatto sono veri sismometri. Così che, a rigore, un sismometro si potrebbe ritenere come la riunione di più sismoscopî in un solo apparecchio. Ad es., se il sismometro del Cacciatore (fig. 3) avesse un solo foro, se il sismografo del Palmieri (pag. 26) avesse un sol tubo di mercurio, se i tanti pendoli di svariatissime forme già passati in rassegna fossero obbligati ad oscillare in una sola direzione, ecc., ecc., noi avremmo evidentemente altrettanti sismoscopî.

Per il fatto poi che molti di questi strumenti scrivono le loro indicazioni mediante punte su sabbia, o carte o vetri affumicati, o mediante pennelli o penne ad inchiostro su adatte superficî – sia immobili, sia in movimento, per un tempo più o meno lungo ed anche costantemente giorno e notte – i medesimi possono essere chiamati pure sismografi, quantunque il loro modo di funzionare sia essenzialmente di carattere sismoscopico. Un esempio ne è il sismografo portatile del Palmieri (pag. 36, 69 e 71) composto di parti ben distinte: le une (pendolino, molla a spirale, molla a lamina) destinate a produrre il contatto elettrico, le altre (elettro-calamite e tamburo girevole) destinate a ricevere le indicazioni delle precedenti. Come si vede, si è qui in presenza d’un vero telegrafo, in cui i primi congegni fanno da manipolatore, i secondi da macchina ricevente e nel quale il telegrafista è il terremoto. Invece, tanti altri strumenti già passati in rassegna ed anche modernissimi, i quali scrivono le loro indicazioni in un modo consimile, hanno seguitato a chiamarsi sismoscopî. Ciò spiega le evidenti contraddizioni che s’incontrano ad ogni pie’ sospinto nella denominazione data dai loro inventori, o costruttori, ai loro strumenti i quali possono talora riuscire anche complicatissimi per il loro modo di funzionare mediante elettro-calamite, meccanismi d’orologeria ed altri congegni più o meno difficili, ma che in fondo non sono altro che sismoscopî. Ecco perchè noi abbiamo preferito di parlare indistintamente nella parte prima tanto dei sismoscopî quanto dei sismometri e perfino di qualche sismografo, perchè veramente riesce impossibile il volerne fare una classificazione ben distinta.

In essi la registrazione si può compiere in tre modi diversi: o sopra una superficie immobile, ed allora si ha da fare con istrumenti aregistrazione fissa; o sopra una superficie che si pone in movimento soltanto al principio della scossa e vi perdura per un tempo più o meno breve, ed allora gli strumenti son detti a registrazione occasionale; o infine sopra una superficie, dotata giorno e notte d’un movimento continuo, ed in questo caso gli strumenti sono a registrazione continua.

La fig. 19 rappresenta in grandezza naturale le indicazioni (sismogrammi) lasciate da 3 pendoli dell’Osservatorio di Catania sopra la relativa lastra di vetro affumicata, immobile, in occasione dell’altro violento terremoto Calabro del novembre 1894. Quando siffatti pendoli, denominati anche sismografici sono troppo delicati grazie al debolissimo attrito della registrazione, le loro oscillazioni possono perdurare anche molto tempo dopo cessato il terremoto; ed allora i sismogrammi risultano complicatissimi a mo’ di una matassa arruffata, e non lasciano dedurre alcuna conclusione. D’altra parte, se l’attrito è troppo forte, allora i pendoli possono restare immobili in occasione di scosse leggiere.

Ad evitare questo inconveniente, io ho fatto scrivere un mio pendolo sismografico, i cui movimenti sono amplificati mediante una leva verticale, sulla periferia d’un disco di vetro affumicato il quale automaticamente, fin dal principiare della scossa, cambia rapidamente di posto (ossia a scatti) ad intervalli di tempo di 4-5 secondi; di modo che la registrazione è come se avvenisse sopra altrettante lastre fisse, cambiate successivamente, affinchè le ulteriori indicazioni del pendolo non abbiano da rendere confuse le precedenti e specialmente quelle ottenute all’inizio della scossa. Un esempio di tal genere di registrazione è dato dalla fig. 20, dove il tracciamento comincia a sinistra e finisce a destra, e dove è evidente l’orientazione predominante delle traccie nel senso E-W per l’intera durata della scossa.

Già il Palmieri fin dal 1857, nella descrizione del suo sismografo elettro-magnetico (pag. 26), aveva suggerito l’idea che le indicazioni di questo si sarebbero potute tracciare sopra un tamburo ricoperto di carta affumicata il quale si ponesse in moto alla prima scossa, e pronto a ricevere le indicazioni di altre successive.

La registrazione occasionale fu adottata nel sismografo a torsione del Gray (1880) e fu poco dopo largamente impiegata nel Giappone, dove le indicazioni dei pendoli sismografici erano ottenute sopra lastre di vetro, che si ponevano in moto piuttosto rapido al principiare d’una scossa e vi perduravano per breve tempo.

Un bello esempio di registrazione occasionale si ha eziandìo nelsismografo analizzatore ad un pendolo del Ce cchi (fig. 21), esposto pure nel 1884 all’Esposizione di Torino. Nel medesimo le scosse ondulatorie sono registrate da un pendolo, composto d’una sferaP fissa ad un’asta la cui estremità superiore pende dal sopporto A mediante un filo corto e sottile, mentre quella inferiore porta una levetta bilicata B terminante in una punta. Il meccanismo, destinato alle scosse di sussulto, si compone d’un saltaleone U attaccato in alto in F ed in basso in E ad un punto della leva a squadra EHK gravata dalla sfera M come ideò il Gray (pag. 72) fin dal 1881. I movimenti dell’estremità superiore di detta leva sono tra- smessi, mediante un tirante orizzontale, ad altra leva verticale bilicata in L, controbilanciata in alto dalla sferetta C e che scrive in basso mediante un’altra punta bilicataD. Quest’ultima, al pari dell’altra consimile B, poggia sopra una striscia di carta affumicata, chiusa in sè stessa ed a cavalcioni sopra due cilindri m ed n, in modo che risulti orizzontale il tratto di carta sottostante alle due punte B e D. La carta rimane immobile fin tanto che il suolo è tranquillo; ma al sopraggiunger d’una scossa ed in seguito alla caduta dell’asticina in bilico dell’avvisatore sismico a sfera T (fig. 8), l’orologio O viene arrestato dallo strappo dato al filo, ed in pari tempo è lasciata libera la ventarola o d’un meccanismo d’orologeria N e vengono posti in rapida rotazione i due cilindri m ed n e con essi la carta affumicata, la quale corre colla notevole velocità di 7 mm. al secondo sotto alle punte B e D.

Ma evidentemente, tanto in questo strumento, quanto nei pendoli sismografici giapponesi, testè menzionati, la registrazione non può a meno dall’essere difettosa, e specialmente quando l’oscillazione dei pendoli si effettui proprio nella direzione dello scorrimento della lastra di vetro o della carta. E questa è stata appunto la ragione che mi ha fatto preferire, nel mio pendolo sismografico, la registrazione a scatti dianzi ricordata.

In quanto alla registrazione continua, uno dei più antichi strumenti dove si trovi applicata sembra che sia quello del Kreil (1855), dove i movimenti del pendolo venivano tracciati da una punta esterna sopra un tamburo, che costituiva lo stesso peso pendolare e faceva un giro in 24 ore (pag. 45).

Molto importante, sotto questo punto di vista, è il sismografo elettrico a registrazione continua del Cec chi (fig. 22). Come già si disse a pag. 43, è composto di due pendoli: l’uno di periodo piuttosto lento, gravato in basso d’un peso B, al di sotto del quale vi è una specie di squadra oqC, destinata a sorreggere, mediante il braccio CE, una vaschetta di mercurio F; l’altro cortissimo P pendente dal bracciomn. Ad ogni contatto tra la punta sporgente da P ed il mercurio contenuto in F la corrente passa nell’elettro-calamita h la cui àncora per mezzo della levetta Poq e del filo nr fa muovere la pennina ad inchiostro s, bilicata dal contrappeso D, sopra un foglio di carta avvolta sul tamburo G. Quest’ultimo fa un giro intero in mezza giornata trascinato dalla sfera delle ore T dell’orologio R, e ad ogni giro si sposta lateralmente di 1 mm. per essere il suo asse di rotazione tagliato a vite. Sul medesimo tamburo scrive la leva a squadra VV collegata al peso S, il quale pende da un saltaleone attaccato in U, e destinata alla registrazione del moto sussultorio (p. 72).

Un identico sistema fu adottato dal Cecchi nel suo microsismografo elettrico a registrazione continua, composto di due sismoscopî: l’uno per le scosse ondulatorie (pag. 49), l’altro per quelle sussultorie (pag. 72).

Basti il fin qui detto per dare un’idea di questo genere di sismoscopî e sismometri, resi in vario modo registratori, e passiamo ad un’altra categoria ben più importante di strumenti, i veri sismografi.

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