Sismografi a pendolo verticale.

Con i sismoscopî e sismometri, resi anche registratori, si possono certamente ottenere molti elementi utili per lo studio dei terremoti; ma siamo ancora ben lontani dal risolvere il principale problema la cui risoluzione s’impone al sismologo, vale a dire la determinazione ad ogni istante della posizione che assume un punto della terra in seguito al movimento sismico. Il principio che permette un’analisi dei movimenti del suolo, nel corso della loro rapida successione, riposa sulla sospensione d’una massa pesante, fatta in guisa che il suo centro di gravità sia, come si dice, un punto fermo, o punto neutro, in mezzo alle oscillazioni dell’ambiente, cioè indifferente a queste; e ciò allo scopo di poter ottenere la registrazione automatica dei movimenti del suolo in tre componenti ortogonali, cioè in due componenti orizzontali normali tra loro ed una verticale.

Come ho già insistito a pag. 35, è il Cavalleri che ha intuito il partito che si può trarre dall’inerzia delle masse pendolari, considerate immobili al principio d’una scossa, in modo da doversi ritenere il terreno come quello che si muova rapidamente sotto alle medesime.

Ma si deve al Cecchi il merito d’avere costruito (1875) il primo strumento dove si realizzino queste condizioni, strumento da lui chiamato sismografo elettrico a carta affumicata scorrevole, nel quale tanto le due componenti orizzontali, date da due pendoli distinti oscillanti in piani ad angolo retto tra loro, quanto la componente verticale, data da un peso attaccato ad un saltaleone, sono registrate sopra uno stesso cilindro affumicato. Quest’ultimo è messo in rapido movimento allo scattare dell’avvisatore sismico a sfera (fig. 8). Con uno di questi apparecchi, installato a Moncalieri, si ebbe un bel sismogramma in occasione del disastroso terremoto ligure del 1887.

Un modello più recente (1886) è mostrato dallafig. 23, dove i pendoli P e Q, oscillanti rispettivamente attorno ai coltelli di sospensione E e C (l’uno in direzione N-S, l’altro in quella E-W), scrivono con qualche ingrandimento e mediante le solite pennine bilicate F e D sopra due distinti cilindriA e B ingranati tra loro e mossi da un unico movimento d’orologeria, che si vede a sinistra. Al verificarsi d’una scossa, cade l’asticina Z dell’avvisatore a sfera L e, con lo strappo dato al filo, pone in marcia l’orologio mediante la levetta b; e questa, tirando l’altro filo a, libera la ventarola o del meccanismo d’orologeria, sollecitato dal peso motore T, e fa entrare così in rapida rotazione i due cilindri. Al disotto della base MN dello strumento sta poi sospeso il saltaleone SV il quale, attaccato com’è all’estremità d’una leva a squadra, imperniata in H e gravata dal pesoR, scrive sullo stesso cilindro A con la sua estremità superiore. È da avvertire che questo strumento, a causa della piccola amplificazione dei pendoli, è destinato necessariamente a scosse piuttosto sensibili.

Mentre in Italia, per opera del Cecchi, la sismometria faceva il primo passo nella via che più tardi doveva essere trionfalmente battuta, al Giappone una eletta schiera di dotti, riunitisi in Società, diede un vigoroso impulso alla costruzione di strumenti basati sul principio della massa stazionaria e ne’ quali, grazie ad alquanto attrito opposto alle oscillazioni libere del pendolo, questo, per piccoli movimenti del suolo, si comportava comepunto fermo. A noi sarebbe impossibile il voler seguire, anche in succinto, i numerosissimi ed assai ingegnosi strumenti che si cominciarono a costruire nel Giappone nel 1880. Ci basti quindi, a titolo d’esempio, nominare i sismometri a pendolo del Gray, dell’Ewing, del Wagner, quelli a pendolo composto (duplex pendulum) dell’Ewing, quelli a pendolo orizzontale, detti ancheconici (Braket Seismometer) del Gray, del Chaplin, dell’Ewing, ecc. ecc.

Nel 1886 il meccanico Brassart, di Roma, si accinse alla costruzione d’un tipo di sismografo, il quale fosse quasi un compendio di tutti i progressi già fatti al Giappone. Il primo strumento, da lui costruito e denominato sismometrografo, consisteva in un pendolo lungo un metro, con massa in forma d’anello orizzontale di 10 Kg., nel cui centro corrispondeva un pernetto, collegato ai bracci corti (ad angolo retto tra loro) di due leve amplificanti nel rapporto di 1 a 10. I bracci lunghi di queste leve, resi paralleli e ad una distanza di pochi centimetri l’uno dall’altro, venivano con le loro estremità, munite di aghi, a trovarsi sopra una striscia di carta affumicata, chiusa in sè stessa ed a cavalcioni sopra un cilindro ad asse orizzontale, comandato da un orologio. Soltanto al funzionare d’un sismoscopio a verghetta (pag. 67) annesso allo strumento, l’orologio entrava in movimento e con esso la carta affumicata, e così si aveva modo di conoscere non solo l’ora della prima scossa, ma anche di tutte le altre successive. Queste due leve, come ben si comprende, davano le sole due componenti orizzontali del moto sismico. Per la verticale, era utilizzata una seconda massa, collegata ad un saltaleone, presso a poco come fece il Cecchi nei suoi sismografi (fig. 21, 22 e 23). I movimenti verticali di questa seconda massa venivano registrati, mediante l’accoppiamento di due leve, convenientemente disposte, sulla stessa zona di carta affumicata ed a fianco di quelli orizzontali della prima massa.

Siccome per la velocità troppo piccola della carta (10 cm. all’ora) non era possibile fare un’analisi delle scosse, così il Brassart costruì un altro strumento affatto uguale al precedente, salvo che per la registrazione. Infatti le tre componenti erano registrate sopra una lastra di vetro affumicata, la quale si poneva in rapido scorrimento soltanto al funzionare del solito sismoscopio a verghetta, annesso all’apparecchio.

Un anno dopo, il Brassart costruì un altro tipo di sismometrografo, nel quale con una sola massa, sospesa ad un saltaleone, riuscì a registrare tutte e tre le componenti; ed è questo tipo di strumento quello che è stato costruito in più modelli, sparsi ancora qua e là in molti osservatorî italiani.

Però, a causa della scarsa sensibilità del sismoscopio a verghetta, dal quale dipendeva l’entrata in movimento tanto della zona quanto della lastra affumicata, la registrazione era fatalmente perduta per tutte quelle lievi scosse che non riuscissero a far funzionare quel sismoscopio. In seguito a ciò, io riconobbi l’opportunità di tenere in moto perenne la striscia di carta in uno degli strumenti (reso così a registrazione veramente continua) e di far dipendere la corsa della lastra dell’altro strumento non da uno solo, ma da più e svariati sismoscopî. Un’idea dei tracciati che si ottenevano sulla lastra affumicata, è data dalla fig. 24 che rappresenta, in grandezza naturale, il sismogramma che si ottenne a Roma in occasione d’una lieve scossa ivi sentita il 23 febbraio 1890.

Ma, come si vede, la velocità della lastra era troppo limitata, ed in seguito io proposi di decuplicarla. Con la nuova velocità fu registrato a Catania il sismogramma, rappresentato dalla fig. 25 nella scala di 1 a 4 e relativo alla scossa disastrosa delle Calabrie del 16 novembre 1894.

La fig. 27 rappresenta ingrandito 50 volte il movimento effettivo della torretta del Collegio Romano in senso orizzontale, in occasione dello scoppio d’una polveriera presso Roma avvenuto il 23 aprile 1891, movimento che si potè ricostruire in base alle componenti orizzontali tracciate da un sismometrografo Brassart a lastra affumicata installato sulla torretta stessa, durante i tremiti trasmessi dal suolo avanti l’arrivo della 1ª ondata atmosferica, la quale provocò in città la rottura di tante migliaia di vetri ed altri guasti ancor più gravi.

Però con questi strumenti del Brassart, per quanto si cercasse di ridurne gli attriti – fino al punto che fu possibile registrare sulla lastra affumicata (fig. 26) i movimenti provocati sulla torretta del Collegio Romano dal passaggio di soldati a circa 200 metri di distanza – pure vi era un limite alla registrazione delle piccole scosse. È per questo che io costruii nel 1892 un nuovo sismometrografo con un pendolo lungo 6 metri e con massa pendolare di 75 kg., utilizzata esclusivamente alla registrazione delle sole componenti orizzontali con un ingrandimento di 10 volte. Con esso ebbi risultati meravigliosi, poichè si cominciarono a registrare anche terremoti avvenuti fuori d’Italia e perfino nel remoto Giappone.

Risultati ancor più importanti si ottennero da altro consimile sismometrografo (1894) rappresentato dalla fig. 28, dove M è una massa di piombo di 200 kg. sospesa ad una verga A di ferro di ben 16 metri di lunghezza. I movimenti della massa sono moltiplicati 12 volte da due leve orizzontali girevoli attorno agli assetti verticalis ed s ʹ. I bracci corti, a forma di asole, di dette leve sono ad angolo retto tra loro e racchiudono la verga A, in modo che i movimenti di quest’ultima vengono decomposti nelle due componenti N-S ed E-W. Le estremità dei bracci lunghi l ed l ʹ di dette leve – costruite a forma pimidale con tubi vuoti, affinchè siano rigide e nel tempo stesso leggerissime – scrivono con pennine ad inchiostro, ben bilicate, sopra la zona di carta Z che un meccanismo d’orologeria c, mosso dal peso motore P, fa svolgere da un rullo di provvista in ragione di 30 cm. all’ora. Infine una 3ª pennina h, detta oraria, scrive il tempo a fianco, delle due predette. A titolo d’esempio riporto nella fig. 29 il sismogramma, in grandezza naturale, dato dal nuovo strumento in Roma, in occasione d’un fortissimo terremoto avvenuto nell’Asia M. il 29 gennaio 1898. La fig. 30 riproduce il sismogramma, ridotto alla scala di 3 : 5, relativo al disastroso terremoto d’Aidin (Asia M.) del 20 sett. 1899, registrato a Pavia.

Uno strumento consimile, fatto costruire dal Cancani, fu poco dopo installato negli Osservatorî di Rocca di Papa e di Catania.

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