Il 1º apparecchio sismico di carattere veramente scientifico è quello descritto nel 1703 dall’abate francese De Haute Feuille. Consisteva in un recipiente pieno di mercurio, e con 8 scanalature che facevano capo ad altrettante cavità sottostanti, come appunto nel sismoscopio Cacciatore (pag. 26). Al verificarsi d’una scossa, si poteva farsi un’idea della direzione della stessa dalle cavità, entro cui il mercurio era disceso, e giudicare inoltre della forza del movimento dalla quantità del liquido versato.
Nel 1784 un consimile apparecchio fu ideato, e molto probabilmente senza avere avuta conoscenza del precedente, da un altro abate, Atanagio Cavalli, che dirigeva il servizio meteorologico alla Specola del Duca Caetani in Roma. Il nuovo apparecchio aveva però soltanto 4 fori, orientati secondo i 4 punti cardinali, e restando in funzione per molti anni, potè indicare molte scosse, talune anche passate inavvertite alla popolazione. Sono ingegnosi i perfezionamenti che ideò in seguito l’autore, ma che con molta probabilità non furono attuati. Così, rendendo mobile il fondo del recipiente del mercurio e facendolo poggiare sopra un saltaleone, il liquido avrebbe dovuto sortire indistintamente da tutti e 4 i fori in occasione di scosse sussultorie. Di più, per indicare l’ora in cui lo strumento avrebbe funzionato, il mercurio doveva cadere entro forellini esistenti alla periferia d’un quadrante d’orologio, in posizione orizzontale.
In seguito, non mancarono altri inventori e costruttori di consimili sismoscopî e forse anche senza conoscere i due sopra descritti. Io mi limito a far cenno del sismoscopio a mercurio che va sotto il nome del
Cacciatore e che pare abbia cominciato a funzionare a Palermo nel 1818, restando di poi in servizio per oltre mezzo secolo. Esso è rappresentato dalla fig. 3 e non ha bisogno d’alcuna spiegazione per il suo modo di funzionare, affatto identico a quello del De Haute-Feuille (pag. 24).
È curioso il notare che nel 1834 il sismoscopio a mercurio ricomparve in Francia, come inventato dal Coulier, vale a dire 131 anni dopo quello che era stato costruito in modo affatto simile da un altro francese, l’Ab. De Haute-Feuille.
Il Palmieri, fin dai primi tempi che diresse l’Osservatorio Vesuviano, lamentando la poca sensibilità dei sismoscopî in uso a’ suoi tempi, volle inventarne due nuovi: l’uno per le scosse ondulatorie, l’altro per quelle sussultorie e che descrisse nel 1857 sotto il titolo unico di sismografo elettro-magnetico od anche di sismografo Vesuviano, divenuto celebre. Il primo si componeva di 4 tubi ricurvi a forma di U, contenenti mercurio: l’uno in direzione N-S, l’altro E-W e gli altri 2 in direzioni intermedie. Nel mercurio d’una delle branche di ciascun tubo era immerso un fil di ferro che faceva capo ad uno dei poli d’una batteria elettrica, mentre nelle restanti branche si disponevano fili di platino a piccolissima distanza dal mercurio senza toccarlo e collegati, invece, coll’altro polo della batteria. Al verificarsi d’una scossa ondulatoria ed alla conseguente oscillazione del mercurio, si chiudeva il circuito elettrico della batteria, e la corrente attraversando un’elettro-calamita arrestava un orologio e faceva funzionare una suoneria elettrica. Per riconoscere poi quale dei 4 tubi avesse funzionato, in ognuno di essi, dalla parte ove era immerso il filo di ferro, si trovava un piccolo galleggiante il quale, al pari di quanto si usa nei barometri a quadrante, co’ suoi benchè piccoli movimenti riusciva a spostare, più o meno visibilmente ed in modo permanente, un leggero indice; e così si era in grado di riconoscere non solo la direzione, ma fino ad un certo punto anche l’intensità della scossa.
Val la pena di ricordare pure il sismoscopio a mercurio del Ragona (1871) dove il liquido, versato in seguito ad una scossa, scorre entro un piccolo tubo e chiude allora un circuito elettrico.
Lo Stahlberger modificò ancora il sismoscopio a mercurio, facendo avvenire il contatto elettrico tra la superficie libera del liquido ed un anello metallico orizzontale, collocato nella parete interna del vaso e che si fa discendere fino quasi a toccare il mercurio.
Anche più sensibile dovè risultare l’avvisatore sismoscopico a mercurio del Bertelli (1873), poichè il contatto elettrico si effettuava non solo per l’increspamento e l’ondulazione del liquido ad ogni scossa, ma anche per il turbarsi dell’equilibrio in alcune leve elastiche che affioravano sul mercurio mediante viti di registro.
Possiamo infine riportare a questa categoria di strumenti il nadirante del D’Abbadie (1852), consistente in un vero cannocchiale verticale col quale si osservavano i menomi movimenti del mercurio contenuto in una bacinella sottostante; i due delicatissimi livelli a bolla d’aria, posti ad angolo retto tra loro dal Plantamour (1878) in un sotterraneo di Ginevra, e quelli consimili, denominati geodinamici, installati più recentemente (1894) dal Grablovitz sul pilastro sismico dell’Osservatorio di Casamicciola. Con tali strumenti, osservati piuttosto regolarmente, fu possibile sorprendere alcune volte il passaggio di onde sismiche, provenienti da terremoti lontani. Ma si diè anche il caso che la perturbazione del suolo potesse essere osservata casualmente nelle stesse livelle degli strumenti astronomici, e perfino arguita dagli astronomi da movimenti insoliti presentati dagli astri nel campo del cannocchiale, in seguito al traballamento di quest’ultimo.