II.

Non ebbe appena pronunciate queste parole, che ne fu pentita.

— Viva la sincerità! – Viva la tua faccia! – esclamarono le amiche ridendo anche loro. E l’orgoglio non le permise di ribattere: — Non avete capito che ho scherzato? –, e la timidezza non le permise di dire, più duramente: — Voi non dovreste credere a me come io non credo a voi. – Tacque, ma dubitò subito che la risposta data per impazienza passasse di bocca in bocca in tutto il sobborgo come un’enormità fra vergognosa e ridicola; e quando fu in casa, il dubbio divenne timore, spavento. Cosa aveva detto! L’accuserebbero di aver poco giudizio e niente cuore; l’accuserebbero di ritenersi così bella che perduto un amante non le mancherebbero ammiratori e consolatori da sostituirlo. Figurarsi se l’invidia non ne approfitterebbe! Se qualche anima buona non si assumerebbe l’obbligo di aprir gli occhi al povero Giulio! E lui allora.... Si vedeva lasciata e screditata: per una leggerezza! per uno sfogo innocente! Stupide! causa loro....

Bisognava prevenire il colpo e confessar tutto a Giulio, subito; e lui giudicasse. Di coscienza, lei si sentiva meritevole di perdono. E si mise a scrivergli una lunga lettera, per dimostrare come il suo carattere discordasse dalle amiche e come e perchè coloro le fossero divenute antipatiche.

Ma arrivando al punto scabroso, alla frasaccia che pur doveva riferire: «Morto un papa....», non ardì tirar innanzi.

Troppo distava la brutta, cattiva, crudele espressione d’insensibilità dalle premesse e dalle proteste d’amore; e queste prendevano un aspetto di ripiego insufficiente. Cosa aveva detto! E l’immagine di lui così innamorato, così fiducioso, così fermo di volontà e d’animo per la speranza di averla interamente sua appena nel mondo tornasse la possibilità di esser felici, le si affacciò severa, ostile, minacciosa.

«Io – pensava che le direbbe –, io soffrivo a starti lontano; io soffrivo nei pericoli che correvo a ogni ora, a ogni momento, perchè mi figuravo il tuo strazio se mai ti portassero la notizia della mia morte; io sospiravo il giorno di riabbracciarti e ridarti la forza di sperare, di attendere la nostra felicità, e tu, intanto, non mi tradivi con un altro, no, ma m’ingannavi, per adesso, forse peggio: ti vergognavi di mostrarti innamorata di me: scherzavi indegnamente sul nostro amore, e la gente aveva da ridere compassionandomi. — Povero Giulio! Ti sei messo bene! Se una cannonata ti sfracellasse, eh! non dubitare che l’Ida si consolerebbe presto; e lo dice».

Pianse; non dormì in tutta notte. E la mattina dopo, quando le amiche la chiamarono, al solito, dalla strada, sollecitandola che era tardi, e discese e si accompagnarono, al solito, avrebbe voluto tornar lei nel discorso e liberarsi dalla lunga ambascia; dire: — Badate, ragazze. Giulio mi è molto affezionato, ma guai a me se imparasse!... – Stava per vincere lo stento a umiliarsi; e provò invece un ineffabile sollievo a non scorger segno di malignità nella faccia dell’Adriana e dell’Olga; non un sorriso ambiguo. Le avrebbe baciate. Infatti non si era montata la testa con un timore assurdo? E poi, se interveniva qualche cosa di nuovo, dimenticherebbero del tutto per sempre quel discorso.... Erano così leggere!

E, grazie al cielo, il fatto nuovo, la distrazione fu la neve. Oh che danno per i loro stivaletti, che costavano tanto! L’argomento, nell’andata, mentre nevicava, fu non solo il prezzo delle scarpe, ma il costo della vita; la difficoltà a risparmiare per il giorno che metterebbero su casa.

E al ritorno la neve era alta. Dovettero fenderla, calcarla, spesso sprofondarvi.

L’Olga piagnucolava; l’Adriana malediceva il destino, e l’Ida, come se Dio l’aiutasse, rideva tutta contenta.

Seguì il gran freddo; il pericolo di cadere per la strada ghiacciata. Altro che conversare! Bisognava star dritte; e si sorreggevano a vicenda strillando a ogni scivolone.

Ma si rinnovarono i giorni delle confidenze. Già ritornavano i soldati dal fronte, in licenza invernale; e le amiche a lamentarsi e a protestare che le licenze non si dessero a tutti quanti.

— Il tuo Giulio verrà di certo – dicevano all’Ida.

— Verrà; tu sei fortunata.

Finchè, una sera, l’Adriana disse, maligna:

— E se non venisse, poco male, eh, Ida?, per te e per lui.

— Perchè? – lei chiese trepidando.

— Perchè tu non ti guasteresti il sangue; e lui potrebbe consolarsi con qualche ragazza di lassù. Dov’è il tuo Giulio ce ne sono che portano gli stivaletti alti, dicono; e non se li guadagnano in sartoria.

L’Ida si morse le labbra; l’Olga rise sguaiatamente, e aggiunse: — Poco male! Tanto, morto un papa, fatto un altro!

— Siete cattive! – allora esclamò l’Ida con la voce piena di pianto. – Io ho scherzato, e voi....

— Brutto scherzo! – interruppe, senza guardarla, l’Adriana, con solennità di rimprovero. – Brutto scherzo! Quel che hai detto è peggio che dire: «lontan dagli occhi, lontan dal cuore»; è come dire: «io non ti ho mai voluto bene, t’ho lusingato, e tu, sciocco che sei, m’hai dato mente». Anche peggio! È come dire: «a me non m’importa proprio niente della guerra, e che molti ci muoiano, e che tu ci muoia; io mi diverto lo stesso». Un uomo che abbia del sangue nelle vene e innamorato, a udir di queste belle proposizioni commetterebbe fino un delitto. Immaginarsi Gustavo! Mi ammazzerebbe!

(Bum!)

E l’Olga:

— Il mio Attilio mi scrive sempre: «Non mi abbandonare, per carità, per l’amor di Dio!» Se imparasse che io a dimenticarmi di lui ci durerei così poca fatica e che già prima che morisse avrei il coraggio di pensare a un altro, si accorerebbe di passione. Lui si ammazzerebbe.

(Buum!)

L’Ida si era riavuta: le cuoceva di essere stata debole. Le fissò con una mossa del capo di sotto in su, che significava: «Avete finito? Adesso parlo io». Ma non parlò a lungo. Gridò forte, perchè, nel sobborgo, molti udissero la canzonatura: — tac tac tac!... Bum! bum! – E soggiunse, forte: — Come siete buffe! – Poi, essendo prossima a casa, vi entrò di corsa, presa da un riso convulso. L’avevano amareggiata, ferita, offesa, dubitando, oltre che di lei, dell’uomo che amava; si contentassero se si era limitata a metterle in ridicolo, spasimanti fastidiose e spropositate!

Ma il giorno dopo non l’aspettarono per andare e tornare insieme. Essa finse di non curarsene e da quel giorno le prevenne nell’andata e nel ritorno a casa. In cuor suo, però, temeva; ne paventava il rancore, la vendetta; tanto più che Giulio veniva in licenza, e i fidanzati di quelle due non si erano ancor visti.

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