IV.

«Benissimo! - pensava il buon Polla. - Il pazzo sono io che non voglio affliggerlo; che ho vergogna delle nostre colpe sociali; che non lo condurrò mai per gli ospedali e per le carceri!»

Pietoso dell'amico e di sè stesso, a ricordarsi che l'amico doveva avere avuta una terribile sventura e che ora sapeva quante pietre componevano il gruzzolo, non lo conduceva nemmeno ai teatri ove si rappresentavano o i drammi di Ibsen o melodrammi così patetici da far ammattire i savi.

- Al teatro quando ci andiamo? - Edon chiedeva.

E Polla:

- Io non sono robusto come voi. Giriamo troppo il giorno, e mi vien sonno presto.

Era assonnato e stanco all'avemaria. Pure egli promise che se dessero l'Albergo del libero scambio, ve lo accompagnerebbe.

Or mentre il terzo giorno di quella vita fraterna vagavano per le strade udirono avanzare una sinfonia lemme lemme e videro crescere, in distanza, la folla. Polla subito cercò trar via seco l'eldoradese. Ma questi, al contrario, desiderava sapere che cosa ci fosse da vedere.

- No....; andiamo! Non è uno spettacolo per voi.

- Che è? che è?

Rispose un signore molto gentile:

- Un trasporto....

- Un trasporto? - fece Edon, resistendo all'amico che lo tirava per la giacca.

- Sì. Portano un brav'uomo all'ultima dimora. Andiamo!

Ma fu peggio di prima.

- All'ultima dimora?...

Arrabbiandosi. Polla esclamò:

- Al cimitero: non capite?

E il signore:

- È un patriotta che una polmonite ha ucciso in tre giorni.

E Polla, con ira già sarcastica:

- Non usano le polmoniti da voi?

Veramente Edon non aveva notizia di tali malanni. Anzi, alla richiesta se in Eldorado si godesse buona salute, rispose:

- Ottima. Abbiamo, oltre l'igiene, un'acqua pura come l'aria. Poi ai piedi del nostro monte il clima è caldo; a mezza costa, è primavera continua, e freddo in alto; cosicchè a guarire le nostre piccole e rare indisposizioni e a trovar la stagione conveniente per ogni organismo, ci basta mutare residenza e volare di qua o di là.

- Se crederete che da noi le malattie sono molte e gravi - amaramente osservò allora Polla - , se crederete che da noi si muore anche a venti anni, ammetterete che per questo almeno si sta meglio in Eldorado che in Europa.

Ma Edon non si diè vinto.

Disse:

- Mi ricordo che il mio bisnonno viaggiando all'estero una volta s'ammalò, e soleva dire che il maggior piacere della vita si prova nella convalescenza. Ecco un piacere che noi non gustiamo mai. E poi non pensate all'afflizione della scienza che in Eldorado troppo di rado può vantarsi di salvare un uomo?

Il funebre convoglio frattanto si avvicinava: quattro cavalli bardati in nero e coi pennacchi; il cocchiere nero e rigido; fiori su la carrozza e ai lati; e quei signori che reggevano i cordoni con il viso impresso dell'onore meritato; e la turba dietro, fra cui ogni persona pareva compiacersi d'essere vista. Poichè la musica sonava così adagio e tutti camminavano così piano. Edon aveva ragione di credere che tutti amassero di essere visti e di vedere; in particolar modo le signore e le ragazze, delle quali più d'una rispondeva con un sorriso a più d'un sorriso.

Edon, pertanto, allegro e festoso entrò nel corteo, dicendo a Polla che pur troppo al suo paese la morte non meritava alcuna pompa: vi appariva un fenomeno molto semplice: una materiale trasformazione. Da tempo immemorabile gli scienziati vi avevano scoperto il modo di decomporre elettricamente i corpi morti e di restituire le cellule alla natura affinchè le usasse in nuovi uffici. Per la qual fede scientifica non era rimasta in loro alcuna traccia di una esistenza spirituale al di là di quella decomposizione; nè temevano la morte come trapasso a castighi, nè la desideravano come viaggio a miglior vita. Per essi non c'era «ultima dimora». Per essi inutili e ridicole sarebbero state la musica e le lagrime. Imaginarsi poi i discorsi!

E quando la carrozza finalmente fece sosta e un oratore prese a parlare con tutte le forze, Edon si mise in ascolto: approvava anche lui, contentissimo, le più nobili frasi; quali: «il desiderio che l'integro, intemerato cittadino lascia di sè»; il «cavaliere senza macchia e senza paura»; il «benefattore e l'amico dei poveri»; il «patriotta ardente».... «Addio, amico! Che la terra ti sia leggera!»

Finito ch'ebbe il primo, fra un mormorio di assenso unanime, un secondo oratore prendeva la parola. Ma adesso Edon tirò la manica di Polla accennando l'oratore già vuoto che consegnava un foglietto a un giovane salutante a destra e a sinistra.

- Chi è? Perchè? - Edon chiedeva.

Polla rispose:

- È un giornalista; gli ha dato il sunto del discorso.

- Dunque - esclamò Edon - la gloria dei morti giova da voi anche alla gloria dei vivi? - E sospirava; pareva dire: «Proverò io mai il conforto di rammentare al pubblico la virtù d'un amico estinto? Morirete prima voi, Polla?»

Tutti adesso chiacchieravano, perchè il secondo elogio era noioso; mentre Polla, sempre più a disagio, cercava togliere all'amico illusioni inutili: che a lodare un morto non era necessario averlo ben conosciuto in vita; che, in sostanza, le virtù domestiche e civili essendo sempre quelle, le lodi ai morti eran sempre quelle; che non essendo opportuno nell'ora del compianto rammentare vizi e difetti, ma essendo invece di consuetudine i discorsi funebri, si attribuivano molte virtù anche a chi non ne aveva mai avute.

Ah! Edon era quasi fuori di sè per ammirazione.

- Beati voi! Voi potete vivere da birbanti e morire tranquilli; chè i giornali diran bene di voi: voi potete viver bene con la speranza in un futuro premio, o viver male con la speranza del perdono....

Ma d'improvviso l'eldoradese s'interruppe.

- L'Albergo del libero scambio! - fece, accennando a un uomo che tra la folla del trasporto recava al disopra di un'asta quell'annuncioréclame.

- Questa sera a teatro! - aggiungeva Edon fregandosi le mani.

Il socialista cominciava a smarrirsi. Invero, un uomo che si era divertito tanto a una funzione funebre, logicamente poteva rattristarsi a una pochade; e, d'altra parte, se Edon non era rimasto commosso a uno spettacolo di morte, non doveva esser stata la morte di qualche persona cara che l'aveva indotto a fuggire d'Eldorado. Forse il tradimento d'una donna amata?... Ma v'ha pochade senza inganni di donne? E che accadrebbe a tale spettacolo?... Invece che ridere, Edon, forse, s'appassionerebbe....

E Polla balbettò:

- Penso ora che all'Albergo dei libero scambio vi scandalizzerete. È una commedia immorale.

A che Edon:

- Bene! Ne sono così stanco, io, dell'arte morale!

Quella sera dunque bisognò andare a teatro.

Povero socialista! Non solo il compagno fu rapito sin dalle prime scene all'azione comica; non solo dopo il primo atto battè le palme sin quasi a scorticarle (nel suo paese non usava) e mostrò d'agitarsi nel vortice del secondo atto, come s'egli medesimo si trovasse a quei casi allegri e a quegli equivoci ameni: al calar della tela, dopo il secondo atto, proclamò:

- Questa è arte!

- A me sembra roba inverosimile - osservava Polla.

- Appunto questo è il bello! Disgraziatamente in Eldorado si ostinano a credere che il bello consista nella rappresentazione del vero! Io credo invece che la vita rappresentata in teatro possa essere piacevole per i ragazzi, che non la conoscono; non per gli uomini e per le donne che non hanno più nulla da imparare.

Polla ascoltava a bocca aperta.

- Aggiungete, amico - l'altro proseguiva - , che la perfezione è noiosa per sè stessa e che la vita in Eldorado è pur troppo quasi perfetta. Imaginate dunque come si sbadiglia nei nostri teatri!

Per fortuna la piccola orchestra, nell'intervallo, cominciò a stonare in tal modo il valzer della Madame Angot che Polla fu costretto a turarsi gli orecchi. Ed ecco che quando scostò le dita, udì Edon mormorare in estasi:

- Questa è musica! - L'amico cantarellava, accompagnando le stonature e stonando allegramente per conto suo.

Non solo! Non solo! Voleva anche giustificarsi!

- La nostra musica suscita desideri incerti, desideri e sensazioni dell'infinito; fa piangere...; fa male. La vostra al contrario, che delizia!

Per non arrabbiarsi, il socialista chiese:

- E in letteratura voi come state?

Risposta:

- La nostra poesia è di una nobile semplicità, non nego; ma così semplice che tutti la capiscono. Si scarseggia pure in aggettivi, pretendendosi dipingere con l'armonia e con la precisione dei vocaboli. Ora io domando a voi se la poesia, che di sua natura è sublime, dev'essere semplice e compresa da tutti e se si può dipingere, fuori della fotografia, senza colore!

- E la pittura? e la scultura?

Questa volta Edon sospirò:

- Non v'ha artista da noi che goda a imitare con l'opera del suo pennello e del suo cervello la divina natura.

- Oh! perchè?

- Noi abbiamo la fotografia a colori e chiunque abbia un po' di genio artistico può introdurre l'arte nella natura stessa e fare che questa si ritragga da sè. Bel gusto! Della scultura, infine, è inutile parlare. Non ne facciamo uso come fate voi. Nelle nostre scuole s'insegna che non i monumenti ma le opere debbono consacrare l'immortalità, e i grandi morti s'imparano a conoscere nelle scuole, non per le vie e per le piazze.

Interruppe, gridò Polla:

- Voi dunque non avete monumenti?

- No. Nelle nostre piazze e nelle nostre strade non ci sono che case e alberi: perciò non sono amene come le vostre.

A questo punto l'altro si mise a ridere con apparenza insolente.

- Perchè ridete?

- Pensavo al dottor Panglos.

- A chi?

- Al dottor Panglos: un filosofo che trovava tutto bello, tutto a meraviglia....

- Io sono un giardiniere e non un filosofo - disse Edon - e non oso dir tanto. Dico solo che qui da voi si sta meglio che in Eldorado; perchè in Eldorado tanti beni sono cagione di grandissimi mali e qui, al contrario, molti mali sono cagione di grandissimi beni.

- Ma in nome di Dio! - esclamò l'amico non sapendo più quello che si dicesse. - Non siete fuggito di là anche per una sventura domestica?... Quale fu?

I vicini zittirono. La tela si alzava al terzo atto.

E, dolente, Edon mormorò:

- Ve la dirò dopo.... Ora lasciatemi godere.

Share on Twitter Share on Facebook