I.

Lo zio Giorgio Bicci era noto a Bologna quale curioso tipo di patriotta, di filantropo, di pensatore profondo e di parlatore arguto. Se fosse stato uno scrittore, gli eruditi l'avrebbero forse assomigliato a qualche filosofo umorista moderno e accusato di plagio, quantunque egli non leggesse che i classici latini e i giornali quotidiani. Scapolo e scettico, come in molte cose, intorno alle donne, viveva d'amore e d'accordo con soli il servo Luigi e il nipote Gaspare. Ma questi, al contrario dei più, non poteva credere che lo zio non avesse mai amato alcuna donna.

Essendo ancora ragazzo, una sera tardi, dalla sua camera Gaspare aveva udito una voce angosciosa esclamare sommessamente:

- Figlia mia!...

Ond'egli, per la curiosità che è comune a tutti i ragazzi e che di lui era il difetto più grave, aveva spiccato un salto dal letto ed era corso a spingere lo sguardo per la serratura dell'uscio. Oh! Di là, nella sala attigua, al fioco lume della lampada, una signora vecchia in vesti nere, lo zio Giorgio e un terzo stendevan le mani, a contatto, su di un tavolino, e il tavolino sembrava che ballasse!

A tal vista e alla vista dello zio coi capelli irti, gli occhi accesi e fuori delle orbite, la faccia pallida e contraffatta, Gaspare era ritornato subito sotto le lenzuola, giurando di non scrutare mai più che diavolo si facesse in casa a certe ore notturne; già guarito, e per sempre, del suo difetto più grande. Nè soltanto a ciò gli valse quella paura, perchè nell'avanzare degli anni e nel meditare su quel ricordo fanciullesco si convinse che se lo zio aveva avuto tale orrore dall'esperimento spiritico, certo era meglio lasciar in pace i morti e non confondersi nel mistero della morte; e anche si convinse che se lo zio aveva amato una donna sino a rievocarla in quel modo, con l'aiuto della madre di lei, certo era bene non innamorarsi così appassionatamente.

Quanto a Luigi, meglio che servo, poteva dirsi amico dello zio Giorgio. Commilitoni nelle schiere di Garibaldi, avevano combattuto l'uno a fianco dell'altro; inoltre, il secondo aveva prestato quattrini al primo; e come questi, da ignorante qual era, non dimenticava i benefizî, quegli, da filosofo qual era, si affezionava ai suoi debitori, dimentico dei crediti.

In più d'una battaglia Luigi, il servo, aveva sospettato che il compagno cercasse la morte, e il signor Bicci che il compagno volesse salvargli la pelle. Solo alla presa di Palermo, sul ponte, erano stati divisi nella mischia; ma il domani, dopo lunghe ricerche, l'incolume aveva rinvenuto il ferito all'ospedale: ferito al ventre e a una gamba in modo che si credeva impossibile rattopparlo. Ne rincresceva allo zio Giorgio; e più gli rincresceva che a Luigi, esuberante di giovinezza e di energia, dovesse spiacer molto il morire; e, con cuore di filantropo e con mente di savio, s'era proposto di prepararlo al passo dubbioso affinchè lo varcasse meno malvolentieri.

- Morire per la patria, in campo di battaglia o dopo la battaglia, è sempre glorioso e dolce.

Fra gli spasimi Luigi rispondeva:

- Una delizia. Ma io non muoio!

- Speriamo - augurava l'altro. Poi seguitava: - Non credere, del resto, che la morte sia brutta come dicono i deboli. Seneca.... - e aveva tradotto la sentenza dello stoico.

E Luigi:

- Il suo Seneca può dir quel che vuole; ma io non muoio!

- Quasi quasi non te lo augurerei, di vivere - disse il signor Bicci. Poscia tentò una nuova via: - Morte, che sei tu mai? Ciro Menotti, caro Luigi, recitava il sonetto del Monti nell'andare alla forca.

- Ma io non recito niente, perchè io non vado alla forca: sto qui: non muoio!

- Forse. Quando però non si riuscisse a salvarti, non dubitare che io, di ritorno a Bologna, porterò i tuoi saluti e dirò le tue ultime volontà ai tuoi fratelli.

A questo punto Luigi si drizzò a mezzo del letto.

- Perdio, vuol capirla sì o no? Non muoio! non muoio! non muoio! Se non lo so io, chi l'ha da sapere?

- E tu vivi! - gridò non meno forte lo zio Giorgio, perdendo la pazienza. - Ma la tua vita, bada, sarà legata per sempre alla mia, che non importava t'incomodassi a difendere! Chi sta bene al mondo ha l'obbligo sacrosanto di tener compagnia a chi ci sta male. Hai capito?

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