III.

La malattia dello zio Giorgio fu breve, forse perchè non ne aveva avute altre mai in vita sua.

Sentendo irreparabile il danno del morbo e prossima l'ora, parlò al nipote con la serenità d'un savio antico. E disse:

- Un savio ti esorterebbe a vivere secondo il suo esempio; io, al contrario, non so proprio che consigli darti.

Disse Gaspare:

- Ci penserai quando sarai guarito. Adesso sta tranquillo.

Ma l'infermo, volgendogli uno sguardo in cui languiva il sorriso abituale:

- Credi che io abbia paura della morte? No no. Muoio volentieri: rerum novarum cupiditate. E poi, son convinto di aver già sofferto abbastanza.

Nella faccia serena gli si vedeva ora che aveva sofferto molto, povero zio Giorgio! Seguitava:

- Tu, per soffrir meno, provati a fare in molte cose il rovescio di quel che ho fatto io. Ama te stesso un po' più del prossimo tuo. Non dubitare di un Dio giusto e misericordioso, e per crederci fermamente, non dimandarti mai se ci credi fermamente. Non confidar troppo nella scienza, perchè in fondo a ogni vero che essa scopre, rimane un mistero. Prendi moglie....

Gaspare, a cui sino a questo punto pareva non aver udito nulla di nuovo, spalancò gli occhi.

- Prendi moglie. Una buona moglie è una vincita al lotto, lo so; ma, non ostante il calcolo delle probabilità, al lotto qualcuno vince. Del resto, se molti mariti sono ingannati, tutti gli scapoli sono ingannati, o, che è peggio, ingannano.... In politica, sii conservatore: è il solo partito che progredisca senza che nessuno se n'accorga; e nessuno l'incolperà mai di mutar bandiera o di retrocedere.... Ama l'arte, ma sta lontano dagli artisti. Ama la poesia, ma temi la fantasia tua più d'ogni altra cosa, dopo Dio....

E l'affanno gli spense la parola: cadde affranto. Non giovando a risollevarlo dimanda alcuna, nè sorsi di marsala, Gaspare mandò súbito per il medico.

Questi, che di grande appetito faceva colazione, credette lo disturbassero per un vano timore; cosicchè, quando arrivò, trovò l'infermo avviato a migliorare.

- Coraggio, zio! - disse Gaspare tornando al letto. - Il medico assicura che sei fuori di pericolo.

- Allora..., son bell'e spacciato.

Infatti non parlò più che verso sera, allorchè mormorò:

- Vado.

E aggiunse:

- Buona permanenza.

Uno stoicismo sublime! Per ammirazione, per emulazione quasi, cordialmente, Gaspare avrebbe forse risposto: - Buon viaggio - se Luigi, dall'altro lato del letto, non fosse scoppiato in singhiozzi costringendo a singhiozzare anche lui.

Intanto l'anima onesta voleva andarsene, ma il corpo, con le fibre che gli avanzavano salde, la tratteneva in un supremo sforzo e in un'agonia penosa; sì che, a ogni minuto, Gaspare sperava lo strappo finale. Per fortuna i minuti furono pochi.

- Zio!... zio!

Passato che fu, Gaspare e Luigi gli chiusero gli occhi, uno per uno, e lo baciarono: prima Gaspare, poi Luigi.

Quindi il servo accese una candela e attese, silenzioso, tutto in lagrime. Attese a lungo; ma come Gaspare, col capo fra le mani, non dava segno di muoversi, nè poteva credersi pregasse ancora o meditasse, Luigi gli si accostò.

- Signorino!... Vuol morire anche lei? Coraggio! Vada a prendere un po' d'aria. Adesso qui....

Alla mente di Gaspare corse la visione delle tristi cose alle quali la morte obbliga i superstiti; nè tardò a pensare, con gratitudine, che l'incarico di quelle cose sarebbe stato suo quando nel servo non avesse avuto allora e sempre il migliore amico.

Frattanto Luigi lo spingeva fuori della camera; e lasciatolo nell'altra, poco dopo vi rientrava con una tazza.

- A lei! Una goccia di brodo....

Gaspare consentì senza voglia. E domandò:

- Ti par proprio che sia morto volentieri?

- Sì; anzi, se non fosse perchè non lo vedremo più....

Gaspare alzò gli occhi al ritratto che pendeva alla parete.

- Per vederlo - Luigi si corresse, - pazienza: c'è il ritratto. Ma non sentir più la sua voce.... Quella voce, mai più!...

Gaspare corse a rivedere il morto; Luigi, dietro a lui.

Così:... morto. E l'anima?

Era, quel brutto giorno, una bella domenica alla metà di marzo, al tempo che già ferve per tutto un senso di vita nuova. Solo Gaspare Bicci non se n'accorgeva: andava per la strada affollata, solo, raccolto in sè; quasi sotto un peso opprimente; e dopo aver pensato agli uffici di pietà che gli restavano da compiere e alle forme di lutto da osservare, ripensava al mistero della morte.

Riflettè: «Dovendo morir tutti, ed essendo necessario, per morir volentieri, aver sofferto molto, ecco che anche il soffrire diventa un benefizio. Ma si è sempre a tempo.»

Eppure, lui soffriva; si sentiva stanco, stanco anche nelle gambe. Ah zio, zio! perchè morire? così buono!... Quand'ecco, a scorgere una carrozza che passava vuota, egli fe' un cenno al fiaccheraio e salì.

- Dove vuoi; per un'ora.

Indi riprese i tristi pensieri. Ma perchè lo zio Giorgio aveva patito assai? Oltre che la passione d'amore, a cui serviva di richiamo il tavolino delle esperienze spiritiche, quali altri guai aveva avuto quel nobile cuore?

A queste dimande risponderebbe forse qualche carta lasciata, per memoria, nello scrittoio; insieme col testamento.

Perchè, senza dubbio, lo zio Giorgio aveva provveduto in bel modo e in perfetta regola alle sue ultime volontà; senza dubbio sarebbe il nipote l'erede di tutte le sostanze, all'infuori di una giusta donazione a Luigi e all'infuori d'alcuni lasciti per beneficenza.

Veramente, nè lui, Gaspare, aveva bisogno di nulla, nè il patrimonio dello zio, il quale troppo per l'addietro aveva speso a pro' della patria e molto sempre, nel beneficare, era cospicuo. Di più: agenti e fattori ladri; disgrazie di grandinate e carestie, etc.

A conti fatti....

Gaspare faceva i conti quasi senz'accorgersene: tanto, la possidenza di Poggiogrande; tanto, la risaia di San Piero; tanto, la villa: una villa malconcia dagli anni, desolata, nell'incuria, laggiù, in una pianura malinconica.... Un ristauro sarebbe stato necessario.

In questo mentre il fiaccheraio, libero per quell'ora del suo arbitrio, credè che il più bel luogo ove condurre un signore svogliato e senza meta fosse il giardino pubblico. Ma come Gaspare, a mo' di chi si ridesta d'improvviso, si vide fra la gente che andava al passeggio o ne tornava, rimorso dalla sua sventatezza ordinò in fretta:

- No di qua! Torna indietro!

Ed ecco che, al voltar della carrozza, nel voltar gli occhi....

Dio! che bellezza!

Una signorina bionda; modesta nell'abito semplice; con due occhi tra celesti e verdi, meravigliosi, portentosi! Che occhi!

In un istante, nell'attimo che la carrozza voltava, quegli occhi gli scoprirono in viso una sciagura; indovinarono che egli non aveva nessuno, non madre, non sorella, non moglie a consolarlo; affermarono: io, per consolarvi almeno come moglie, verrei in carrozza, a casa con voi, piuttosto che andare al giardino, alla musica, con la mamma»; promisero, quegli occhi, pur mostrando di promettere invano, conforto, pietà, fede, amore! E tutto in un istante!

Inondata l'anima di poesia. Gaspare, se poeta, avrebbe lì per lì composto un inno alla donna in genere; alla donna, del cui sublime ufficio al mondo l'avevano persuaso lì per lì, e per la prima volta, gli occhi di quella giovinetta.

La donna! Fiore che inebria. Carezze e baci. Vaso di consolazione. Incitamento alla vita perchè essa si rinnovi in altre vite. Tesoro....

«Ammógliati»; era questo il miglior consiglio che lo zio Giorgio gli aveva dato affinchè stesse di buon animo, con Luigi.

E quell'incontro istantaneo, quell'occhiata fugace e profonda acquistavano la significazione d'una volontà che così, per divina grazia, si manifestasse e ripetesse subito, d'oltre la terra.

«Ammógliati».

Gaspare Bicci provava nell'animo una impressione quale di carezza lunga, continua; e il suo sguardo a poco a poco avvertiva come un fervore di luce che s'andava definendo in un miraggio di felicità.

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