VI.

Tira e tira, poichè l'uscio d'ingresso non si chiudeva, a chiuderlo con istrepito Gaspare preferì trarlo accosto. Ma uscendo, il marito al quale pareva d'averlo chiuso lui, si meravigliò e collegò un primo sospetto alla storia dell'abito che la moglie aveva voluto non fosse nell'armadio e allo svenimento improvviso; sicchè i sospetti crebbero.

- Per persuaderlo - disse poi Silvia a Gaspare - ho dovuto svenire altre due volte, dopo desinare.

Ebbene, tutto ciò era brutto, era immorale! Le scampanellate; il rifugio nell'armadio; gli svenimenti sapevano di pochade; e assistendo alle pochadess Gaspare aveva riso sempre, di gran gusto, ma non gli era mai parso bello imitarne gli eroi. S'aggiunga che nella vita diviene non di rado tragedia quel che in teatro equivale alla pochade; e Tredòzi non aveva faccia d'uomo da lasciarsi prendere pazientemente in giro.

Tredòzi sospettava: perciò Bicci aveva il dovere di ridar la pace a un uomo e di salvare la vita anche a una donna; e perciò bisognava, anzitutto, allontanarsi, essendo la vicinanza che eccitava a pazzie l'innamorata. Bisognava, magari, mutar casa.

Veramente a cambiar residenza stimolava Gaspare un secondo motivo, che non avrebbe confessato neppure a un amico intimo, neppure a Luigi.

Ed era questo: due notti addietro egli aveva preso sonno prima d'aver spento il lume e facendo per spegnerlo in un intervallo di risveglio, gli era comparsa dinanzi una donna bianca, o meglio, un'imagine, una larva che lo guardava con occhi stupiti e dolenti quasi di non riconoscerlo. Balzato a sedere sul letto, la fantasma si era dileguata súbito. Un'allucinazione senza dubbio. E la mattina dopo ne aveva riso. Ma la sera per precauzione non si era dato il disturbo di spegnere la candela. Ed ecco, a trarlo con freddo orrore del dormiveglia, ecco lo spirito entrare, avanzare adagio adagio, con lo sguardo doloroso e incerto; più vicino, più vicino....

Questa volta egli aveva messo un grido. E lo spirito, via.

Alla visione era seguito nel pensiero di Gaspare un raziocinio: forse quell'anima, non sentendosi da tempo più chiamare per mezzo del tavolino, veniva lei in cerca dello zio Giorgio; onde arguivasi che l'anima dello zio era andata da un'altra parte.

Ma continuerebbero quelle visite spaventevoli?

.... Un'insania? Sciocchezze, che la scienza positiva deride?... Insomma, fosse pazzia o no, per tutta la notte non gli era stato possibile richiuder occhio; e conveniva evitare una malattia d'insonnia, e paure, angustie.

A tempo dunque venivano i sospetti dell'ingegnere. Confermandolo nella determinazione della notte, permettevano a Gaspare d'andarsene e di ridere de' suoi terrori notturni.

Rimaneva una difficoltà. Luigi si rassegnerebbe ad abbandonar la casa ove era invecchiato e dove il padrone era morto?

Mentre Gaspare meditava, Luigi gli venne davanti con aria meditabonda.

- Signorino, questa casa non è più per noi.

Forse anche lui aveva avuta la visione paurosa? O forse il buon uomo, consapevole della tresca, ne temeva lui pure le conseguenze?

Gaspare non interrogò; rispose:

- Hai ragione. Chercheremo un appartamento ammobigliato.

Lo trovarono lo stesso giorno; elegante; in una delle vie principali; a buon prezzo: in casa del cavalier Squiti.

Quanto alla signora, essa ebbe una lettera, che Bicci le gettò nel balcone: In casa e nel vicinato tutti sapevano, spettegolavano, malignavano, mormoravano, spiavano. Era inevitabile una tragedia se qualche voce perveniva all'orecchio di Tredòzi. Diveniva obbligo d'un gentiluomo, in tal caso, salvar la fama e la vita d'una signora, allontanandosi. Oltre a ciò, per faccende d'interessi, Gaspare chiedeva a Silvia una licenza di quindici giorni; trascorsi i quali e chetati sospetti e ciarle, riprenderebbero i loro colloqui nella casa in cui egli andava ad abitare, o altrove.»

Piacesse o no alla signora, questo era buon senso, questa era prudenza!

Share on Twitter Share on Facebook