Nell'agosto del 1666 sembrava che la santità di Alessandro settimo (Fabio Chigi senese) si disponesse davvero ad esaudire coloro che lo desideravano morto e ad accontentare in ispecial guisa le donne, cui gran mali eran venuti dal suo pontificato - «la nazione senese ha per una certa ragione d'istinto naturale.... diretta e implacabile l'antipatia contro il sesso muliebre» - , e il 20 di quel mese stesso per Roma corse lieta la voce che il papa traeva gli ultimi respiri. Onde in quel dí «si videro le patriarchesse del bordello» e molte loro emule dell'aristocrazia «con sollecita e esatta diligenza girar in diverse pratiche, stringersi in diversi negoziati e proponere diversi trattati per vedere in ogni modo possibile di far succedere l'elezione del nuovo Pontefice in alcuna creatura loro, o almeno in alcuno delli soggetti che per ragione di genio.... sapessero essere aderenti al loro partito e se ne fussero potute liberamente fidare....»
Come s'affaccendavano a ricercare le compagne per le ville intorno la città e ad inviare avvisi a quelle ch'erano a Frascati e nei luoghi vicini. Rintracciatesi, si composero in gruppi e ciascun gruppo scelse un nome di cardinale da proporre a pontefice.
Cosí «Madonna Angela Sala, serenissima decana del bordello, con il suo squadron volante s'adoprava.... per l'inclusione del cardinale Spadino detto Santa Susanna», che «aveva gagliardamente assicurata la loro fede»; Nina Barcarola in vece, nella quale era riconosciuta da molte una certa superiorità, essendo ella tutta cosa di Ravizza prelato possente in Vaticano, chiedeva voti per il Celsi protettore del suo Ravizza e seduceva ad aiutarla Nina Pandolfina, Nina delle Cannuccie, Maria Vittoria delle Masse; tra le dame, quella detta la Regina «si faceva avanti con la nominazione d'Azzolino Maldachino», ma la duchessa Mattei, per ragioni d'igiene, preferiva il Bonelli, «non ostante la sua ispida e irsuta fisonomia»: l'Adrianella infervorandosi per il Rospigliosi, «vecchio nel mestiere, faceto nella conversazione, libero nel tratto», contrastava colla principessa di Rossano, a cui solo l'Odescalchi pareva un «soggetto degno e un uomo di buona volontà». Altre sostenevano altri, ed era facile capire che senza un lungo conclave non sarebbero riuscite ad accordo. Però il giorno 22 centoquattro donnine condotte da Angela Sala vollero raccogliersi a congresso, sole, senza le dame, nella via delle Vaschette.
Ma l'adunanza ebbe principio non buono, perché gli «affezionati assistenti» di quelle signore «con cotal impeto fecero ressa alla porta, che, non volendo l'un cedere.... luogo all'altro», vennero alle mani e si maltrattarono: il canonico Scotti restò tutto pesto; l'abate Pizzisio perdette il naso; il cardinale Acquaviva patí una stretta funesta alle reni; monsignor Assarini n'usci tutto spelato, e peggio ancora, monsignor Altemps cadde all'indietro e la sua testa, che non si fracassò per miracolo, s'enfiò ad un enorme bernoccolo. Pur le «conclaviste», ottenuto finalmente il silenzio, incominciavano la discussione, quand'ecco, recando nuova cagione di rumore, entrare con fare «sprezzante ma disinvolto», assai dame, le quali pretendevano aver parte al congresso; né fu picciol merito della Regina se furono accolte in non trista maniera. Anzi la Regina, la quale era parlatrice larga e forbita, dopo aver proposto e fatto stabilire che da quel dí in poi «tanto le dame quanto le.... (quel tal nome che ha assonanza con dame) andassero al pari e senza alcuna immaginabile distinzione, e che.... (quello stesso nome al singolare) e dama volesse dire l'istesso», mise in campo l'elezione di Azzolino o di Maldachino. Ella si teneva certa che il primo concederebbe:
1.° una bolla che dichiarasse lecito ai religiosi d'andare.... «senz'alcun disturbo o pericolo» a.... fare visite piacevoli;
2.° «la facoltà» alle donne maritate o libere «di cavarsi la fantasia», immuni «da vergogna e da pena, quando e quanto loro paresse»;
3.° l'espulsione da Roma di tutta la «genia de' monsignori senesi»;
4.°.... - Ma questa io non la dico - .
Se dalla nomina dell'Azzolino si ricavava tutto ciò, continuava la Regina delle dame, che importava s'egli era «una bestia cosí brutta», se aveva «un viso cosí deforme, un tratto cosí rustico, una figura cosí mal fatta?» Ma quando costui non soddisfacesse in alcun modo, ella garantiva questi altri vantaggi da un papa Maldachino:
1.° diverrebbero padrone d'andar dove loro piacerebbe, anche in palazzo con lui, e rimarrebbero libere d'ogni angheria;
2.° libere anche da quegli «scrocconi» in mano dei quali dovevano stare durante le loro infermità;
3.° sarebbero istituite tra loro «le dignità civili e di Rota, Signatura e Camera», ove entrerebbe una presidentessa a provvedere contro le impertinenze dei prelati;
4.° un concistoro vedrebbe di stabilire che i papi pigliassero moglie.
E se Maldachino è brutto, ricordate, - aggiungeva la Regina - che «le pere tanto sono piú buone quanto sono piú brutte».
Già ella, conchiuso il suo lungo e bel discorso, s'era seduta, quando s'alzò l'Adrianella e «con volto ridente, benché non gran cosa, fatta una bella e graziosetta ma umil riverenza circolare», cominciò a dire che quanto aveva promesso Sua Maestà tornava a solo utile delle.... signore pubbliche; che la confusione delle dame con esse non le piaceva affatto perché veniva a perdere «tutta la fatica et tutta la diligenza, che aveva usata in vita sua, di farsi stimar da dama se bene non fosse, e di esser creduta onesta se bene non era», e che a lei bisognava soltanto un po' di dominio, il quale sperava dal Rospigliosi. Ma Eleonora la Barcarola l'interruppe: la signora Adrianella pensava troppo a sé, dove ella, che pure aveva fatto Ravizza quello che era, e molto avrebbe potuto attendere dal Celsi, acconsentiva alla proposta della Regina, desiderando il vantaggio di tutte le compagne sue. E l'Adrianella a rispondere poco a tono e a insistere che fidarsi dei Celsi e dei Ravizza era pazzia. Ma come Dio volle il battibecco tra lor due finí e si fece avanti la «reverenda madre decana», la quale «dopo di aver fatto da trenta smorfie di conto, cominciò a dire il fatto suo....». Costei, a differenza della Regina, discorreva balzellando e con la sguaiata bonarietà e smaccata gaiezza che è propria delle vecchie sue uguali.
Per lasciare comprendere di quanta esperienza era ricca si fece prima a raccogliere la storia della sua vita; poi vantò lo studio che poneva nel «formare» e reggere le sue allieve, e citava fatti; poi, accorgendosi di andar per le lunghe prometteva di spicciarsi in due parole.... Ella, Ciccia dello struzzo venuta da Frascati e molt'altre avrebbero dunque preferito il cardinale Santa Susanna, in riguardo alla grande amicizia che le legava all'abate Bernardino nipote di lui, ma pur finivano con appagarsi del Maldachino. Maldachino?: «zitto zitto! - diceva a voce piú bassa e co 'l gesto di chi si prepara al racconto d'un bel caso; e rammentava come una volta lo vestirono da dama. Lo conosceva, insomma, per un buon ragazzo e non lo credeva «capace di distinguere il ben dal male.»
«Non aveva appena questa finito con altrettante smorfie, che incontanente ritornò a discorrere la Regina, e fatto prima un nobile et erudito ringraziamento alle pronte esibizioni della decana e.... stesasi ancora in un lungo encomio sopra le di lei qualità..., voltatasi alle altre....» le richiese della loro opinione. «Datesi quelle giovinotte una guardata, scappò tra l'altre a parlare la prima Nina Fiorentina con un proemio di dicerie e di tratti poetici piacevolmente infilzati, che parve una pasquella che allora fosse uscita dalla cima di Monte Alcino o da Pistoia, e poscia fatto un esame generale a tutti li cardinali, e avendo ritrovato a chi il collare torto, a chi li calzoni corti, a chi il naso troppo piccolo, e chi troppo stretto in cintura, volando or qua or là, si posò alla fine sopra Bandinello. Al sentir tal nome saltò fuori la paesana sua, che era Margherita, e con uno strillo da disperata:
- Oh affè di Dio non si poteva dir meglio!; cotesto costí vogliamo al certo, signor sí!» - Ma le altre gravemente tutte in coro:
- «È senese, nihil!, è senese, nihil!» - (allusione alla forma di procedimento che «nelle cause de' miserabili» seguiva ogni giorno «l'ignorantissima canaglia della Signatura di Giustizia»).
Escluso il Bandinelli; la principessa di Rossano adduceva le ragioni per cui le sembrava migliore l'Odescalchi, quando la fece ristare gran rumore di gente che veniva dalla parte di strada: era la signora Nina Stagnarina, la quale con un corteggio di sgualdrinelle entrava a lamentarsi di non aver ricevuto invito alcuno al conclave. Fu pronta a sgridarla la Rossano e a farla tacere ed uscire con ragioni molte e tali che io non ripeto perché sbigottiscono anche me; ma la principessa non poté subito riprendere l'interrotto discorso tanto le «conclaviste» si lamentavano d'essere stanche, né ci volle meno del potere della Regina per ricondurle al silenzio. Finalmente la Rossano, con «un viso tra il brusco e il dolce, fatto all'usanza d'una pizza da un baiocco», ebbe agio a ritesser le lodi dell'Odescalchi «un uomo da bene, uno spirito puro, un animo dotato di grandi virtú....»; - Un gesuita falso! - gridò la Brigidaccia impedendole di proseguire. Nuccia Belluccia, che aveva dalla sua Nuccia delle cannuccie, si levò poscia ad esprimere il suo desiderio di nominare «un buon fratone», e fu tratto in ballo fra Silvio de' Vecchi.
Piú tosto poi il Celsi! - esclamava Nina Barcarola; e altre: - Meglio Santa Susanna! - Meglio il padre Caravita! -
Era tempo di por termine al diverbio, e ciò fece la Regina sospendendo il concistoro al modo stesso - questo paragone lo posso fare - onde ogni bravo presidente termina ogni consiglio tumultuoso, e dicendo che per quel giorno bastava essersi persuase della difficoltà della questione, e che in altra adunanza (la indisse per la settima prossima) sarebbero venute a deliberare ultimamente. E la Eleonora Adrianella, «la quale, per esser tra l'altre forse la piú astuta e la piú pratica delle cose del mondo, aveva in testa di far riuscire la regola che a fare il Papa ci vuole raggiro, e con ingannare il compagno si gira tutta questa macchina del prelatismo, si alzò a dire quattro barzellette per licenziare il conclave», trovando pur modo di pungere un poco la fortunata Regina.
Ma allorché levatesi tutte in piedi stavano per andarsene, giunse d'improvviso Stecchino principe del bordello, il quale, «tutto affannato e afflitto, datosi di mano al cappello e fatta una riverenza a mezza luna con quelle sue gambe storte, cominciò a mezzo il congresso, con mille sospiri e quasi sommerso in un torrente di lacrime, ad ululare in questa maniera: Siamo rovinati, siamo spediti, oh poverini noi! Oh disgrazie della natura, oh malvagità delle stelle!: il Papa sta meglio! -
«Parve che a quelle misere, al suono di queste voci, uscisse l'anima e svanisse lo spirito»; e sola ad una rimase la forza di interrogarlo. Ah! - egli si era introdotto in Palazzo e già aveva saputo che «mancavano pochi minuti alla comune felicità, quando una straordinaria allegrezza di quei matti di là dentro lo aveva fatto cadere negli abissi delle miserie».
E cosí avvenne che tutte quelle signore se n'uscirono piangendo e lamentando dal luogo ove eran entrate piene di letizia. - Ma io dubito molto che questo riassunto possa lasciare in chi mi legge la vivace ed efficace impressione che il piccolo libro lasciò in me, nauseato lettore di cose del seicento.
In proposito del qual Puttanismo vo' riferire un'altro aneddoto non inutile anch'esso alla conoscenza del Leti e dei suoi tempi.
Nel 1675, a Ginevra, fu spedita a Gregorio Leti una lettera da certa Suor Agnese Mansola, la quale godeva rinnovarglisi nella memoria come colei che già molt'anni innanzi aveva servita da cameriera la sorella di lui, a Milano, e da lui stesso, quando la chiamavano ancora Bellottola, aveva ricevute non poche carezze. Ed essa gli raccontava che morta la sua prima e buona padrona era stata traviata da un marchese e poi da un abate romano, il quale l'aveva indotta a recarsi a Roma, ove in breve era divenuta cortigiana famosa acquistandovi il pomposo nomignolo di Regal meretrice. Ma in quell'anno del giubileo il Signore le aveva tócco il cuore sí che aveva fatto dono di dieci mila scudi al monastero in cui s'era rinchiusa. - «Mi son riservati - ella finiva - cento scudi romani, ch'è il salario ricevuto dalla sua signora sorella, e della metà ne farò dir messe per il riposo dell'anima di questa e dell'altra preghiere al Santo Spirito per la sua conversione, oltre alle mie preghiere particolari».
Il Leti rispose: «.... Di lei non ne avevo inteso parlar minima cosa dalla morte in poi della mia sorella, né mai avrei pensato che Bellottola di Milano fosse fatta la Regal meretrice di Roma, della quale ne avevo inteso far conti tali, che aveano dato la volontà all'autore del Puttanismo di Roma d'infilzarvela dentro con gratiose maniere vantaggiose a tal sua professione.... Le dirò intanto che per una nuova convertita il mentir cosí sfacciatamente mi dà da pensare. Mi scrive d'aver abbandonato il peccato, in luogo di dire ch'è stata dal peccato abbandonata. La mia sorella è morta sono appunto trent'anni: quattro di servizio, son trentaquattro, e ventuno che aveva quando entrò a servirla, son cinquantacinque; et intanto si loda d'aver abbandonato il peccato? Anzi doveva scrivermi che per dispetto al peccato, che l'aveva abbandonata erano quindici anni (giacché in Italia, passati li quarant'anni, si mandan le donne al diavolo), aveva presa la risoluzione di far la penitente.... Non so comprendere questo suo zelo di voler salvar la mia anima per gli obblighi che aveva alla mia sorella..... Perché non conservar meco quest'obbligo.... co'l farmi suo erede?; che senza scrupolo avrei ricevuta l'eredità". E consigliandola d'impiegare i cento scudi romani, invece che in messe e in preghiere, in elemosine, conchiudeva: "Si ricordi talvolta che non è il giubileo che l'ha convertita, ma la sua età".