VI.

... pazienza. Sissignori! la virtù degli uomini savi, non degli asini.

Monterúmici non chiariva a parole questa sua opinione; la manifestava con gli occhi. Nel dubbio però di non spiegarsi abbastanza, volle darne anche una prova, un giorno, a suo modo. Con fare guardingo si accostò alla signora Amalia, che stava a cucire nel giardino, e le porse una fotografia. Era di una donna giovine, belloccia.

— Bella! La vostra fidanzata? chiese la signora.

— Mia moglie!

— Oh! Voi avete moglie?

— E come! — Aggiunse serio: — Tutta fuoco!

L'altra fu costretta a ridere; e lui:

— Può credere che non me le abbia fatte, non me le faccia?

E a significar la cosa portò la destra alla fronte, col pollice, il medio e l'anulare riversi. Indi riprese il ritratto, scosse il capo e conchiuse, andandosene:

— Ci vuol pazienza!

Non solo, Monterúmici, piaceva ed esilarava per quel contrasto manifesto fra la sua natura gioconda e il ritegno che egli si imponeva, quasi l'angelo custode fosse sempre lì a dirgli: — Abbi giudizio —, ma piaceva anche per un contrasto meno appariscente, d'ingenuità e furberia. Se era furbo! Conoscendo il punto debole in tutti — goloso il colonnello; parsimoniosa la signora Amalia; il signor Astolfo, delicatuccio, e invidiosa la domestica — traeva argomento da queste disparità di carattere per divertirsi. Esercitava una perspicacia di psicologo nel mentre che accontentava tutti con la sua valentia di cuoco.

Ai manicaretti da lui composti si accompagnavano, sempre uguali, le lodi.

— Appetitoso! — il colonnello giudicava. E la suocera: — Fatto, si può dire, con nulla! — E il signor Astolfo: — Proprio adatto al mio stomaco!

— Merito vostro che l'avete cotto — il soldato protestava rivolto alla cuciniera, tutta contenta.

E una mattina Monterúmici si presentò alla signora con l'attitudine un po' impacciata di quando aveva da chiederle le uova e lo zucchero.

— Signora: domenica al mio paese, si mangiano i ravioli. Siamo di festa!

— Ho capito. Volete che li facciamo anche noi.

Egli scosse il capo.

— Vorrei una grazia più grande.

— Cioè?

— Che lei dimandasse al signor colonnello di lasciarmi andar a casa sabato. Tornerò lunedì, coi ravioli. Sentirà!

La licenza fu data. Il sabato Monterúmici partì, tranquillo e giocondo al solito.

Ma il cavallo, la cagna e il gatto, se avessero potuto parlare, avrebbero forse detto che l'amico li aveva salutati di nascosto, in un certo modo...

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