VII.

E rimise il collare a Top. Ma chiuse per sempre il camerone delle memorie e delle glorie sue e familiari.

Alla Valletta — ove dimorava in una piccola stanza simile a una cella — consumava molta parte del giorno leggendo o tentando di leggere. Aveva dato la libertà ai richiami e alla civetta; e a caccia non andava più che con Top, senza sparare un colpo. Nel dissidio che era in lui fra l'energia della razza e l'affievolimento dell'amore — l'amore per tanti anni respinto — l'amore troppo tardi conosciuto — ora si meraviglierà di aver potuto incrudelir con le creature innocenti e liete eppur godere, nel tempo stesso, della comunione di sè con la vita naturale; ed ora si rammaricava d'esser così mutato, d'esser così fiaccato nel suo soffrire.

Elena! Avrebbe voluto udir parlare sempre di lei, solo di lei.

Spesso gliene discorreva il vecchio; ogni volta che tornava dal paese. Quante chiacchiere intorno al matrimonio Marzioli Tarelli! Che cotta s'era buscata quel giovine! Che fortuna, quella ragazza! Ma la meritava. La più bella ragazza del paese! Una bella romagnola!

Già si sapeva che, il dì di San Martino, le nozze sarebbero celebrate con gran pompa; e dopo, gli sposi partirebbero per Roma.

— Col diretto delle undici — notò, per dire qualche cosa, per nascondere sè a sè stesso quasi con una prova d'indifferenza, il signor Prospero. Poi dimandò aggrottando le ciglia:

— E di me cosa si pensa?

— Qualcuno pensa che lei ha giudizio.

— Perchè?

— Perchè lei non approva questo matrimonio. I Tarelli han troppi soldi, e i troppi soldi non han mai fatto contento nessuno.

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