I.

Guglielmo Berlinghieri e Rinaldo Imberali erano accesi l'uno e l'altro, ma piú il secondo, d'una bella giovane che aveva nome Agnesina ed era figliola d'una ricca e savia donna di Firenze. Guglielmo, in cambio del suo amore riceveva sorrisi e lusinghe, e Rinaldo invece irrisioni e dispetti; e l'Agnesina che non amava niente Rinaldo s'innamorava senza misura di Berlingieri.

Ciò suole avvenire; ma Rinaldo Imberali si consumava per la ventura altrui e la propria infelicità, e per il pensiero della fanciulla, non meno trista che bella, smarriva i desideri e la fiducia dell'età sua e fino la voglia di vivere; e sembrava perdere anche la salute e la mente. Onde i suoi comprendendo che il figlio, quantunque piú smemorato nei dí che non vedeva la giovane, dal vederla traesse sempre esca nuova alla fiamma e nuova ferita alla piaga, pregarono un amico, a lui caro e fedele, di condurlo a un suo luogo vicino a Firenze. Colà Rinaldo mostrò di acquetarsi il giorno nelle caccie e nei diporti, ma la notte inforcava di nascosto il cavallo e per accostarsi al suo tormento vagava intorno la città. Ne scorgeva una porta aperta? Egli v'entrava ansioso e angoscioso a cercarvi la nota casa.

Avvenne frattanto che l'Agnesina si crucciò con la madre, la quale, scoperti i segni e le risposte di lei a Guglielmo e temendone, la teneva rinchiusa, e tanto s'infastidí del rigore materno che per mezzo della fantesca avvertí l'amante di voler fuggire con lui. E la fantesca aggiunse: - A notte fatta voi verrete a cavallo; ella sarà pronta su l'uscio e si getterà in groppa: è leggera e sa ben cavalcare.

Guglielmo rispose che di ciò era lieto; e su 'l far della notte due suoi amici andarono per lui alla porta della città affinché non la serrassero e affinché, se bisognasse, potessero dargli aiuto e accompagnarlo con i loro cavalli nella fuga; ed egli, al tempo che gli parve opportuno, passò dalla casa dell'Agnesina. Ma la fanciulla, impedita dalla madre che non dormiva, non era per anche discesa, e neppure quando il cavaliere tornò a passare; e il cavaliere credé aver troppa fretta e si dilungò per la via.

Allora allora l'Agnesina poté correre a basso; e indi a poco, palpitante e giuliva, udí accostarsi un cavallo. Non era Guglielmo Berlinghieri; era Rinaldo Imberali, il quale scorrendo come di solito presso a Firenze, veduta quella porta aperta, di null'altro in pensiero che del suo amore s'era incamminato per la buia contrada. L'Agnesina disse: - Son qui! - ; e a Rinaldo nell'udire quel motto e nell'osservare quell'ombra bianca nell'oscurità, che gli faceva cenno della mano, sembrò di sognare: spinse il cavallo all'uscio della casa e colse in groppa, co 'l braccio, l'Agnesina.

Rinaldo punse il cavallo. Alla porta, i compagni di Guglielmo, aspettando che l'amico, secondo l'accordo, si fermasse a chiamarli, non guardarono a chi trascorreva cosí in fretta e in silenzio.

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