I.

Mentre il duca Odoardo Farnese, i Francesi e il duca di Savoia assediavano Valenza, don Alfonso della Torre, il quale era tra gli ufficiali d'Odoardo, ricevette la notizia che suo zio il marchese di Cortemaggiore era morto lasciando a lui, come a giovane savio ed a nipote affettuoso, ogni suo avere; ond'egli, da nipote affettuoso, dimostrò un ineffabile dolore, e da giovane savio deliberò tra sé di godere al piú presto di quella fortuna inattesa. Infatti appena i collegati ebbero tolto, per disperato, l'assedio, egli corse a Parma, ed ivi diede tosto troppe prove di prepotenza e di grandezza: capestrerie, fastosi sollazzi, amori, brighe, soprusi. Né continuò poco cosí; ma quando il duca fu uscito dai travagli della guerra e riprese il retto governo dello stato, chiamò a sé, un giorno, il giovane e turbolento cavaliere e gli propose il dilemma o d'ubbidire alle sue leggi per restare in Parma, o d'andarsene da Parma per non ubbidire alle sue leggi.

A ciò don Alfonso avrebbe dovuto rispondere co 'l sussiego che gli conveniva: - Altezza, io possiedo anche un feudo fuori delle vostre terre - ; eppure, trattenuto da certa sua riflessione, egli chinò il capo e tacque.

Di che meravigliandosi e dolendosi quasi di un'umiliazione sua il conte Gabrio Gabrii, che gli era intimo amico, gli disse Don Alfonso: - Oggi capirai che se io metterò il giudizio a posto non sarà tutto merito di Sua Altezza.

E nel pomeriggio, condotto l'amico al giardino della sua casa, da un punto dal quale si scorgeva chi era nel giardino attiguo disse a bassa voce: - Guarda!

Una dama leggendo un libro passeggiava all'ombra; e come fu condotta dal sentiero presso il muricciolo di confine, levò gli occhi e al profondo saluto che le fece don Alfonso risalutò, senza ristare, con garbo signorile. Una dama bellissima. Il Gabrii sorrise, attese ch'ella si fosse allontanata ed esclamò:

- Varrebbe la pena di mettere la testa a posto; ma io credo che tu, questa volta, la perderai del tutto!

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