II.

La dama posò il romanzo. Nella sua mente piena di quell'avida lettura le viragini e i cavalieri continuarono a scambiare colpi di spada e prove eroiche e i príncipi a perseguire le donzelle traverso strane e confuse vicende di battaglie, di rapimenti e di naufragi; ma nel suo cuore, dai discorsi piú galanti e dalle pagine piú sentimentali, era penetrata una tentazione sottile, un'eccitazione dolce ad un amore tuttavia sconosciuto.

Fanciulla quasi l'avevano data in moglie a un cavaliere milanese, tanghero e geloso; a pena vedova i congiunti del marito, per carpirle una parte dell'eredità, l'avevano rinchiusa a forza in un convento, e da poi che era fuggita dal convento in casa della vecchia dama che le voleva il bene d'una madre, il Palmenghi figlio della dama, per non essere compromesso e per sottrarla all'ira dei congiunti, la costringeva a una vita peggio che di chiostro. O piú tosto, invaghitosi di lei, il Palmenghi aspettava agio di sposarla?

Da Scilla in Cariddi!; e altro confortatore della sua giovinezza sognava Domitilla (questo il suo nome): ella sognava una grande passione che le consentisse il dominio dell'amante in guisa d'aver poi uno schiavo in suo marito; e il Palmenghi era un geloso carceriere quando ancora non le aveva proposto di sposarla!

Sospirando, Domitilla riprese il libro. Ma il suo pensiero oramai ripugnava dalla lettura e seguiva imagini sue, un'imagine che da alcuni giorni cercava il suo cuore e l'accarezzava per entrarvi; e don Alfonso della Torre, il giovine e bello e perfetto cavaliere di cappa e spada, le sorrideva con un inchino profondo di saluto. Ella non aveva il dubbio di non piacere a don Alfonso della Torre: anzi s'era avveduta che la corteggiava; ma, quando pure le riuscisse innamorarlo, riuscirebbe al piú, a divenirgli moglie? Divenirgli moglie! E la sua fantasia correva, correva. Egli era ricco e superbo; onde una gloria l'avvincerlo e una fortuna il possederlo. Se non che lo dicevano anche intemperante, violento, infido colle donne, e non le conveniva disgustare il Palmenghi per avventarsi a una speranza incerta e a un pericoloso tentativo. Rifletté, poi levandosi risoluta e sicura: - A innamorarlo - pensò - basta la bellezza; lo avvilupperò con l'arte e con l'inganno e avrò lo schiavo!

E si guardava nello specchio della sala: era bellissima.

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