12

Venite in danza, o gente amorosa,

non tenete ascosa

la dolce fiammetta

che sì ben s'assetta

in alma gentile.

Né sia uom tanto vile

che si gli accade amare

stia a sognare

e aspetti ben faremo,

ché per venire allo stremo

quale si stima o brama,

convien che amor di dama

acquisti per grande uso.

Sai chi rimane escluso?

el troppo savio e 'l troppo bello,

il superbo, l'inerte e fello,

e chi non sa soffrire.

Però pigliate ardire,

su, avanti, avanti,

suoni, danze, canti

e triunfi d'amore,

e così tale onore,

cenni, atti e risi,

sguardi non molto fisi,

ma con arte e lieti,

parlar mozzi e quieti,

o strani e intesi,

gli occhi e gli orecchi tesi

a usar mille pruove,

palpeggiar dita e altrove

coperto e bellamente.

Così chi d'amor sente

or usi leggiadria.

E chi vorria

d'amor esser privo

in luogo sì giulivo

e sì ornato?

Quale snervato

stesse a lellare

e non disiasse amare

a tutta briglia?

Chi pur s'acciglia

e d'ogni cosa ha spavento

è come chi ha spento

il lume a mezzo l'ombra.

Chi pur s'ingombra

di tanti io vorrei,

io farei,

ma pure,

le sciagure,

doh,

io non so,

è uno intronato,

è uno trasognato,

è uno pezzo di bue,

e pàrli esser più di due

ed è meno d'uno;

non gli parlare a digiuno,

che non ha mente.

E chi d'amor non sente

o nello amar è lento,

è uno portento

svelto fuor d'un tronco,

ed è monco

d'ogni destro ingegno,

ed è sinestro legno

a maneggiarlo,

ed ha nel cuore un tarlo

che 'l fa star austero

e ch'ogni bel pensiero

gli rode e sbarba

tal che non gli garba

gentilezza.

Ma l'alma che s'avezza

a seguir l'orme

e le dolzi torme

che amor guida,

mai più si snida

di tal cova,

perché troppo li giova

l'udire

e 'l seguire

amorose maniere,

ed usar fra le schiere

degli amanti,

quali con risi e canti

osservan fra loro

un maraviglioso tesoro:

non metalli cari né avolio

non gemme né pitto spolio,

né coniato auro,

sai ched è? - un verde lauro

a mezzo un fonte,

dove sono sconte

tutte l'offese ch'amor par ch'ammetta,

ed ha in ogni vetta

fronde vezzose e belle

dove è il nome di quelle

che han pietade,

e che ornan suo biltade

di cortesia.

Ivi s'oblia

ogni vil pensiere,

ed è mestiere

seguire voglie sublime,

e non fare stime

di quel che non dà laude.

Ivi s'aplaude

ed è onorato,

non chi è fortunato

e ricco erede,

né chi possede

accumulato avere,

ma ben chi pò capere

fra' pregiati ingegni

e fra gli uomini degni

d'esser amati,

che non sono schifati,

né han divieto

dal santo ceto

degl'immortali.

Ivi si prendon ali

a seguire ogni impresa,

e hane suo voglia incesa

a 'quistar lodo per merto.

Hen, che un tal cuore erto

superchia ogni gran cosa.

Però, gente amorosa,

pigliate ardire,

su, seguire, seguire

l'arte e l'officina

con che amor affina

ogni cor frale.

Di grado in grado sale

l'acquistar merzede,

e non s'avede

ch'ell'è giunta al sennone,

dove è tenzone.

E perché?

Anzi, deh!

Oh, lasciami stare!

Ma non si vuole acquistare

grado in donna altiera,

o ch'è spiatata fiera

a chi la trassina.

Ella rompe e sfascina

ogni amorosa impresa,

e sta sempre tesa

a vincer d'onte,

colle sanne pronte,

colle ciglia grottose,

colle mani sdegnose.

Uh! oh! ch'è questo?

Lascialo star quel testo

pien di bizzaria.

Questa pur si dovria

cacciarla a far lucignoli,

e fra i diti mignoli

mostrarli il dito grosso.

L'una ha uno sopraosso

in sul naso e gli occhi infiati;

l'altra ha gli occhi schiacciati

adentro un mezzo miglio;

l'altra ti porge un piglio

e par ch'ogni uom gli puta;

quale è scrignuta,

monca o sciancata,

cispa e sdentata,

o vizza e rognosa.

Ho! ho! che dolce cosa

por amor a tal gente,

che tanto son contente

quanto le strazian altrui.

Visi di bui,

capi bitorzuti,

con vostri imbiuti,

con vostre trampe e streghioni,

con insaccar lomboni,

col ceffin composto,

collo andar iscosto,

dite: chi ne vuole?

e date altrui cazzuole

coll'occhietto.

Ma io me ne diletto,

e compro il temporale

per tanto quanto e' vale

di merce a merce.

Bufole chiazzate e lerce,

trombe fesse e vane,

gite a 'impastar pane

per li spedali.

E vo', dive immortali,

che avete gentilezza,

fuggite chi amor sprezza

in bella etate,

e voi stesse ornate

d'un costume amoroso

e d'un cuor piatoso

che ogni bellezza avanza,

e gite in danza

come innamorata:

chi vuol esser amata

convien che ami.

Vostri lacci e legami

non sia pompa né superbia

perch'ogni uom vi proverbia,

ma sien risin vezzosi

dove stieno nascosi

dea Veste e Cupido;

e gli occhi che son nido

di spiritelli accesi,

mai sian discortesi

a chi v'adora.

Quel che un bel viso onora

non è il brasil né 'l velo,

né iscolorire el pelo;

anzi è amar chi v'ama

e nell'amorosa trama

un porger d'opra.

E s'egli è chi vi scopra

con cenni e con sospiri

soffri per voi martiri

e ardendo merzè preghi,

ah non sie chi gli nieghi

dargli talor conforto,

perché faresti torto

a vostra cosa.

Chi in voi riposa

ogni suo voglia e spene,

merit' e' pene

al ben servire?

Aitatel', oimè, soffrire

la pena amorosa.

E soffre ogni cosa

chi un bel viso mira,

perché indi s'agira

al cor non so che dolce

che spesso lo soffolce

a mezzo il cielo.

Non teme caldo né gelo

l'alma che si pasce

di quello che nasce

infra 'l pensare

e 'l rassembrare

le lodi d'un bel viso,

che quanto el miri più fiso,

tanto vie men ti sazi.

Ivi son gemme e topazi

che sprendon più che 'l sole.

Rose, gigli, viole

son belle in verde prato,

ma un viso innamorato

è via più bello.

Io ho visto ausello

fra' ramuscei fioriti

con versi arditi

lodare,

magnificare

ciascuna stella;

ma leggiadra donna e bella

merita più lode.

Ed ho visto alle prode

di curri triunfali

titoli immortali

e gloriosi;

ma non son sì famosi

quant'un bel viso merta.

Ed ho visto inserta

fra' sacrati ornamenti

gemma ch'e' lumi ha spenti;

ma un risin gentile

con uno aere umile

l'abatte,

e stanno quatte, astratte,

muse, ninfe e dei

a vagheggiar colei

che save amare.

Deh non vi fate pregare

adunque per vincer prova,

di quel che poi vi giova

s'altri vince.

Sai chi è che pregio convince?

Non chi mantien contesa,

né chi tanto pesa

ogni suo voglia

che altri si stoglia

dallo avezzato amore;

ma ben v'è palma e onore

a saziare,

a superchiare

di grazia altrui,

anzi gire ambodui

fra lo amoroso sciame

ad un legame

in un pari passo.

Aimè lasso!

che donna inamorata

può esser beata,

ma non me lo crede.

Ben sai che la fede

e l'essere sciolta

non può essere svolta

più che altri si voglia;

el viver sanza doglia

non ha pari,

e son preciosi e cari

i giorni lieti.

Ma chi è che divieti

alle donne amorose

tor e dar ste cose

a ogni sua posta?

E forse che gli gosta

il soggiogarsi a tanti,

dargli allegrezza e pianti,

altro ch'un volger d'occhi?

Né par che mai si sbrocchi

stral ch'è 'n cuor gentile;

deh! né anche in cor vile

indi si scarchi,

e con sì vivi marchi

al cuor s'impronta,

che per sdegno né per onta

mai si sforma.

Però chi ha da far non dorma,

e segua il suo viaggio,

e chi non è saggio

impari,

e chi sta guari

e del star si contenta,

convien certo si penta

tardi ma a suo costo.

Però levate su tosto,

donne innamorate,

gite, onorate

questa festa.

S'egli è tra voi chi stia mesta

perché il suo amante è altrove,

dicami dove,

e io lo manderò a chiamare.

Io son disposto aitare,

servire,

gradire,

magnificare qui e in ogni lato

qualunque inamorato

esser si voglia.

Ma io temo che vi spoglia,

come altre volte spesso,

forse anche adesso

d'un bel piacere,

donne, il non sapere

contentare voi stesse,

e aver sommesse

vostri pensieri e arte

da ogni parte

a trassinare,

rivolgere e ripensare

troppo ogni forse.

Sapete quel che porse

nella albana vittoria

trionfo e gloria

al già vinto Romano?

Fu l'astuta mano

del pronto Orazio,

che in tempo al Curiazio

persecutor si volse

e insieme acolse

voluntà, arme e stagione,

e seppe collo sprone

vendicarsi,

e ornarsi

nel triunfo lugubre

di tre spoglie rubre

in german sangue,

onde Alba fu langue

sotto leggi esterne,

e a lui fur lode eterne,

talché in ogni storia

e in canuta memoria

ancor son verde.

Né può chi tempo perde

o nol sa adoperare,

mai più racquistare

tesoro sì caro,

perché gli è troppo avaro

a' dolci spassi.

E poi che 'l tempo en vassi,

donne, e non torna mai,

oimè! che doglie e guai,

e quanto stracca,

oimè! anzi fiacca

el ricordarsi,

l'incolparsi:

i' dovea,

i' potea,

e gastigarsi dapoi,

e gustar gli errori suoi,

e darsi el torto,

essere ardito e acorto

ove non giova

né forza né prova

di saper, d'arte o d'inganno.

Oimè, oimè, che affanno!

oimè che doglia!

Ove cresce voglia

el sperar scema.

Non abiate unque tema,

donne, non vi sfidate.

Che pur pensate,

che vi tenete a bade,

ora che 'l tempo accade

a triunfar d'amore?

A che tenere in cuore

quel che vi strugge

e che vi cuopre d'ugge

e tolvi ardire,

e potevi scoprire

meco a fé sicura?

Io so aver misura

nel parlar,

nell'andar

e nello star muto,

e insieme essere astuto,

nescio e pronto;

e voluntier m'affronto

ove creda servire

ciascuno, svilire

ogni amor tardoso

solo per far gioioso

chi amor segue,

e compor paci e tregue,

aitar, guidar, coprire

e scoprire

sospiri e doglie

e le dolci voglie

di chi ama.

E che? Onde surge fama

più ardita

e più nutrita

di voci e lode,

colle piume più sode

e più cianciera,

che della grata schiera

de' cari

e avari

servigi e doni,

che dovunche gli poni

fruttan merti,

né possono star coperti

sotto l'ingrata mano

che non perda un gran brano

d'util grazie altronde?

Anche, e donde

si porge più grato

e più accertato

il bene servire,

che quando e' fa uscire

di sua opera e forza

un piacer che caccia e amorza,

isveglie e matura

ogni acerba cura,

ogni spavento,

ogni pensier lento,

ogni albagia?

Anzi, vero, chi potria

star che non servisse,

non prefferisse

soccorrer, satisfare

alle voglie, allo spettare

di chi amor sente,

e cercasse far contente

l'alme affannate

ch'ogni ora mille fiate

infra sospir son gite ratenute,

sbigottite, sparute,

smarrite, scambiate,

riposate

in altrui seno?

E per Dio non è meno

il piacer che contenta

chi sua fiamma ralenta

per lo servir d'altrui,

che sia di colui

che 'l dono suo ben assetta

e più là non aspetta

che insino che gli esca

di sua mano e acresca

util, grazia e piacere

a chi lo sa volere

cortese e presto.

E non è meno foresto,

meno incivile,

men discortese e vile

chi 'l don porger non vole,

che chi 'l don pòrto non tole

ov'è pregato.

E di questo pur beato

mi comandiate

e adoperiate

in ogni vostro volere:

a me sarà piacere

troppo il contentarvi,

aiutarvi,

andare, stare,

portare e riportare

parole, doni,

che son gli sproni

che l'alma impinge,

insieme stringe

all'amarsi

col desto ricordarsi

che pasce amore,

e non gli par disonore

essere suggetto.

E non arò men diletto

del servire, quanto del sapere,

ridere, vedere,

udire che atti e che maniera

e quanto voluntiera

ascoltasse,

e di che adomandasse

e costei di colui,

e colei di costui,

e prima e poi,

e stesse in su' suoi,

or sorridendo,

or dolze premendo

gli occhi e la voce,

quale a chi pur cuoce

ancora l'altrui foco,

e come a poco a poco

usciron da entro al core

sospiri pien d'amore,

queti queti e fucati,

e come con gli occhi ornati

d'un atto che scopriva

quel che 'l cor pativa,

s'atterroe,

e ben mille fiate si scambioe

il bel colore al viso,

e mirando fiso

si racolse pian piana

e poi si volse strana,

vaga e piatosa,

e in modo vergognosa

balenò fiamme ardente

che furono accese e spente,

abagliate

e ralumate

in un momento,

con un tremolar di mento

insieme e di labrucci,

e con mille vezzosi crucci

in fronte lieta,

come or turba or queta

le ciglia e 'l seno strinse

con bella arte, e finse

non sapere,

non volere,

non ricordarsi,

e poi sdegnarsi

con superchia onestade,

fuggir e aver pietade,

poi che si sente amare.

E perché 'l saper pregare

d'altrui l'accende,

ove suo voglia pende

in poco spazio

e il soffrir suo che sazio

di tarde speme

e teme,

e l'alma insieme carcata,

impiuta, combattuta, atterrata

infra sospiri accolti

avesse e' pensier stolti

non so dove.

Mai sì, donne, questo mi move

a profferire

gradire, servire,

lodare, atare,

magnificare

chi ama ardito,

che già chi n'è servito

ne gode,

e acquistane lode

chi con fè serve.

E l'alma mia che ferve

ogni ora più che non sole

sotto un velato sole

cor a me nascoso

mai fa esser piatoso

d'altrui pene.

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