SCENA SESTA

Creonte, Emone

Seguaci d’Emone

Creonte

Figlio, che fai?

Emone

Che figlio?

Padre non ho. D’un re tiranno io vengo

l’empie leggi a disfar: ma, per te stesso

non temer tu; ch’io punitor non vengo

de’ tuoi misfatti: a’ Dei si aspetta: il brando,

per risparmiar nuovi delitti a Tebe,

snudato in man mi sta.

Creonte

Contro al tuo padre,...

contra il tuo re, tu in armi? – Il popol trarre

a ribellar, certo, è novello il mezzo

per risparmiar delitti... Ahi cieco, ingrato

figlio!... mal grado tuo, pur caro al padre! –

ma di’: che cerchi? innanzi tempo, scettro?

Emone

Regna, prolunga i giorni tuoi; del tuo

nulla vogl’io: ma chieggo, e voglio, e torre

saprommi io ben con questi miei, con questo

braccio, ed a forza, il mio. Trar di tue mani

Antigone ed Argìa...

Creonte

Che parli? – Oh folle

ardire iniquo! osi impugnar la spada,

perfido, e contra il genitor tu l’osi,

per scior dai lacci chi dai lacci è sciolto? –

Libera già, su l’orme prime, in Argo

Argìa ritorna; in don la mando al padre:

e a ciò finor non mi movea, ben vedi,

il terror del tuo brando.

Emone

E qual destino

ebbe Antigone?...

Creonte

Anch’ella or or fu tratta

dallo squallor del suo carcere orrendo.

Emone

Ov’è? vederla voglio.

Creonte

Altro non brami?

Emone

Ciò sta in me solo: a che tel chieggo? In questa

reggia (benché non mia) per brevi istanti

posso, e voglio, dar legge. Andiamo, o prodi

guerrieri, andiam: d’empio poter si tragga

regal donzella, a cui tutt’altro in Tebe

si dee, che pena.

Creonte

I tuoi guerrier son vani;

basti a tanto tu solo: a te chi fia

ch’osi il passo vietare? Entra, va, tranne

chi vuoi; ti aspetto, io vilipeso padre,

qui fra tuoi forti umìle, infin che il prode

liberator n’esca, e trionfi.

Emone

A scherno

tu parli forse; ma davvero io parlo.

Mira, ben mira, s’io pur basto a tanto.

Creonte

Va, va: Creonte ad atterrir non basti.

Emone

Che veggio?... Oh cielo!... Antigone... svenata! –

Tiranno infame,... a me tal colpo?

Creonte

Atterro

così l’orgoglio: io fo così mie leggi

servar; così, fo ravvedersi un figlio!

Emone

Ravvedermi? Ah! Pur troppo a te son figlio!

Così nol fossi! in te mio brando. – Io... moro...

Creonte

Figlio, che fai? t’arresta. –

Emone

Or, di me senti

tarda pietà?... Portala, crudo, altrove...

Lasciami, deh! non funestar mia morte...

Ecco, a te rendo il sangue tuo; meglio era

non darmel mai.

Creonte

Figlio!... ah! ne attesto il cielo...

mai non credei, che un folle amor ti avria

contro a te stesso...

Emone

... Va,... cessa; non farmi

fra disperate imprecazioni orrende

finir miei giorni... Io... ti fui figlio in vita...

tu, padre a me,... mai non lo fosti...

Creonte

Oh figlio!...

Emone

Te nel dolore, e fra i rimorsi io lascio. –

Amici, ultimo ufficio,... il moribondo

mio corpo... esangue,... di Antigone... al fianco

traggasi;... là, voglio esalar l’estremo

vital... mio... spirto...

Creonte

Oh figlio... amato troppo!...

E abbandonar ti deggio? orbo per sempre

rimanermi?...

Emone

Creonte, o in sen m’immergi

un’altra volta il ferro,... o a lei dappresso

trar... mi... lascia,... e morire....

Creonte

Oh figlio!... Oh colpo

inaspettato!

Share on Twitter Share on Facebook