Scena quinta

Nerone, Poppea, Tigellino, Ottavia, Seneca.

Ner.

Cagion funesta d'ogni affanno mio,

dalle mie mani al fin chi ti sottragge?

Chi per te grida omai? Dov'è la plebe? -

Ben scegliesti: partito altro non hai,

che svelarti qual sei: far chiaro appieno

a Roma, e al mondo ogni delitto tuo;

me discolpar presso al mio popol, darti

qual t'è dovuta, con infamia, morte.

Seneca Piú non mi pento, e fu opportuno il punto.
Ottav.

Nerone, appien giá sei scolpato; godi.

Giá d'esser stata tua, d'averti amato,

data men son debita pena io stessa,

Ner. Pena? Che festi?
Ottav.

Entro mie vene serpe

giá un fero tosco...

Ner. E donde?...
Poppea

Or mio davvero,

Neron, tu sei.

Ner. Donde il velen?... Tu menti.
Tigel. Creder nol dei; severa guardia...
Seneca

E puossi

deluder guardia; e il fu la tua. Gli Dei

scampo ai giusti non niegano.

Ottav.

Mi uccide

il tosco in breve; e tu il vedrai: pietoso

ecco chi 'l diede; anzi, a dir ver, gliel tolsi.

Caro ei l'avrá, se nel punisci; io quindi

nol celo. Mira: in questa gemma stava

la mia salvezza. Di tua fede in pegno,

il dí delle mortali nozze nostre,

tal gemma tu darmi dovevi...

Ner.

Il veggio,

l'ultima è questa, e la piú orribil trama,

per far che Roma mi abborrisca. Iniquo,

tu l'ordisti; ma or ora..

Poppea

Alla tua pena

ti sottraesti, Ottavia; invan sottrarti

speri all'infamia.

Ottav.

A te rispondo io forse? -

Tu, Nerone, i miei detti ultimi ascolta.

Credimi, or giungo al fatal punto, in cui

cessa il timor, né il simular piú giova,

ov'io pur mai fatto l'avessi... Io moro:

e non mi uccide Seneca:... tu solo,

tu mi uccidi, o Neron: benché non dato

da te, il velen che mi consuma, è tuo.

Ma il veleno a delitto io non t'ascrivo.

Ciò far tu pria dovevi; da quel punto,

in cui t'increbbi: eri men crudo assai

nell'uccidermi allor, che in darti a donna,

che amarti mai, volendo, nol sapria.

Ma, ti perdono io tutto; a me perdona,

(sol mio delitto) se il piacer ti tolgo,

coll'affrettare il mio morir poch'ore,

d'una intera vendetta. Io ben potea

tutto, o Neron, tranne il mio onor, donarti;

per te soffrir, tranne l'infamia, tutto...

Niun danno a te fia per tornarne, io spero,...

dal... mio morire. Il trono è tuo: tu il godi:

abbiti pace... Intorno al sanguinoso

tuo letto... io giuro... di non mai... venirne

ombra dolente... a disturbar... tuoi... sonni...

Conoscerai frattanto un dí costei. -

Ner.

Piú la conosco, piú l'amo; e piú sempre

d'amarla io giuro.

Seneca

In cor l'ultimo stile

questi detti le piantano: ella spira...

Poppea Vieni; lasciam questa funesta stanza.
Ner.

Andiamo: e sappia or Roma tutta, e il campo,

ch'io costei non uccisi: e in un pur s'oda

il delitto di Seneca, e la morte.

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