Nerone, Ottavia, Seneca.
Ner. |
Chi sei, chi sei, perfida tu, che intera vaneggi Roma al tuo tornare; ed osi gridar tuo nome? Or qui, che fai? che imprendi con questo iniquo traditore? entrambi state in mia possa. Invan la plebe stolta vederti chiede. Ah! se mostrarti io deggio, spero, qual merti, almen mostrarti; estinta. |
Ottav. |
Di me, Neron, come piú il vuoi, disponi. Ma di ogni moto popolar, deh! credi che innocente son io. Nulla (tel giuro) chieggo, né spero, io dalla plebe: e dove nuocerti pur, mal grado mio, potessi, col mio supplizio il non mio error previeni. |
Ner. |
Rea, qual ti sei, pria di punirti, io voglio che ogni uom te sappia. |
Seneca |
Ed ingannar tu speri con sí turpe menzogna il popol tutto? |
Ner. |
Tu pur, tu pure, instigator codardo dei tumulti, che sfuggi; ascoso capo di ribellanti moti; all'ira mia tu pur vendetta un dí sarai; ma, poca. |