Rosmunda, Almachilde, Soldati.
Rosm. |
Giá le festose grida, e l'ondeggianti bandiere al vento, e il militar contegno, tutto mel dice; il vincitor tu sei. |
Almac. |
Salvo, e securo, e vincitor mi vedi; ma, non per mia virtú. Vittoria, e vita, e libertade, e regno, oggi a me tutto dona il solo Ildovaldo. Ei m'era scudo; ei difensor magnanimo: tai prove fea di valore egli per me, che il merto mai pareggiar col guiderdon non posso. |
Rosm. |
S'io ben mi appongo al vero, il tuo bollente sublime cor spinto ti avea lá dove il periglio piú ardeva. Ah! di Rosmunda non rimembravi allor le angosce, i pianti, il palpitare. Del valor tuo troppo quant'io temessi, il sai: pur mi affidava il prometter, che festi anzi la pugna, di non ti esporre incautamente indarno. Io ten pregai; tu mel giuravi: ah! dimmi; che sarei senza te? nulla m'è il trono, nulla il viver, se teco io nol divido. |
Almac. |
Te rimembrava, e l'amor tuo: ma capo dei Longobardi degno, e degno sposo dovea mostrarmi di Rosmunda a un tempo, ferocemente andando a morte incontro. Come ammendar, se non col brando, in campo, quel fatal colpo, che di man mi uscia?... |
Rosm. |
E che? d'avermi vendicata ardisci pentirti?... |
Almac. |
Ah! sí. Non la vendetta, il modo duolmi, ond'io l'ebbi, e mi dorrá pur sempre. Per torre a me tal macchia, erami forza tutto versar, quant'io n'avessi, il sangue. - Ad alta voce io traditor mi udiva nomar da Clefi, e da' suoi prodi; al centro del colpevol mio core rimbombava il meritato, ma insoffribil nome. Nol niego; allor, tranne il mio onor perduto, d'ogni altra cosa immemore, mi scaglio ove si addensan piú le spade, e l'ire: cieco di rabbia disperatamente roto a cerchio il mio brando; ampia lor prova col ferro io do, che traditor vie meno son, che guerriero. - Alto giá giá mi sorge di trucidati e di mal vivi intorno un monte; quando il buon destrier trafitto mi cade; io balzo in piè; ma il piè mal fermo sul suol di sangue lubrico mi sdrucciola, sí ch'io ricado. - Giá l'oste si ammassa, e addosso a me precipitosa piomba. Di sua virtú gli ultimi sforzi indarno iva facendo il mio stanco languente brando: quand'ecco, in men che non balena, con non molti de' suoi, s'apre Ildovaldo fra schiere, ed aste, e grida, e spade, ed urti, infino a me la via. Diradan tosto; a destra a manca in volta piegan; rotti volan dispersi i rei nemici in fuga. Ripreso ardire, i miei gl'incalzan forte; ampia messe han lor brandi; onde l'incerta campal giornata in sanguinoso orrendo total macello in un momento è volta. |
Rosm. |
Respiro al fine: al fin sei salvo: inciampo niun altro io mai temeva al vincer tuo che il valore tuo troppo. Era Ildovaldo giá fra i maggior di questo regno; or fia soltanto a te secondo. |
Almac. |
Esser gli deggio tanto piú grato, quanto a me piú farlo volean sospetto anzi la pugna alcuni invidi vili. Ei d'Alarico i tardi, e forse infidi ajuti, assai ben disse non doversi aspettar: piú val suo brando, che mille ajuti: egli è il mio prode; ei solo la guerra a un tempo, e la giornata ha vinto. Fama, ancor che diversa, orrevol suona, or che in sue man lo stesso Clefi è preso; or che il piagasse a morte; ed è chi 'l dice anco ucciso. Seguir de' fuggitivi l'orme non volli; uso a veder la fronte de' nemici son io: ma d'Ildovaldo l'alto coraggio avrá compiuta appieno la lor sconfitta. In lui mi affido; ei svelta fin da radice ha in questo di tal guerra. |
Rosm. |
Duolmi, che lente d'Alarico l'armi non ebber parte alla vittoria: intera mia fe pur sono io di serbargli astretta: a noi giovare altra fiata ei puote; e, quel ch'è peggio, ei ci può nuocer sempre. Dargli vuolsi Romilda: a lei ne fea io giá l'annunzio. - Il crederesti? ell'osa niegar sua mano ad Alarico. |
Almac. |
Oh! tanto sperar io?... Tanto ella sperare ardisce?.. |
Rosm. |
Sí. - Ma indarno ella il niega: al sol novello le intimai la partita. Il trono pria io perder vo', che mai tradir mia fede. |
Almac. | Ma pur,... pietá della infelice figlia... |
Rosm. |
Pietá?... di lei?... figlia di chi? - Che ascolto?... Dell'uccisor del padre mio la figlia altro esser mai, fuorché infelice, debbe? |
Almac. |
A me non par, che la vittoria lieta da intorbidarsi or sia con víolenti comandi. Ella è, Romilda, unico sangue del Longobardo re: mal fermi ancora sul trono stiamo: in cor ciascun quí serba memoria ancor delle virtú guerriere, della possanza rapida crescente d'Alboín suo legittimo signore. Dietro ai vittoríosi alti suoi passi, d'Italia, quanto il Po ne irriga, e quanto l'Appennin, l'Alpe, e d'Adria il mar ne serra, tutto han predato, e posto in ceppi, od arso. Gran carco a noi, grand'odio, e rei perigli l'uccisíon di sí gran re ne lascia. Stanca or la plebe d'assoluto sire, vessillo alzar di libertade ardiva: lieve a reprimer era: a pro' guerrieri piace un sol capo. Ma del lor gran duce se la figlia oltraggiar veggon le squadre, chi di lor ne risponde? E noi senz'esse, dimmi, che siamo? |
Rosm. |
Nuovo, in ver, del tutto oggi a me giunge, che in affar di regno, da quel ch'io sento altro tu senta. Io lascio l'armi a te; ma di pace entro la reggia l'arti adoprar, chi mel torria? - Deh, vieni d'alcun riposo a ristorarti intanto. Contro le aperte armi nemiche scudo a me tu sei: ma ogni men nobil cura, che a guerrier disconviensi, a me s'aspetta. |