SCENA SECONDA

Almachilde, Romilda, Ildovaldo, Soldati.

Almac. T'arresta.
Romil. Oh ciel!
Ildov. Chi mi ti mena innante?
Romil. Cinto d'armati!...
Almac.

Ove i tuoi passi volgi?

T'arresta. Assai dirti degg'io. Non vengo

ad usarti forza, ancor ch'io 'l possa, a oppormi

vengo alla forza tua. Tu di soppiatto

in armi aduni i tuoi piú fidi in campo:

dimmi; perché? Forse in un giorno istesso

scudo al tuo prence e traditor vuoi farti?

Ildov.

Ch'io ti fui scudo, il taci; altra non feci

macchia al mio onor; nol rimembrar: se nulla

lavarla può, certo il puoi tu, col darmi

la mercé, che mi dai.

Romil.

Perfido, ardisci

venirne in armi al mio cospetto, e fingi

pur moderata voglia?

Almac.

Io, no, non fingo.

Poiché co' detti invan, forza è coll'opre

ch'io ti provi il mio amore.

Ildov. Iniquo...
Romil.

Ed osi

ancora?..

Almac.

Ove il vogliate, udir farovvi

accenti non di re: ma, se il negaste,

mi udreste, a forza. Alla fatal mia fiamma

piú non è tempo or di por modo: invano

io 'l volli; invan voi lo sperate. Ascosi

mezzi adoprar per acquistarti, io sdegno;

ma, ch'altri t'abbia per ascosi mezzi,

nol soffrirò giammai. Tu di rapirla

tenti; di te degno non parmi; imprendi

strada miglior; presto son io, tel giuro,

a non mi far di mia possanza schermo.

Ildov.

E se non fai del mal rapito scettro

al mio furor tu schermo, or di che il fai?

Di nobil cor qual menzognera pompa

osi tu far, quí d'ogni intorno cinto

di satelliti infami?

Almac.

Al fianco io tengo

costoro, è ver, se tu mio egual per ora

farti non vuoi. - Di re corteggio è questo;

ma questo è brando di guerrier; sol meco

resta il brando; costor spariscon tutti

a un mio cenno, se l'osi. Or via: la prova

te n'offro; il piú valente abbia Romilda.

Ildov. Muori tu dunque or di mia mano...
Romil.

I brandi!...

Che fate?... Oh ciel!... Cessa, Ildovaldo; or merta

di venir teco al paragon costui?

Ildov.

Ben parli. A che voll'io, caldo di sdegno,

abbassar me?

Romil.

Non che il suo brando, il guardo

puoi sostener, tu d'Ildovaldo? e s'anco

sorte iniqua pur desse a te la palma,

creder puoi tu, ch'io sarei tua? Non sai,

ch'io piú assai di me stessa amo Ildovaldo,

e che ti abborro piú ancor che non l'amo?

Ildov.

Averla or debbe il piú valente in arme,

o in tradimenti? Parla.

Almac.

E che? mentr'io

mio egual ti fo; mentre a combatter teco

quanto per me tor ti potrei, son presto;

risponder osi ingiuriosi detti

a generoso invito? - A me tu pari

esser non vuoi? dunque nol sei: dunque oggi,

come il maggior suole il minore, io debbo

tua baldanza punir. Da pria per dritta,

per ogni strada io poscia al fin prefisso

venir, se a ciò mi sforzi, in cor m'ho fitto:

a niun patto Romilda a te non cedo.

Io primiero l'amai: l'oltraggio fatto

con la mia destra a lei, può sol mia destra

anco emendarlo: io vendicarla; d'ogni

suo prisco dritto, d'ogni ben perduto

io ristorarla, io 'l posso; e tu nol puoi,

né il può persona.

Romil.

È ver; tu aggiunger puoi,

a perfidia perfidia, e il puoi tu solo.

Va, traditor: non fossi altro che ingrato

alla tua donna tu, troppo anco fora

per farti a me esecrabile. Non curo

morte: che parlo? ad Alarico andarne

vittima certa io vorrei pria; quí schiava

al rio livor della crudel madrigna

in preda sempre anzi starei, che averti

né difensor mio pure.

Ildov.

Ed io vo' dirti,

che a me non festi oltraggio mai piú atroce,

che in voler farmi eguale a te. Non m'hai

giá offeso tu con questo amor tuo stolto.

Sei tu rival ch'io tema, ove l'amore

d'una Rosmunda non contendi? Ed una,

non piú, ve n'ha, ben tua. - Né piú mi offende

in te tua fella ingratitudin: vero

re ti conosco a ciò. - Per qual piú vile

man tu vorrai, fammi su palco infame

scemo del capo rimaner; ma cessa

di chiamarmi a tenzone; in ciò soltanto

mi offendi. Ho forse io di notturno sangue

macchiato il brando mio, sí che al tuo brando

or misurarlo io possa?

Almac.

È troppo: e basti.

Pugnar non vuoi, che della lingua? avermi

rival non vuoi? Re ti sarò. - Soldati,

si disarmi, s'arresti.

Romil. Ah! no...
Ildov.

Vil ferro,

che un tiranno salvasti, a terra vanne.

Inerme io fommi; altri non mai...

Romil.

Fra lacci

il duce vostro? Ahi vili!... Or tu m'ascolta;

sospendi... Io forse... Oh stato orribil!... M'odi...

Ildov.

Che fai? chi preghi? - Io t'amo; al par tu m'ami:

ch'havvi a temer da noi?

Almac.

Su via, si tragga

dal mio cospetto.

Ildov.

Vadasi. Il tuo aspetto

fia la sola mia pena. - Ov'io non deggia

piú vederti, o Romilda, in un l'estremo

addio ti lascio, e il saldo giuramento

d'eterno amore, oltre la morte...

Share on Twitter Share on Facebook