SCENA QUARTA

Ildovaldo, Romilda.

Ildov.

Strascinarla?... Che sento! Ah! pria svenarmi...

Romilda, oh ciel! che a perder t'abbia?...

Romil.

Ah! niuna

speme, dal dí che mi fu morto il padre,

e ch'io mi vidi a tal madrigna in mano,

niun'altra speme entro il mio petto accolsi,

se non di morte.

Ildov. Ma, finch'io respiro...
Romil.

Credi, null'altro a me rimane. Io sono

presta a morir, piú che nol pensi: in core

di vederti una volta ancor bramava;

darti d'amor l'estremo addio...

Ildov.

Deh! taci.

Amata m'ami, e di morir mi parli,

finch'io l'aure respiro, e il brando cingo?

Colma ho ben l'alma di dolor; ma nulla

ancor dispero.

Romil.

E donde mai salvezza

può a me venirne?

Ildov.

E non son io da tanto,

che di man di costor trarti?...

Romil.

Sí, il puoi:

ma che fia poscia? Essi hanno regno; e quindi

stromenti assai d'iniquitá: feroce,

ma accorta è l'ira di Rosmunda a un tempo.

Deluder puossi?... E se in sua man ricaggio?...

Non lusingarti omai: mia fe non posso,

se non morendo, a te serbare: il tuo

brando, il valor, la vita tua riserba

a ferir colpi, onde si acquetin l'ombre,

del mio padre,... e la mia. Vivi; ti lascio

a vendicare un re tradito, un padre,

e la tua fida amante.

Ildov.

Oh ciel! che ascolto?

Il cor mi squarci. Ah!... se tu mai mi lasci...

certo, a vendetta, ed a null'altro io resto.

Ma pure io spero, che vedrai compiuta

cogli occhi tuoi, tu stessa, la vendetta

del mio re, del tuo padre. È ver, non vanto

regal possanza; ma il terror può molto

quí del mio nome: in cor del prode io regno,

e il vil non curo. Io militai giá sotto

le insegne d'Alboín; molti ho de' miei

nel campo in armi; e i Longobardi tutti

in battaglia m'han visto. Ogni uom sospira

d'Alboín la memoria; e tu pur sempre

ne sei l'unica figlia. - E s'anco nulla

di ciò pur fosse; infra costor, che a farti

si apprestan forza, havvene un sol, mel noma,

ch'arda in suo cor di cosí nobil fiamma,

che a me il pareggi? Quanto il può madrigna,

ti abborra pur Rosmunda, assai piú t'amo,

io che solo a un tuo cenno a morte corro;

a riceverla, o darla.

Romil.

Oh senza pari

raro amator!... Ma, ancor che immenso, è poco

il tuo amore a combatter l'efferato

odio di lei.

Ildov.

Non creder ch'io m'acciechi:

di ragion salde io m'avvaloro. Aggiungi

ch'anca Almachilde all'empie nozze opporsi,

come l'udisti, ardisce.

Romil. E in lui che speri?
Ildov.

Dove costretto di abbassarmi all'arte

foss'io pur, per salvarti, in lui non poco

spero. Ben veggo, che la ria consorte

giá rincresciuta gli è. Capace ancora

ei mi par di rimorsi; il timor solo

ch'egli ha di lei, dubbio ondeggiante il rende.

Quant'egli or mal vieta a Rosmunda in detti,

ben posso io far, ch'ei meglio in opre il vieti.

L'ardir suo mezzo con l'ardir mio intero

ben rinfrancar poss'io.

Romil.

Tu mal conosci

Rosmunda. Inciampo alle sue voglie stimi

ch'esser possa la forza? Ad Almachilde

io porsi preghi (e duolmene) perch'egli

per me pregasse. Ahi stolta! Un uom, che vende

la sua fama e se stesso a iniqua moglie:

che all'obbedir suo cieco al par che infame

tutto debbe quant'è, né ad altro il debbe,

mi ajuterá contr'essa?

Ildov.

Anzi che annotti,

o sian preghi, o minacce, o colpi sieno,

faccia il destin ciò che piú vuol; purch'io

te non perda: ma assai del dí ne avanza.

Se in altri io debba, o in me fidar soltanto,

tosto il saprò. Qui riedo a te, fra breve:

se a noi rimedio allor riman sol morte,

morte sará. L'estremo addio, che darmi

or vuoi, ricevo allor; ma dato appena

a me lo avrai, ch'ebro d'amore, e d'ira,

e di vendetta, atro sentier di sangue

aprirmi io giuro... Almen molt'altre morti

cosí dovranno a morte trarmi. Or fia

che di nostra rovina altri mai goda?

Fra il trono e te, Rosmunda sola io veggo.

Romil. E Almachilde?...
Ildov.

Almachilde? oggi il mio brando

vivo il serbò: dov'ei sia ingrato, il mio

brando il può spegner oggi. A me fien norma

il tempo, e il caso. - Intanto, il tornar pronto,

l'eterna fede mia, l'alta vendetta

del tuo trafitto genitor, ti giuro.

Romil.

Toglier dal cor non io ti vo' la speme;

ma in me speme una sola io pur riserbo,

di rivederti: e mi vivrò di quella.

Ch'io viva omai, se tua non sono, invano

lo spereresti. E d'esser tua, qual posso

lusinga farmi?... Al ritornar, ten prego,

non esser tardo.

Ildov.

Il tuo dolor profondo

tremar mi fa. Di viver no, ti chieggo

sol d'indugiar finché il morir sia d'uopo.

Giuralo.

Romil. Il giuro.
Ildov.

Ed io tel credo, e il tutto

volo a disporre, e tosto a te quí riedo.

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