SCENA TERZA

Rosmunda, Almachilde, Romilda, Ildovaldo.

Rosm.

Quí, con costei, tu stai? tu pur, tu presti

a' detti suoi sedizíosi orecchio? -

Giorno è di gioja questo: a che, miei prodi,

giova lo starsi infra gli eterni lai

di questa figlia del dolor?... Donzella,

sospiri tu? perché? pronto a' miei cenni

giá sta Ragauso con regal corteggio,

per guidarti ove trono altro piú illustre

ti aspetta, e lieta marital ventura.

Almac. Ma, d'Alarico...
Rosm.

E che? non degno forse

fia di sua man tal re?

Almac. Sí crudo...
Rosm.

Crudo,

quanto Alboín? Costei di un sangue nasce,

cui mai novella crudeltá non giunge,

qual ch'ella sia.

Ildov. Tai nozze...
Almac. A tutti infauste...
Rosm. Spiaccionti?
Almac. Niega ella il consenso...
Rosm.

E il nieghi:

io v'acconsento.

Romil.

Ch'ei di te sia meno

spietato, duolti?

Rosm.

E a te pietoso il credi?

pietoso a te? ch'osi tu dir? Non sente

di te pietá: mal ti lusinghi...

Ildov.

Io, quanta

sentir sen può, tutta la sento; e il dico;

e il mostrerò, se mi vi sforzi. Un tale

strazio chi può d'una regal donzella

mirar, chi 'l può, senza pietá sentirne?...

Rosm. Pietade ogni uom, tranne Almachilde, n'abbia.
Ildov.

Se ancor memoria dei recenti allori,

ch'oggi a te miete il brando mio, tu serbi,

il mio consiglio udrai. Danno tornarti

può, se Romilda oltraggi.

Almac. E assai gran danno.
Ildov. Saggia sei, se nol fai...
Rosm.

Saggia è Romilda;

e a mia voglia fará. Tu, i tuoi consigli

serba ad altrui. Giá i tuoi servigj vanti?

Che festi? il dover tuo. - Ma tu, consorte,

da me dissenti? e dirmel osi? e deggio

ora innanzi a costei discuter teco

l'alte ragion di stato? Andiam; deh!, vieni:

lasciale or breve a ravvedersi il tempo:

miglior consiglio il suo timor daralle.

Lasciala omai. - Romilda, udisti? o all'alba

muovi buon grado il piede; e orrevol scorta

al fianco avrai, cui fia Ragauso duce;

o l'andar nieghi, e strascinarti ei debbe.

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