SCENA PRIMA

Almachilde, Romilda.

Almac.

...Deh! perdona, s'io forse inopportuno

chiederti osai breve udienza in questo

tuo limitar: ma troppo a me rileva

l'appalesarti quanto in cor diverso

io son per te dalla tua ria madrigna.

Romil.

E il crederò? Deh, se tu ver dicessi!...

Ma che? son io sí misera, ch'io deggia

tener da te cosa del mondo?... Oh dura

mia sorte! il son, pur troppo. - A me di nozze

fa che mai piú non si favelli: io forse

a te dovrò la pace mia.

Almac.

Ben altro

a far per te presto son io, ben altro...

Tu d'Alarico preda, a cui due spose

visto abbiam trucidar, l'una di ferro,

di velen l'altra? Oh ciel! tu, che dovresti

d'ogni virtú, d'ogni gentil costume

essere il premio? e che col sol tuo aspetto

puoi far felice ogni uomo? - Ah! no; non fia

ciò mai, finch'io respiro. Io 'l vieterei,

s'anco pur tu il volessi; indi argomenta

s'io il vo' soffrir, quando inaudita forza

trar vi ti de'. Preghi e ragion, da prima,

minacce usar quindi Rosmunda udrammi;

e fatti poscia. Ove dal rio proposto

ella non pieghi, io la torrò. Piú ardente

di me non hai, no, difensore: o trarre

tu in questa reggia i giorni, o perder debbo

io col regno la vita.

Romil.

Or donde tanto

generoso ver me?..

Almac.

Piú fera pena

non ebbi io mai, che l'odio tuo.

Romil.

Ma, posso

cessare io mai d'odiarti? in suon di sdegno

l'inulto padre?...

Almac.

Oh ciel! non io l'uccisi:

il trucidò Rosmunda.

Romil.

A tutti è noto,

ch'eri sforzato al tradimento orrendo

dalle minacce sue: ma pur la scelta

fra il tuo morire, o al tuo signor dar morte,

ella ti dava. È ver, dell'empia fraude

ignaro tu, contaminato avevi

giá il talamo del re; ma col tuo sangue,

col sangue in un della impudica donna,

tu lavarlo dovevi; ammenda ell'era

al tuo delitto sola: e ammenda osasti

pur farne tu con vie maggior delitto?

Morte, che altrui tu davi, a te spettava:

pur giaci ancora nel tradito letto;

suddito tu, del signor tuo la sposa,

e l'usurpato sanguinoso soglio

tieni tuttora; e di gran cor ti vanti?

e umano parli? e vuoi ch'io 'l creda? e ardisci

sperar, ch'io men ti abborra? - Atre, funeste,

tai rimembranze dalla eterna notte

del silenzio non traggansi: tacerne,

ov'io non t'oda, posso. - Oggi sottrammi

da quest'ultimo eccidio, e a me tu forse

liberator parrai. Ma, se a te penso,

ch'altro mi sei, che l'uccisor del padre?

Almac.

E i rimorsi, e il pentire, e il pianger, nulla

fia che mi vaglia?

Romil.

Ma di ciò qual prendi

pensiero omai? nuocer fors'io ti posso?

L'odio mio, che t'importa? inerme figlia

di spento re, che giova lusingarla?

Almac.

D'uomo è il fallir; ma dal malvagio il buono

scerne il dolor del fallo. In me qual sia

dolor, nol sai; deh, se il sapessi! - Io piango

dal dí, che fatto abitator di queste

mura lugúbri sono, ove ti veggio

sempre immersa nel pianto; eppure a un tempo

dolce nell'ira, e nel dolor modesta,

e nel soffrir magnanima... Qual havvi

sí duro cor, che di pietá non senta

moti per te?

Romil.

La tua pietà? m'è duro

troppo il soffrirla... Ahi lassa me!... Spregiarla

pur non poss'io del tutto.

Almac.

Or, pria che nulla

io di te merti, dimmi: è sol cagione

del non andarne ad Alarico, il nome

ch'egli ha di crudo?

Romil.

E d'Alboín la figlia,

nell'accettar l'ajuto tuo, se stessa

non tradisce abbastanza? anco del core

vuol ch'ella schiuda i sensi a te?

Almac.

V'ha dunque

ragion, che parti da tacermi? Il modo

forse cosí dappien servirti...

Romil.

E s'altra

pur ve n'avesse?... Ma, tu sei... - Che parli? -

Quí, crebbi, e quí, presso al mio padre, tomba

aver mi giova: ecco ragione. Omai

pensier mio solo egli è il morir; ma stimo

quí men cruda la morte: indi vi chieggo

questo, a voi lieve, a me importante dono.

Almac.

Morte? Ah Romilda! io tel ridico, avrai

quí lieta stanza; e piú ti dico: io spero,

che vi godrai d'ogni tuo sacro dritto.

Se il padre no, render ti posso il seggio;

e il debbo, e il voglio; e a non fallaci prove,

qual sia il mio cor farò vederti;... e quanto

profondamente... entro vi porti impressa...

la imagin tua...

Romil.

Che ascolto? Oimè! che sguardi?...

Che dirmi intendi?

Almac.

...Ciò, che omai non posso

tacerti;... ciò, che tu scolpito leggi

sul mio volto tremante... Ardo, è gran tempo,...

d'amor... per te.

Romil.

Misera me! che sento?

che dirmi ardisci? O rio destin, serbata

a un tale oltraggio m'hai?

Almac.

Se l'amor mio

reputi oltraggio, io ben punirmi...

Romil.

Ahi vile!

E di virtú la passion tua iniqua

tu colorire ardivi?

Almac.

Oh ciel!... M'ascolta...

Iniquo amor,... ma non iniqui effetti

vedrai... Per te, tutto farò; ma nulla

chieggio da te.

Romil.

Taci. Tu, lordo ancora

del sangue del mio padre, amor nomarmi?

Amor, tu a me? - Sei di Rosmunda sposo;

e di null'altra degno.

Almac.

Ah! qual non merto

nome esecrando!... Eppur, ch'io t'ami è forza,

irresistibil forza. Io, no, non sorgo

da' piedi tuoi, se pria...

Romil.

Scostati, taci,

esci... Ma, vien chi spegnerá tal fiamma.

Almac. Chi veggo?

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