SCENA SECONDA

Rosmunda, Almachilde, Romilda.

Rosm.

Me, perfido, vedi. - Infami,

vili ambo voi del pari: aver certezza

de' tradimenti vostri, a me fia il peggio;

ma sola il danno io non n'avrò. Le vostre

inique trame a romper vengo. - Ingrato,

tal mi rendi mercede? - E tu, con finta

virtude...

Romil.

A lui tutti riserba i nomi,

che a lui si aspettan solo: ei solo è il vile;

ei traditore, ei menzognero infido,

ei ti mantien fede qual merti; quella,

che a malvagio attener malvagio debbe.

Non son io l'empia; egli ad udir suoi detti

empio mi trasse or con inganno...

Almac.

Io voglio,

poiché tu il sai, tutto accertarti io stesso.

Amo, adoro Romilda; e non è fiamma,

ond'io deggia arrossirne. In te ricerca,

e trova in te, la rea cagion, per cui

non hai, qual tel pretendi, l'amor mio.

Io, non nato a' delitti, amar potea

chi mi vi trasse, io mai? Distanza corre,

fra Rosmunda e Romilda, immensa; e il senti.

Amo Romilda, e i traditori abborro.

Ove possa tua fera ira superba

trarmi, giá il so; nota a me sei, pur troppo!

Deh, potess'io cosí, come ho trafitto

il padre a lei, morir pur io! potessi

placar, spirando, di Romilda il giusto

sdegno! Deh mai non ti foss'io marito!

Ch'io regicida, e traditor non fora;

e all'amor mio Romilda il cor sí chiuso

or non avrebbe.

Romil.

Io? ti odierei pur anco

non uccisor del padre mio, non cinto

della mal tolta sua corona, e a cruda

madrigna non marito. Altro, ben altro

merto vuolsi, che il tuo, ben altro core,

a farmi udir d'amor: quanto esecrando

a me ti rende il trucidato padre,

tanto, e piú, ti fa vile agli occhi miei,

qual ch'ella sia, la tua tradita moglie.

Tu per lei primo hai tra gl'infami il seggio;

per lei famoso; a lei di nodo eterno

stringer ti dee quel sangue che versasti,

e il comune misfatto. Io mai non soffro,

né in mio pro, tradimenti; non ch'io soffra

il traditore. Altro piú nobil foco,

ond'io nel volto non arrossi, ho in petto.

Presta a morir, non a cessar, no mai,

son io d'amare...

Almac. Ami?
Romil. Ildovaldo.
Almac.

Ah! questo,

è questo il colpo, che davver mi uccide.

Rosm. Vero parli, o menzogna? ami Ildovaldo?
Romil.

D'amore io l'amo, quale a voi non cape,

non che in core, in pensiero: alcun rimorso

noi non flagella di comun delitto;

schiette nostr'alme, in meglio amarsi han gara

fra lor, non altra. A lui miei tristi giorni,

questi, ch'io mal sopravvissuti ho forse

all'ucciso mio padre, a lui li serbo:

a me sua vita, e l'alta fama, e il brando,

l'invincibil suo brando, egli a me serba.

Ma, dove pur sia il nostro viver vano;

dove ogni scampo, ogni vendetta tolta

ne venga; allor meno infelici sempre

sarem di voi. Morte n'è scampo; e invitta

l'avrem, che al vil mai non soggiace il prode;

lieta l'avrem, poiché fra noi divisa,

di pentimenti, e di rampogne scevra,

e di rimorsi, e di timore; in somma

morte avrem noi piú mille volte dolce,

che la tremante orribil vita vostra.

Rosm. Basta. Esci. Va. - Saprai tua sorte in breve.

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