SCENA III.

Saul e Gionata.

SAUL

... Gionata, m'ami?..

GIONATA

Oh padre!... Io t'amo; ma ad un tempo io cara

Tengo la gloria tua; quindi, ai non giusti

Impeti tuoi, qual figlio opporsi il puote,

Io mi oppongo talvolta.

SAUL

Al padre il braccio

Spesso rattieni tu; ma, quel mio ferro,

Che ad altri in petto immerger non mi lasci,

Nel tuo petto il ritorci. Or serba, serba

Codesto David vivo; in breve ei fia...

Voce non odi entro il tuo cor, che grida:

«David fia 'l re.» – David? Fia spento innanzi.

GIONATA

E nel tuo core, in più terribil voce,

Dio non ti grida? «Il mio diletto è David:

«L'uom del Signore egli è.» Tal nol palesa

Ogni atto suo? La fera invida rabbia

D'Abner, non fassi al suo cospetto muta?

Tu stesso, allor che in te rientri, al solo

Apparir suo, non vedi i tuoi sospetti

Sparir, qual nebbia del pianeta al raggio?

E quando in te maligno spirto riede,

Credi tu allor, ch'io tel rattenga, il braccio?

Dio tel rattiene. Il mal brandito ferro

Gli appunteresti al petto appena, e tosto

Forza ti fora il ritrarlo: cadresti

Tu stesso in pianto a' piedi suoi; tu padre,

Pentito, sì: ch'empio, nol sei...

SAUL

Pur troppo,

Vero tu parli. Inesplicabil cosa

Questo David per me. Non pria veduto

Io l'ebbi in Ela, che a' miei sguardi ei piacque,

Ma al cor non mai. Quando ad amarlo io presso

Quasi sarei, feroce sdegno piomba

In mezzo, e men divide: il voglio appena

Spento, s'io il veggo, e mi disarma, e colma

Di maraviglia tanta, ch'io divento

Al suo cospetto un nulla... Ah! questa al certo,

Vendetta è questa della man sovrana.

Or comincio a conoscerti, o tremenda

Mano... Ma che? Donde cagione io cerco?...

Dio, non l'offesi io mai: vendetta è questa

De' sacerdoti. Egli è stromento David

Sacerdotale, iniquo: in Rama ei vide

Samuël moribondo; a lui gli estremi

Detti parlava l'implacabil veglio.

Chi sa, chi sa, se il sacro olio celeste,

Ond'ei mia fronte unse già pria, versato

Non ha il fellon su la nemica testa?

Forse tu il sai... Parla... Ah! sì, il sai: favella.

GIONATA

Padre, nol so: ma, se pur fosse, io forse

Al par di te di ciò tenermi offeso

Or non dovrei? Non ti son figlio io primo?

Ove tu giaccia co' tuoi padri, il trono

Non destini tu a me? S'io dunque taccio,

Chi può farne querela? Assai mi avanza

In coraggio, in virtude, in senno, in tutto,

David: quant'ei più val, tanto io più l'amo.

Or, se chi dona e toglie i regni, il desse

A David mai, prova maggior qual altra

Poss'io bramarne? Ei più di me n'è degno:

E condottier de' figli suoi lo appella

Ad alte cose Iddio. – Ma intanto, io giuro,

Che a te suddito fido egli era sempre,

E leal figlio. Or l'avvenir concedi

A Dio, cui spetta: ed il tuo cor frattanto

Contro Dio, contro il ver, deh! non s'induri.

Se in Samuël non favellava un Nume,

Come, con semplice atto, infermo un veglio,

Già del sepolcro a mezzo, oprar potea

Tanto per David mai? Quel misto ignoto

D'odio e rispetto, che per David senti;

Quel palpitar della battaglia al nome,

(Timor da te non conosciuto in pria)

Donde ti vien, Saulle? Havvi possanza

D'uom, che a ciò basti?...

SAUL

Oh! che favelli? Figlio

Di Saùl tu? – Nulla a te cal del trono? –

Ma, il crudel dritto di chi 'l tien, nol sai?

Spenta mia casa, e da radice svelta

Fia da colui, che usurperà il mio scettro.

I tuoi fratelli, i figli tuoi, tu stesso...

Non rimarrà della mia stirpe nullo...

O ria di regno insazïabil sete,

Che non fai tu? Per aver regno, uccide

Il fratello il fratel; la madre i figli;

La consorte il marito; il figlio il padre...

Seggio è di sangue, e d'empietade, il trono.

GIONATA

Scudo havvi d'uom contro al celeste brando?

Non le minacce, i preghi allentar ponno

L'ira di Dio terribil, che il superbo

Rompe, e su l'umil lieve lieve passa.

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