SCENA IV.

Saul, Gionata, Abner, Achimelech e Soldati.

ABNER

Re, s'io ti torno innante, anzi che rivi

Scorran per me dell'inimico sangue,

Alta cagione a ciò mi sforza. Il prode

Davidde, il forte, in cui vittoria è posta,

Non è chi il trovi. Un'ora manca appena

Alla prefissa pugna: odi, frementi

D'impazïente ardore, i guerrier l'aure

Empier di strida; e rimbombar la terra

Al flagellar della ferrata zampa

De' focosi destrieri: urli, nitriti,

Sfolgoreggiar d'elmi e di brandi, e tuoni

Da metter core in qual più sia codardo;...

David, chi 'l vede? – Ei non si trova. – Or, mira,

(Soccorso in ver del ciel!) mira chi in campo

In sua vece si sta. Costui, che in molle

Candido lin sacerdotal si avvolge,

Furtivo in campo, ai Benjamiti accanto,

Si appiattava tremante. Eccolo; n'odi

L'alta cagion, che a tal periglio il guida.

ACHIMELECH

Cagion dirò s'ira di re nol vieta...

SAUL

Ira di re? Tu dunque, empio, la merti?...

Ma, chi se' tu?... Conoscerti ben parmi.

Del fantastico altero gregge sei

De' veggenti di Rama?

ACHIMELECH

Io vesto l'Efod:

Io, dei Leviti primo, ad Aròn santo,

Nel ministero a che il Signor lo elesse,

Dopo lungo ordin d'altri venerandi

Sacerdoti, succedo. All'arca presso,

In Nobbe, io sto: l'arca del patto sacra,

Stava anch'eIla altre volte al campo in mezzo:

Troppo or fia, se vi appare, anco di furto,

Il ministro di Dio: straniera merce

È il sacerdote, ove Saulle impera:

Pur non l'è, no, dove Israël combatte;

Se in Dio si vince, come ognor si vinse. –

Me non conosci tu? Qual maraviglia?

E te stesso conosci? – I passi tuoi

Ritorti hai dal sentier, che al Signor mena;

Ed io là sto, nel tabernacol, dove

Stanza ha il gran Dio; là dove, è già gran tempo,

Più Saùl non si vede. Il nome io porto

D'Achimelech.

SAUL

Un traditor mi suona

Tal nome; or ti ravviso. In punto giungi

Al mio cospetto. Or di', non sei tu quegli,

Che all'espulso Davidde asilo davi,

E securtade, e nutrimento, e scampo,

Ed armi? E ancor, qual arme! Il sacro brando

Del Filisteo, che appeso in voto a Dio

Stava allo stesso tabernacol, donde

Tu lo spiccavi con profana destra.

E tu il cingevi al perfido nemico

Del tuo signor, del sol tuo re? – Tu vieni,

Fellone, in campo a' tradimenti or vieni:

Qual dubbio v'ha?...

ACHIMELECH

Certo, a tradirti io vengo;

Poichè vittoria ad implorare io vengo

All'armi tue da Dio, che a te la niega.

Son io, sì, son quei che benigna mano

A un Davidde prestai. Ma chi è quel David?

Della figlia del re non egli è sposo?

Non il più prode infra i campioni suoi?

Non il più bello, il più umano, il più giusto

De' figli d'Israël? Non egli, in guerra,

Tua forza e ardire? Entro la reggia, in pace,

Non ei, col canto, del tuo cor signore?

Di donzelle l'amor, del popol gioja,

Dei nemici terror; tale era quegli,

Ch'io scampava. E tu stesso, agli onor primi,

Di', noi tornavi or dianzi? E nol sceglievi

A guidar la battaglia? A ricondurti

Vittoria in campo? A disgombrar temenza

Della rotta, che in cor ti ha posta Iddio? –

Se danni me, te stesso danni a un tempo.

SAUL

Or, donde in voi, donde pietade? In voi,

Sacerdoti crudeli, empj, assetati

Di sangue sempre. A Samuël parea

Grave delitto il non aver io spento

L'Amalechita re, coll'armi in mano

Preso in battaglia; un alto re, guerriero

Di generosa indole ardita, e largo

Del proprio sangue a pro del popol suo. –

Misero re! Tratto a me innanzi, in duri

Ceppi ei venia: serbava, ancor che vinto,

Nobil fierezza, che insultar non era,

Nè un chieder pur mercè. Reo di coraggio

Parve egli al fero Samuël: tre volte

Con la sua man sacerdotale il ferro

Nel petto inerme ei gl'immergea. – Son queste,

Queste son, vili, le battaglie vostre.

Ma, contro il proprio re chi la superba

Fronte innalzar si attenta, in voi sostegno

Trova, e scudo, ed asilo. Ogni altra cura,

Che dell'altare, a cor vi sta. Chi sete,

Chi sete voi? Stirpe malnata, e cruda,

Che dei perigli nostri all'ombra ride;

Che in lino imbelle avvoltolati, ardite

Soverchiar noi sotto l'acciar sudanti:

Noi, che fra il sangue, il terrore, e la morte,

Per le spose, pe' figli, e per voi stessi,

Meniam penosi orridi giorni ognora.

Codardi, or voi, men che ozïose donne,

Con verga vil, con studïati carmi,

Frenar vorreste e i brandi nostri, e noi?

ACHIMELECH

E tu, che sei? Re della terra sei:

Ma, innanzi a Dio, chi re? – Saùl rientra

In te; non sei, che coronata polve. –

Io, per me, nulla son; ma fulmin sono,

Turbo, tempesta io son, se in me Dio scende:

Quel gran Dio, che ti fea; che l'occhio appena

Ti posa su; dov'è Saùl? – Le parti

D'Agàg mal prendi; e nella via d'empiezza

Mal tu ne segui i passi. A un re perverso

Gastigo v'ha, fuor che il nemico brando?

E un brando fere, che il Signor nol voglia?

Le sue vendette Iddio nel marmo scrive;

E le commette al Filisteo non meno,

Che ad lsraël. – Trema, Saùl: già in alto,

In negra nube, sovr'ali di fuoco

Veggio librarsi il fero angel di morte:

Già, d'una man disnuda ei la rovente

Spada ultrice; dell'altra, il crin canuto

Ei già ti afferra della iniqua testa:

Trema, Saùl. – Ve' chi a morir ti spinge:

Costui, quest'Abner, di Satàn fratello;

Questi, che il vecchio cor t'apre a' sospetti;

Che, di sovran guerrier, men che fanciullo

Ti fa. Tu, folle, or di tua casa il vero

Saldo sostegno rimovendo vai.

Dov'è la casa di Saùl? Nell'onda

Fondata ei l'ha; già già crolla; già cade;

Già in cener torna: è nulla già. –

SAUL

Profeta

De' danni miei, tu pur de' tuoi nol fosti.

Visto non hai, pria di venirne in campo,

Che qui morresti: io tel predico; e il faccia

Abner seguire. – Abner, mio fido, or vanne;

Ogni ordin cangia dell'iniquo David;

Chè un tradimento ogni ordin suo nasconde.

Doman si pugni, al sol nascente; il puro

Astro esser de' mio testimon dl guerra.

Pensier maligno, io 'l veggio, era di David,

Scegliere il sol cadente a dar nell'oste,

Quasi indicando il cadente mio braccio:

Ma, si vedrà. – Rinvigorir mi sento

Da tue minacce ogni guerrier mio spirto;

Son io 'l duce domane; intero il giorno,

Al gran macello ch'io farò, fia poco. –

Abner, costui dal mio cospetto or tosto

Traggi, e si uccida...

GIONATA

Oh ciel! padre, che fai?

Padre...

SAUL

Taci. – Ei si sveni; e il vil suo sangue

Su' Filistei ricada.

ABNER

È già con esso

Morte...

SAUL

Ma, è poco a mia vendetta ei solo.

Manda in Nob l'ira mia, che armenti, e servi,

Madri, case, fanciulli uccida, incenda,

Distrugga, e tutta l'empia stirpe al vento

Disperda. Omai, tuoi sacerdoti a dritto

Dir ben potranno: «Evvi un Saùl.» Mia destra,

Da voi sì spesso provocata al sangue,

Non percoteavi mai: quindi sol, quindi,

Lo scherno d'essa.

ACHIMELECH

A me il morir da giusto

Niun re può tôrre: onde il morir mi fia

Dolce non men, che glorïoso. Il vostro,

Già da gran tempo, irrevocabilmente

Dio l'ha fermato: Abner, e tu, di spada,

Ambo vilmente; e non di ostile spada,

Non in battaglia. – Or vadasi. – D'Iddio

Parlate all'empio ho l'ultime parole,

E sordo ei fu: compiuto egli è il mio incarco:

Ben ho spesa la vita.

SAUL

Or via, si tragga

A morte tosto; a cruda morte, e lunga.

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