Guerre più memorande avvenute nel Tirolo. Epilogo delle prodezze dei tirolesi pria del 1809. Pace di Presburgo. Cambiamento di governo. Lamenti dei tirolesi contro il bavaro reggimento, per cui nel 1809 levansi in armi all’occasione della guerra insorta fra l’Austria e la Francia.
Io intendo di memorare i fatti più maravigliosi della nazione tirolese, aventi una stretta connessione colla guerra riaccesa fra l’Austria e la Francia nell’anno 1809, che fra le molte per entro quel volger d’anni guerreggiate, fu incontrastabilmente pel Tirolo la più fatale e terribile, ma non meno per la nazione gloriosa. Laonde s’io verrò funestando l’animo dei leggitori col minuto racconto di quelle stragi, che noi stessi vedemmo, delle uccisioni, delle barbarie, degl’incendj, dei saccheggiamenti commessi nell’infelice provincia, rifulgerà d’altro canto viemmaggiormente il valore dei Tirolesi, che in tale occasione si meritarono l’ammirazione dell’universale, e ricordanza la più distinta nell’istoria dei tempi nostri.
Sino dall’anno 1363 vivevano i Tirolesi, per cessione della contessa Margherita, ultimo rampollo dell’originaria principesca Contea, sotto il governo della Casa d’Austria. In tempo di pace godevano essi della sua paterna reggenza, e in occasione di guerra, ossia all’approssimarsi il pericolo d’una nemica invasione, abbandonavano i lor focolari, ed intrepidi accorrevano all’armi pel Principe, e per la patria.
Il Tirolo per la topografica sua situazione, gagliardissimo antemurale dell’Italia e della Germania, divenne sin dalle guerre combattute in Italia da Massimiliano I, e da Carlo V, un agguerritissimo campo militare, e la base delle più importanti operazioni. Nella guerra dei Trent’anni rimasero in Tirolo conquisi i raggiri di Rohan, macchinati nei paesi dei Grigioni contro la Casa d’Absburg. L’unione delle corti di Vienna e di Madrid, avvenuta pel maritaggio dell’unico figlio dell’Imperatore Massimiliano colla figlia di Ferdinando I, divenne potente in grazia del Tirolo. Camminando per questa provincia le truppe spagnuole decisero della vittoria di Nordlingen, e della pace ridonata all’Impero: tempo in cui i tirolesi stettero diciott’anni sull’armi, formando sulle alture delle Alpi, dal lago di Costanza fino al Salisburghese, una guardia impenetrabile al furore degli ardenti abitatori della Valtellina.
Il maraviglioso passaggio per le credute impraticabili giogaje dell’Hochgebir, dalla storia meritamente paragonato a quello che Annibale fece per l’Alpi, fu inspirato dall’esempio de’ 4000 tirolesi, che combattendo nell’anno 1499 contro i Grigioni, perdettero la vita nella battaglia di Glurns, sul di cui campo l’Imperatore Massimiliano encomiò il fermo valore degli estinti al cospetto di tutto l’esercito, che dovea seguirlo nel malagevole cammino, ordinando ad un’ora che fosse lor data orrevole sepoltura. Ai tirolesi ascriver dovettero i Padri del sacrosanto Concilio di Trento la liberazione dal forte timore, che ad essi ed ai principi collegati incussero i furibondi seguaci di Lutero, allora quando s’erano impadroniti di Fussen e delle strette della Chiusa, per serrare il passo alle truppe pontificie, piemontesi e spagnuole, che andavano a raggiungere l’esercito della Lega, che Carlo V stava raggranellando in Landshut, per difendere la libertà civile, e la purezza della dottrina di Gesù Cristo, dopo la quale liberazione quei venerandi prelati, che s’erano già in gran parte allontanati dalla sedia del concilio, ritornarono con animo tranquillo a continuare le sospese loro lucubrazioni.
Al valore della nazione tirolese va principalmente attribuita la ritirata dei bavari e dei francesi, che nell’anno 1703, mentre bolliva la famosa guerra per la successione alla monarchia di Spagna, erano penetrati fra i monti del Tirolo, e in sulla destra sponda dell’Adige nel territorio trentino, sotto la condotta, questi del generale francese duca di Vandomo, e quelli del duca di Baviera che tenea co’ francesi.
La grave oppressione di Maria Teresa fu vendicata dai tirolesi negli anni 1742 al 1744 nel centro della Baviera, porgendo soccorso agli austriaci soverchiati.
I quadri poi tanto dolorosi ed orribili delle belliche vicende avvenute in questa provincia dal 1796 sino al 1801, ben figurano al vivo le terribili conseguenze delle guerre partorite dalla rivoluzione francese, e l’efficace sostegno prestato dai tirolesi nel liberare la maggior parte del paese dalle nemiche armate, e nell’impedire la pericolosa loro congiunzione. Le 5400 medaglie d’onore, che il cuore riconoscente dell’Imperatore Francesco ha fatte solennemente distribuire nel giugno del 1798 a tutti quei tirolesi che nell’accennata difesa si distinsero, le 1250 pensioni da lui assegnate negli anni 1801 e 1802 ai molti difensori feriti, e alle vedove, ai genitori ed a’ figliuoli di quelli che perdettero la vita nelle battaglie, o che morirono pei disagi della guerra; e la di lui sovrana patente dei 10 ottobre 1805, con cui venivano annunziate al Tirolo le cause che costringevano l’Austria a riarmarsi a novella lotta contro la Francia, e con cui ordinava la leva a norma delle leggi fondamentali degli anni 1511 e 1802, formeranno un eterno monumento della virile prodezza degli abitanti del Tirolo, e della fiducia, soddisfazione e gratitudine sentita dall’austriaco monarca alle luculentissime prove dell’incorruttibile fedeltà e dell’irremovibile loro attaccamento.
Ma in quest’ ultima guerra le cose presero ben altra piega, e il coraggio del popolo tirolese non fu atto abbastanza per sostenere, come in addietro, la Casa d’Austria nella di lei intrapresa. Insegna la storia, che col volgere e mutare dei tempi compariscono in sulla scena del mondo uomini singolarissimi, che, sia per sublimità di talenti, sia per sommo valore, sia per concorso di fortunati accidenti, e meglio per un’imperscrutabile disposizione della divina provvidenza, giungono a sì eminente grado, che, a guisa d’impetuosi torrenti, si rendono insuperabili ad ogni ritegno, e superiori ad ogni contropposta difesa. Fra questi è senza dubbio da annoverarsi Napoleone Bonaparte, la cui vita dall’anno 1796 sino al 1812 è stata un continuo successo di vittorie e di conquiste.
Non s’era appena nell’ottobre del 1805 riacceso il fuoco della guerra, che questo nuovo conquistatore avea superati in poche battaglie tutti gli sforzi e i bellici apparecchi dell’Austria, e prostrate in sul più bello le di lei speranze: già le austriache falangi si ritiravano dalla Baviera e dall’Italia; già le truppe napoleoniche invadevano il Tirolo, lo Stato Veneto, la Stiria, la Carintia, la Carniola, l’alta e bassa Austria, e una parte della Boemia e dell’Ungheria, e già le parti guerreggianti si affacciavano col grosso delle loro forze nelle pianure della Moravia, e nel campo d’Austerlitz si rassettavano per menare il gran colpo che decidere doveva le sorti della Germania, anzi dell’Europa. Spuntava il 2 dicembre, giorno anniversario dell’incoronazione di Napoleone, ed al cospetto di tre sovrani veniva combattuta quella feroce e sanguinosa battaglia, e l’eroe della Francia degli austro-russi trionfò. Ventimila prigionieri, quindici mila morti, quaranta bandiere, dugento cannoni, quattrocento carri d’artiglieria, tutto il bagaglio e gran numero di cavalli coronarono la vittoria ed i trionfi di quella grande giornata. I monti spaventosi dei cadaveri, i feriti gementi a migliaja, svegliarono tanta compassione nell’animo di Francesco, che ben presto determinò d’abboccarsi su quel campo di umana miseria con Napoleone; abboccamento che fu il preludio della pace conchiusa poscia a Presburgo il dì 26 di quel mese stesso, ed in virtù dei trattati veniva il Tirolo disgiunto dall’Austria, ed aggregato alla Baviera. Per questa separazione sentiva il Tirolo un estremo dolore; nè meno sensibile essa tornava all’animo dell’Imperatore Francesco, che a dimostrare l’amarezza di vedersi staccare dalla sua monarchia un paese, che considerava la chiave della Germania e dell’Italia, ed una popolazione mai sempre cara al suo cuore, così scriveva al governatore della tirolese provincia:
«Mio caro conte Brandis,
«Ho ricevuta la rimostranza de’ miei fedeli Tirolesi dei 14 corrente, su di cui significherà loro quanto segue:
«Arrivò per me il doloroso momento, nel quale, per l’imperiosità delle circostanze, mi trovo nella necessità di rinunziare al Dominio del Tirolo.
«Quanto costi al paterno mio cuore questo sacrifizio, lascio giudicare ai miei cari Tirolesi. Su di ciò non fo altre parole, perchè non servirebbero che a riaprire la profonda piaga, che mi rode, vedendomi allontanato da sì cari e fedeli sudditi.
«Le moltiplici prove di fedeltà ed attaccamento, ch’ebbi durante la mia Reggenza dal Tirolo, mi resteranno mai sempre scolpite nel cuore. Sono bensì consapevole di aver procurato il bene di quel paese, per quanto mi era possibile, e se non fui in grado di allontanargli colla mia potenza le fatalità toccategli, ho almeno la consolazione di aver adempiuti colla mia mediazione i desiderj degli Stati del Tirolo, procurando l’integrità di questo paese, e l’intatta Costituzione del medesimo. L’ottavo articolo del Trattato di pace acquieterà su di ciò pienamente gli Stati.
«Questi miei sentimenti riporterà Ella agli Stati medesimi con egual ardore, come io li sento in cuore, ed avrà inoltre cura particolare, affinchè la consegna dell’intiero Tirolo al Re di Baviera venga precisamente eseguita entro il termine fissato nei Trattati, e che tutti quegli effetti, li quali non sono di proprietà del Paese, ma del mio Erario, vengano, in forza de’ predetti Trattati, a me rispediti, o, qualora sembrasse più vantaggioso, consegnati al successore contro qualche cambio, oppure oppignoramento da propormisi.
«Se fra gl’Impiegati vi fosse alcuno che desiderasse continuare ulteriormente a me il suo servigio, e se specialmente ve ne fossero di quelli fregiati di maggiori cariche, io gli accetterò ben volentieri, ed avrò cura di nuovamente impiegarli al primo incontro.
«Seguita la consegna del Paese, attendo relazione.
«Hollisch, 29 dicembre 1805.
«FRANCESCO.»
Frattanto arrivava in Innsbruck, il dì 6 febbraio del 1806, Carlo conte d’Arco, Ciamberlano e Consigliere intimo del Re di Baviera; ed agli 11 dello stesso prendeva il civile possesso del Tirolo in nome del suo signore; e il dì 18 susseguente veniva pubblicata in tutta la provincia, a squillo delle trombe, la patente con cui Massimiliano Giuseppe annunziava ai novelli sudditi la loro aggregazione alle altre provincie del regno. Avvezzi i tirolesi a vivere, per la lunghezza di quasi cinque secoli, sotto il dominio dell’Austria, non potevano adattarsi, nè conformarsi tampoco in sulle prime al nuovo ordine di cose; la fiducia tuttavia, che la loro costituzione dovea essere conservata nella sua integrità, conforme l’articolo ottavo del trattato di pace, mesceva qualche dolce all’amaro, e qualche consolazione alla creduta disgrazia. Il sistema oltracciò dalla bavara reggenza introdotto in sul principiare del 1807 gli andava persuadendo che, quanto al privato interesse, e a quello della patria, non eravi sotto il novello reggimento grande difformità dal tempo della dominazione austriaca, e perciò cominciavano in alcune parti della provincia a tenersi paghi al cambiamento omai inevitabile, e a dimostrarsi eziandio alquanto affezionati al nuovo Principe, che ognor più guadagnava la loro benevolenza coi paterni sentimenti che avea già in sulle prime manifestati al presentatoglisi Deputato degli Stati provinciali, de Carneri, col seguente rescritto:
NOI MASSIMILIANO GIUSEPPE
Re di Baviera, ecc., ecc., ecc.
«Abbiamo aggradita in singolar modo la vostra Rappresentanza degli 11 corrente. Vi fa onore la vostra nobile schiettezza, colla quale encomiate e dichiarate di aver amato il vostro anteriore Sovrano, ed appunto con questo Ci stimiamo doppiamente felici, che la Provvidenza divina abbia a Noi affidato ora il dominio d’un popolo cotanto fedele.
«Tosto che questa Nazione sarà formalmente passata sotto il Nostro scettro, Ci lusinghiamo di guadagnare da lei eguale confidenza, fedeltà ed attaccamento, ed in tale fiducia le diamo anticipatamente la consolante assicurazione di mantenerle intatta la sua costituzione, i privilegi, le libertà ed osservanze, e che in ogni tempo avremo singolarissima cura di procurarle il maggior possibile grado di bene, e promettiamo in appresso, che avremo sempre particolar riguardo ai desideri costituzionali della fedele provincia.
«Ci stimiamo fortunati, che Sua Maestà l’Imperatore de’ Francesi ci abbia aperta col regalo fattoci dell’intiera contribuzione la via di dare già all’introito della nostra Reggenza una luminosa prova della nostra benevolenza e delle paterne nostre intenzioni; e di queste sarete voi in seguito il mio organo presso gli Stati, e presso li sudditi.
«Vi assicuriamo della Nostra Reale Grazia.
«Monaco, li 14 gennajo 1806.
«MASSIMILIANO GIUSEPPE»
«B. de Mongelas.»
Così camminavano le cose, allorchè sul finire del 1808 e ne’ primi mesi del 1809, il re di Baviera ordinava la soppressione degli Stati provinciali, spogliava la nobiltà dei suoi privilegi, e in parte anche de’ suoi giudizi feudali, introduceva la legge rigorosa della coscrizione militare alla foggia francese ed italiana, un regolamento negli affari ecclesiastici, e nuovi balzelli ed altre innovazioni malvedute da’ sudditi; disposizioni tutte che sparsero ben presto nella provincia i semi d’un generale malcontento.
L’Austria era per combinazione a questo tempo oltremodo sdegnata contro la Francia. Il giorno 27 marzo 1809 essa pubblicava un manifesto per chiarire al mondo i gravissimi motivi che giustificavano i suoi lamenti. Querelavasi che gli articoli del trattato conchiuso a Presburgo non venivano in ogni lor parte adempiuti. Querelavasi del chiudimento, voluto da Napoleone, dei porti dell’Adriatico ai vascelli russi ed inglesi, col massimo pregiudizio del marittimo suo commercio, e del blocco di tutti i porti del continente dallo stesso ordinato in odio dell’Inghilterra, da cui ridondava grandissimo danno a tutto l’importante commercio continentale, veggendo l’Austria già omai inaridite le sorgenti della prosperità d’una interessantissima porzione de’ suoi Stati. Querelavasi della convenzione stipulata a Parigi il 12 luglio 1806 coi Principi della Confederazione del Reno, col qual atto venne annichilato un grande impero, che avea resistito alle rivoluzioni di dieci secoli, e tolto a Francesco il titolo d’Imperatore de’ Romani, che n’era il legittimo capo, estendendo invece le attribuzioni della germanica corona a Napoleone per la conferitagli dignità di Protettore della Confederazione renana. Querelavasi della soverchia potenza che Napoleone con deliberato intendimento allargava ognor più nell’Europa, creando novelli principi e novelli regnanti; e finalmente delle truppe napoleoniche rimaste nelle stanze di Germania, e intorno alla sua monarchia ne’ punti più essenziali alla difesa. Per queste ed altre querele l’Imperatore Francesco, che fra le algenti aure della pace sentiva rombare l’orribile strepito delle armi napoleoniche, s’occupava in accrescere i suoi eserciti per respingere una tempesta, che, secondo le politiche sue vedute, era in procinto di prorompere più furiosa, e notificava a’ suoi popoli dover egli, per l’onore del trono, e per la conservazione de’ suoi Stati, anteporre tali misure alle pacifiche sue intenzioni pel bramato riposo, che costavagli immensi sacrifici. Fatti pertanto i tirolesi baldanzosi da questi formidabili apparecchi di guerra dell’ancor amata Casa d’Austria, dai quali non senza qualche fondamento speravano la loro liberazione, ed irritati vieppiù dalle ultime determinazioni del bavaro governo, che ognor più vacillante e cadente rendeva l’antica loro costituzione, non aspettarono neppure che gli austriaci eserciti entrassero nel Tirolo, ch’eglino si levarono in arme per iscacciare le bavare truppe, e riscuotersi dalla bavara signoria. All’inopinata rivolta il bavaro governo prescelse da prima di ricondurre i sommovitori alla tranquillità col consiglio e con ragionate dimostrazioni intorno alle leggi pubblicate di recente, minacciando ad un tempo i renitenti. Ma ormai tutte le esortazioni, tutte le intimazioni tornavano senza frutto; l’avvicinamento delle austriache falangi, gl’incentivi che segretamente si dilatavano nella provincia, la voce di una guerra imminente, l’improvvido fanatismo degli assai sconsigliati e bigotti, che paese paese piagnucolando fra i zoticoni, persuadeva d’armare per la libertà della patria e pel trionfo della religione le mani di ferro, anzichè tergere con esse il pianto dagli occhi; erano mantici all’impresa de’ tirolesi, che riscaldarono tanto gli spiriti da renderli irremovibili a qualunque consiglio, e indifferenti ad ogni minaccia. Il bavaro si mise alla fine in sull’armi, e da tutte parti facendo entrar truppe e artiglierie si accingeva a repellere la forza colla forza. Il gravissimo pericolo metteva non poco terrore nelle genti, ed in ispecie negli uomini savj, che silenziosi stavano in somma apprensione di quanto potesse succedere in pregiudizio del comune riposo, e della cara e pericolante lor patria.