I tributarii

Questa è la bella foce

che oggi ha il color del miele,

sí lene che l’Amore

te l’accosta alle labbra

come una tazza colma.

Lodata io l’ho con arte.

Ma quante acque in quest’acqua,

ma quante acque correnti,

quanta forza rapace,

o Fluviale, in questa tarda pace!

E non è dato a noi

votar la colma tazza,

distinguerne i sapori.

Chi loderà l’Ombrone

cui Lorenzo già vide

rompere dallo speco

dietro le trecce d’Ambra?

Ancóra ei grida all’Arno:

«In te mia speme è sola.

Soccorri presto, ché la ninfa vola».

Chi loderà il Bisenzio

sí caro a quell’antico

favolatore ornato

che lodò la bellezza

della donna perfetta?

E chi la Pescia e l’Era?

E chi la Pesa e l’Elsa?

Chi la Greve e la Sieve?

e i rivi freddi e molli

del Casentino giú pè verdi colli?

Strepiti freschi in sassi

politi, argille chiare,

argini d’erba, file

di pioppi alti, vivai

di salci giovinetti,

cupe conche pescose,

ombre che il quadrel d’oro

fiede, ambigui meandri,

or chi di voi si gode

e tempra nel cor suo la vostra lode?

Questa è la foce; e quanto

paese l’acqua corre,

che non godiamo immoti!

Le valli sono cave

come la man che beve,

i monti gonfii come

mammella non premuta.

Il gregge passa il guado.

Il mulino rintrona.

Solingo è un fonte nella Falterona.

Cade la sera.Nasce

la luna dalla Verna

cruda, roseo nimbo

di tal ch’effonde pace

senza parole dire.

Pace hanno tutti i gioghi.

Si fa piú dolce il lungo

dorso del Pratomagno

come se blandimento

d’amica man l’induca a sopor lento.

Su i pianori selvosi

ardon le carbonaie,

solenni fuochi in vista.

L’Arno luce fra i pioppi.

Stormire grande, ad ogni

soffio, vince il corale

ploro dè flauti alati

che la gramigna asconde.

E non s’ode altra voce.

Dai monti l’acqua corre a questa foce.

(Romena, 16 agosto 1902)

Share on Twitter Share on Facebook