V.

L’acqua sorgiva fra i tuoi neri cigli

fecesi occhio che vede e che sorride;

fecesi chioma su la tua cervice

il crespo capelvenere.

Fatto sei di segreto e di freschezza.

Fatte son di làtice

fluido e d’umide fibre le tue membra.

Il tuo spirto, dal fonte come il salice

ma senza l’amarezza

nato, le amiche naiadi rimembra;

tutte le polle sembra

trarre per le invisibili sue stirpi.

E se gli occhi tuoi cesii han neri cigli,

ha neri gambi il verde capelvenere.

Converse le tue canne sono in chiari

vetri, onde lenti i suoni

stillano come gocce da clessidre.

S’appressano i colúbri maculosi,

gli aspidi i cencri e gli angui

e le ceraste e le verdissime idre.

Taciti, senza spire,

eretti i serpi bevono l’incanto.

Sol le bífide lingue a quando a quando

tremano come trema il capelvenere.

Sino ai ginocchi immerso nella cupa

linfa, alla venenata

greggia tu moduli il tuo lento carme.

Par che da’ piedi tuoi torta sia nata

radice e di natura

erbida par ti sien fatte le gambe.

Ma il fior della tua carne

suso come il nenúfaro s’ingiglia.

E se gli occhi tuoi cesii han nere ciglia,

neri ha gli steli il verde capelvenere.

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