Fulge, dai maculosi leopardi
vigilata, una rupe bianca e sola
onde il miele silentemente cola
quasi fontana pingue che s’attardi.
Quivi in segreto sono i miei lavacri
dove il mio corpo ignudo s’insapora
e di rosarii e di pomarii odora
e si colora come i marmi sacri.
Io son flava, dal pollice del piede
alla cervice. Inganno l’ape artefice.
Porto negli occhi mie le arene lidie.
Per entro i variati ori la lieve
anima mia sta come un fiore semplice.
Melitta è il nome della mia flavizie.