L’acerba

Non io del grasso fiale mi nutrico.

Lascio la cera e il miele nel lor bugno.

Ma spicco la susina afra dal prugno

semiano, e mi piace l’orichico.

E il latte agresto piacemi del fico

primaticcio che nérica nel giugno.

Ti do due labbra fresche per un pugno

di verdi fave, e il picciol cuore amico!

Vieni, monta pè rami. Eccoti il braccio.

Odoro come il cedro bergamotto

se tu mi strizzi un poco la cintura.

Quanto soffii! Tropp’alto? Non ti piaccio?

Ah, ah, mi sembri quel volpone ghiotto

che disse all’uva: Tu non sei matura.

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