IL MEDITERRANEO D'AMERICA

È ormai un postulato che l'apertura del canale di Panamá ha spostato l'asse della politica internazionale verso il golfo del Messico. Il Mediterraneo resta una delle grandi scacchiere del mondo e resterà tale probabilmente sempre, però il taglio dell'istmo di Panama, lo sboccio della potenza degli Stati Uniti, lo sviluppo del resto dell'America e la maturazione dei problemi del Pacifico hanno creato un nuovo Mediterraneo in quel bacino del continente americano che è formato dal golfo del Messico e dal mare dei Caraibi.

Gli interessi dell'Italia in questo secondo Mediterraneo sono per ora solamente potenziali, però la grandezza dell'Italia ormai nettamente proiettata nel futuro dalla propulsione fascista non esclude la possibilità di interessi italiani, diretti e indiretti, anche in questo punto del mondo. Quando un paese ha aperte dinanzi a sè le porte dell'impero, non ha limiti di possibilità ed è interessato a tutte le situazioni soprattutto se si tiene conto della stretta interferenza che esiste fra le diverse scacchiere della politica mondiale.

La cornice terrestre di questo secondo Mediterraneo è formata dalla costa meridionale degli Stati Uniti, dal Messico, dalle cinque repubbliche dell'America Centrale, dalla Colombia e dal Venezuela. Dal lato dell'Atlantico una fila ininterrotta di isole e di scogliere chiude il grande cerchio con le 29 isole, i 661 isolotti ed i 3000 scogli delle Bahamas, col gruppo numeroso delle Barbados, con l'arcipelago fittissimo delle isole Leeward, con l'altro arcipelago delle isole Windward (Granata, San Vincenzo, Santa Lucia, ecc.) e per ultimo con quell'isola di Trinidad che quasi s'incastra con la terra ferma sul litorale del Venezuela.

In mezzo, fra l'arco terrestre e l'arco insulare, stanno le quattro grandi Antille: Cuba, Haiti, Portorico e Giamaica, ognuna circondata da una corona di isole, di isolette e di scogli. Solo l'Oceania offre una fioritura tanto ricca di isole!

Finchè il Mar dei Caraibi ed il golfo del Messico non erano entrati nel girone delle competizioni politiche ed economiche mondiali, queste miriadi di isole e di isolette erano angoli tranquilli della terra nei quali la vita umana si svolgeva serena ed un po' sonnolenta. Il viaggiatore che cinquant'anni fa sbarcava in una di queste isole aveva la sensazione di approdare al Paradiso Terrestre e dimenticava le lotte degli uomini per abbandonarsi alla contemplazione delle divine bellezze della Natura. Ancora oggi le isole minori conservano gran parte della loro attrattiva e sembrano cantare in mezzo al grande oro del Tropico la dolcezza della vita primitiva. Luoghi che non sanno che cosa voglia dire freddo offrono con facilità agli uomini gli alimenti di cui abbisognano. Il mare e le piante creano, con la complicità del sole e delle sabbie, mille meravigliosi scenari di fronte ai quali l'uomo cerca istintivamente un flauto od una chitarra per cantare la gioia dei suoi occhi e gli splendori del creato.

Però la mano dell'uomo sta modificando lo scenario. Formidabili basi navali ed aeree punteggiano già questo giardino delle Esperidi. Molti di questi canali che sembrano al viaggiatore rivoli di smeraldo fluenti verso gli incanti dell'infinito, figurano nei piani degli Stati Maggiori navali con la paurosa punteggiatura dei passaggi minati. Diverse di queste isolette non sono altro che immensi serbatoi di petrolio immagazzinati dagli Ammiragliati. Dove pare che solo le palme conversino coi venticelli del mare, hanno i loro nidi gli idroplani ed i sottomarini delle più grandi flotte del mondo. Le antenne radiografiche violano i silenzi, spiano i cicloni, scoprono i segreti delle baie e degli arcipelaghi, empiono di pupille le solitudini. Lo Zucchero ed il Petrolio hanno innumerevoli templi, più grandi e paurosi di quelli di Moloch e di Baal. Le competizioni politiche ed economiche hanno trasformato questi mari di sogno e questi arcipelaghi di poesia in un terribile Mediterraneo, con molte Suez e molte Gibilterra, con molte isole di Malta e molti stretti di Messina. Il destino vi cova le lotte future dell'umanità. Il viaggiatore che passasse in mezzo a queste acque di giada ed a queste isole di corallo cantando solamente sulla cetra la voluttuosa bellezza del Tropico, resterebbe al di fuori della realtà. Le contese mondiali che s'erano profilate in passato nelle avventurose lotte dei corsari si sono concretate nell'antagonismo di formidabili interessi politici ed economici, i quali premono sulla volontà degli uomini con tutto il peso di quelle fatali ed inesorabili Leggi della concorrenza che hanno governato il mondo fin dal primo suo nascere.

Alla fine del secolo scorso l'Europa aveva in questo Mediterraneo d'America una situazione di assoluta prevalenza, basata sui possedimenti insulari della Gran Bretagna e della Spagna, completati dai possedimenti minori della Francia, dell'Olanda e della Danimarca. La situazione dell'Europa fu gravemente ed irreparabilmente compromessa nel 1898 da quel formidabile errore britannico che fu la guerra ispano-americana. I residui di una vecchia mentalità inglese che gli avvenimenti avevano invece completamente superato, determinarono quell'errore che fu uno dei più grandi commessi dall'Inghilterra. La Gran Brettagna non avrebbe mai dovuto permettere la guerra ispano-americana ed in quel momento il suo veto sarebbe stato sufficiente a paralizzare qualsiasi velleità degli Stati Uniti. Se la situazione determinata dall'andamento coloniale spagnuolo nelle Antille non fosse stata sostenibile, l'Inghilterra avrebbe dovuto piuttosto fare essa stessa la guerra contro la Spagna ed aiutare Cuba ad ottenere la sua indipendenza. V'avrebbe guadagnato, oltre l'isola di Portorico, quelle stazioni carbonifere di Guantánamo e di Baia Honda che gli Stati Uniti si sono fatte dare dai cubani e che hanno capovolto la situazione navale del Mediterraneo d'America in senso contrario agli interessi inglesi. Tutti i maggiori uomini politici di Cuba coi quali ho avuto occasione di discorrere dell'argomento e che comandavano nel '98 le forze rivoluzionarie, mi hanno dichiarato che l'aiuto inglese fu sollecitato e che in quel momento i cubani avrebbero ceduto all'Inghilterra, ad occhi chiusi ed a cuor contento, anche quella meravigliosa baia aerea che è l'isola dei Pini.

In seguito all'errore inglese (ed europeo) della guerra ispano-americana, gli Stati Uniti hanno avuto la possibilità di crearsi nel golfo del Messico e nel mar dei Caraibi una situazione strategica di primissimo ordine, la quale permise loro di affrontare la questione del taglio del Panamá senza preoccupazioni di ordine navale. La grande chiave strategica del Mediterraneo d'America è l'isola di Cuba, non solamente per la sua grandezza (un terzo della superficie dell'Italia) e per la sua disposizione longitudinale, ma soprattutto per le numerose e splendide baie fortificabili di cui è ricco il suo sviluppo costiero. Cuba è oggi sotto il controllo assoluto degli Stati Uniti; controllo navale, economico e politico. Questo stato di fatto basta a dare alla grande Repubblica il dominio del Mediterraneo d'America, ma il governo di Washington l'ha concretato con un programma di basi navali. Padroni assoluti dello stretto di Florida e quindi indirettamente del canale di Yucatán che da esso dipende, gli Stati Uniti hanno valorizzato l'Enmienda Plat facendosi cedere da Cuba la meravigliosa baia di Guantánamo che è oggi uno dei perni della potenza navale nord-americana. Si tratta di una baia che ha una imboccatura di tre chilometri con una isola nel centro munita di batterie e di torri blindate scomparenti. Il forzamento della baia è giudicato impossibile. La baia si sprofonda poi entro terra e si allarga in un vasto specchio d'acqua, capace di contenere duecento navi da guerra. Un cerchio di alte montagne circonda la baia di Guantánamo; la isola dal mare e dal retroterra; rende impossibile tanto un'azione a tiro verticale di una flotta al largo quanto un attacco da terra attraverso il territorio cubano. Per il possesso della baia di Guantánamo i nord-americani sono padroni del canale tra Cuba ed Haiti, ma per rendere questo dominio ancora più assoluto sono in corso proprio in questi giorni complicate e delicate trattative con la Repubblica di Haiti, in forza delle quali gli Stati Uniti riceveranno l'isola di Gonave ed una base in faccia a Porto Principe. Avranno così una seconda Guantánamo in Haiti e la loro morsa sarà strapotente.

La progettata creazione del canale di Nicaragua, resa necessaria dalla grave vulnerabilità del canale di Panamá per via aerea, ha spinto gli Stati Uniti ad intavolare con Haiti le odierne trattative le quali, com'è noto, sono condotte con una certa bruschezza. Se a queste due basi navali ed a tutte le altre della costa federale, si aggiunge il controllo che gli Stati Uniti esercitano di fatto sulle cinque repubblichette del Centro America continentale e che diventerà ancora più effettivo con la costruzione del canale di Nicaragua, è evidente che gli Stati Uniti dominano strategicamente tre quarti del Mediterraneo americano e ne hanno in mano, oltre alla porta del Panamá, tutti i passaggi interni obbligati.

E se domani fosse necessario un ulteriore rafforzamento sarà assai facile agli Stati Uniti di concludere con Cuba un accordo generico per la messa in valore delle quattro enormi baie di Sagua, di Nipes, di Puerto Padre e di Nuevitas che fronteggiano le Bahamas e che per la loro configurazione sono ancora più formidabili della baia di Guantánamo. La sola baia di Nipes è capace di ospitare tutte le flotte del mondo.

Solo nella parte orientale del Mediterraneo d'America gli Stati Uniti si trovano tuttora in condizione d'inferiorità, nonostante il possesso di Portorico e l'acquisto dell'arcipelago Virginia che hanno comperato nel 1917 alla Danimarca per 25 milioni di dollari. Gli Stati Uniti hanno accarezzato la speranza di rimediare in qualche modo a questa deficienza comperando dalla Francia le tre isole della Guadalupa, di Martinica e di Maria Galante, ma il governo francese ha costantemente respinto qualsiasi sondaggio americano ed è quasi certo che il governo britannico deve aver esposto con chiarezza e in modo inequivocabile a Parigi il proprio punto di vista.

Queste tre isole non danno alla Francia nel Mediterraneo d'America nessuna situazione marittima, anche perchè manca una forza navale francese del Mar dei Caraibi, ma per essere inquadrate nell'arcipelago inglese delle Leward e delle Winkward assicurano il primato dell'Inghilterra e, per logica conseguenza, perciò, sotto certi aspetti dell'Europa in questo tratto sud-orientale del Mediterraneo americano.

Quanto alle isole che possiede l'Olanda dinanzi all'importante golfo del Venezuela, si sa all'Aia che il governo di Londra considererebbe la loro cessione agli Stati Uniti un atto di ostilità dell'Olanda contro l'Inghilterra; atto d'ostilità che potrebbe avere serie conseguenze nell'oceano indiano.

In realtà la sola Inghilterra fronteggia gli Stati Uniti, mentre l'interesse inglese e lo stesso interesse europeo vorrebbero che tutte le maggiori Potenze avessero la loro garitta di fronte a quella doppia porta dei canali di Panamá e di Nicaragua che è uno dei grandi ingressi del mondo. La situazione dell'Inghilterra è tuttavia forte. L'errore della guerra ispano-americana fu commesso appunto perchè l'Inghilterra giudicò la sua situazione nelle Antille fortissima. Londra non previde lo sviluppo della potenza navale e politica degli Stati Uniti, tanto che la valutò meno ingombrante e pericolosa di quella della vecchia Spagna. Oggi gli inglesi preferirebbero di vedere sventolare sulle batterie di Guantánamo la bandiera di Re Alfonso invece del vessillo stellato di Coolidge, ma la storia non torna indietro.

Eccettuato quel breve tratto di mare che è occupato da Portorico e da Haiti l'impero inglese possiede una fila ininterrotta di isole che va dalla costa degli Stati Uniti alla costa del Venezuela e che chiude quasi completamente dalla parte dell'Atlantico l'accesso del Mediterraneo d'America. Molte di queste isole non hanno valore strategico, però il loro insieme costituisce un sistema di basi aeree, sottomarine e radiotelegrafiche di poderosa efficienza. Via via che gli Stati Uniti ingrandiscono in questo mare i loro interessi politici e marittimi, l'impero britannico rafforza le serrature e moltiplica i chiavistelli. Il sottomarino e l'idroplano accentuano l'importanza delle Bahamas e delle Leward.

Nell'interno del mare, la Gran Bretagna possiede in eccellente situazione geografica la Giamaica col gruppo interessante delle Cayman (base navale di Georgetown) e quel meraviglioso punto di appoggio sul continente centro-americano che è l'Honduras britannico con le isole Belizes, vera spina messa da John Bull negli occhi dell'Oncle Sam.

Il collegamento di tutto il sistema inglese delle Antille col resto dell'impero è assicurato dal gruppo magnifico delle isole Bermude (360 isole) situate ad appena 600 miglia dalla costa americana del North Carolina ed a 677 miglia da Nuova York. Lì l'Inghilterra ha una delle sue grandi piazzeforti navali: Saint Jorges.

Il Destino nasconde nel Mediterraneo d'America una parte della storia futura del mondo. E non è azzardato prevedere che le fortune dell'Europa, dell'America e di una parte dell'Asia sono notevolmente legate alle vicende di questo secondo Mediterraneo che sta a cavaliere dell'America latina e dell'America anglo-sassone, dell'Atlantico e del Pacifico.

Noi italiani abbiamo le nostri sorti legate a quelle del vecchio Mediterraneo d'Europa. Ma dobbiamo guardare anche al Mediterraneo d'America con quell'interesse che ci è dettato dal destino imperiale della nostra razza.

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