Documento XIII

Translato di latino in vulgare di una Littera scripta dallo ill. sig. donno Alphonso da Este duca di Ferrara per sua iustificatione allo Imperatore, et mutatis mutandis agli altri Principi christiani.

Perchè essendo io feudatario della Sancta Chiesa, come sono, penso che molti non solamente potriano maravigliarsi ma ancho biasimarme, ch'io mi fussi mosso in servitio et adiuto del Re christianissimo, nella guerra cominciata a' mesi passati contro Sua Maestà dal presente summo Pontefice Leone X, non sapendo la cagione che m'havesse inducto a farlo: io così come in questo caso tengo d'essere senza colpa et iustificato nel conspecto del divino tribunale, dinanzi al quale sono palesi li torti et le ingiurie che m'hanno provocato, così voglio rendere ragione del mover mio, et iustificarmi ancho presso tutti li principi christiani, il primo de' quali è la Cesarea et Catholica Maestà Vostra, della quale io fui et voglio esser sempre osservantissimo servitore. Per questa mia adunque, la quale con la debita reverentia mando in mio loco, la predicta Maestà V. Cesarea intenderà como quando el presente summo Pontifice fu exaltato a quella S. Sede, io n'hebbi una tale et tanta letitia, che non per mezo de' miei oratori, come si sole, ma personalmente andai a Roma a baciarli li piedi, et congratularmi con S. Santità. Et prima ch'io me partissi per tornare a Ferrara mi diede ferma speranza di restituirmi in breve la mia città di Reggio, [clix] la quale iniustamente da Papa Julio suo precessore insieme con la città di Modena mi era stata tolta sotto pretexto di uno monitorio sopra falsissime cause formato et fulminato contra me................................ Nel 1514 del mese di giugno per un breve sottoscripto de mano propria di S. Santità et delli Rev. Cardinali de' Medici, et de S. Maria in Portico, il qual breve è presso me, promise restituirmi la decta città di Reggio fra 5 mesi, et.... restai deluso.... Et quando il prefato PP. Leone fece la decta promissione di restituirmi Reggio, io feci con S. Santità, per mezzo del sig. Cardinale mio fratello, una compositione di levare del sale suo da Cervia per il mio Stato, la qual mi fu di molto peso et inextimabil danno, perchè volse che io me obligassi non farne a Comacchio, ove ne potrei fare ogn'anno grandissima quantitade..... Et essendo io in tractato di rihavere Modena, ch'era nelle mani dello Imperator Maximiliano di immortal memoria, avo paterno di V. Alteza, il prefato Papa Leone vi si interpose a disturbarmi la pratica, et procurare di havere essa Modena per sè... per una tal summa di dinari, che poco manco dava di rendita ogn'anno... Ma poi... col mezo de l'episcopo d'Adria orator mio per la decta restitutione presso S. Beatitudine, ella monstrò d'essere al tutto disposta reintegrarmi del mio, pagando io una buona summa di denari delli quali, secondo la compositione fatta, feci deposito et diedi buone cautioni in Fiorenza, et fu fatto lo instrumento per Pietro Ardinghello cittadino fiorentino et segretario di prefata S. Beatitudine, et era già publicato per tutto che le mie terre mi erano restituite; et nientedimeno fui ancho deluso ... et si diede a pensare di volermi togliere per qualunque modo potesse quello che mi restava. Et havendo per un amplissimo breve del 1515 tolto la protectione [clx] di me et de' miei figliuoli et Stato, la quale protectione havea ancho tolto per il suprascripto breve del 1514..... ha sempre cercato capitulare a mia ruina........ Et ritrovandome io gravemente infermo lo inverno del 1519 et sendosi divulgata fama ch'io morrei di quella infirmitade, epso PP. Leone mandò lo episcopo di Ventimiglia, che sotto colore di voler fare altra impresa, fece adunatione di parecchie migliara di fanti sul Mirandulese nelle confine di Ferrara per assalirla et occuparla a l'improviso, o, se io fussi morto, per toglierla a' miei figliuoli, li quali per la loro innocentia et tenera etade non meritavano già una sì crudele ingiuria da Sua Beatitudine........................

Ma io ho ultimamente inteso, cognosciuto et toccato con mani che il prefato PP. Leone, non per colpa mia, ma per lo odio ch'el mi porta gratis, per via più detestanda ha teso insidie alla vita et Stato mio, et per mezo di scelerati soi ministri ha tentato di fare corrompere, con una grossa summa di denari et altre promissioni, alcuni miei stipendiati, in che ha speso miara di ducati. Ma quella infinita bontà che resiste alli iniqui pensieri de gli huomini, et difende la iustitia, non ha voluto che un così impio disegno sortisca effecto, perchè dalli decti miei stipendiati mi è stato rivelato il tutto. Et essendo di tale tractato conscie alquante persone, ho facto distendere in scripto tutto il processo della cosa che in autentica forma è presso me, et li testimonij de sì abominevole delitto son vivi, et con qualcuno di epsi el medesimo PP. Leone di bocca propria ha parlato sopra il detto tractato in modo da fare stupire chi lo intendesse. Onde vedendo io che colui che doverìa essere exemplo di virtute et sanctitade a tutto il mondo per lo adorando loco ch'el tiene, è caduto in così horrendo pensiero, nè sapendo più come difendermi [clxi] da tante insidie; è stato forza che la mia lunga et humil piacientia provocata tante volte con tante offese si sia alfine convertita in disperatione..... ben ch'io voglia persuadermi che le continuate instigationi et venenose lingue de' miei malivoli sian state quelle che habbino havuto forza de indurlo a fare contra me quanto è soprascripto...................................

Io mi sono bene (con mia gravissima displicentia) ridutto a fare questa excusatione, perchè non harei voluto dire di colui ch'è capo della nostra fede, cosa che tanto disdice in la sua suprema dignitade; ma credo di meritare perdono presso ognuno, se con iustitia et verità difendo me et l'honor mio: protestando però ch'io non sono per manchare mai verso la Santa Romana Chiesa di quella fede, osservantia et servitute che da ogni fidele vassallo et christiano se le deve. Supplico alla Cesarea et Catholica Maestà Vostra che, intendendo la innocentia mia, se degni averme non solamente per excusato ma ancho per raccomandato come osservantissimo suo vassallo et servitore, et per quanto specta a lei non voglia comportare ch'io sia con tanto odio iniquamente perseguitato. Et quando V. Altezza non si mova per la riverente servitù ch'io le porto, nè perchè io sia pur nato del sangue suo, oltra ch'io le sia vassallo, muovasi almeno per riverentia di Dio, il quale l'ha electa a così alta sede et factola si potente signore perchè ella favorisca la iustitia et non la lassi opprimere: et io me offero apparecchiato di far constare alla V. Imp. Maestade et a tutti gli altri Principi christiani quanto è suprascripto delli detti brevi, processo et testimonij a mia iustificatione, che non allego cosa che non sia verissima.

Stampata in Ferrara, del mese de novembre 1521.

[clxii]

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