XI

Al principe Lodovico Gonzaga,

in Mantova.

V. S. Eccellentissima ha certamente della fada e del negromante, o di che altro più mirando, nel venirmi a ritrovar qui con la sua lettera del XX augusti, or ora che sono uscito dalle latebre e de' lustri delle fiere, e passato alla conversazion degli uomini. De' nostri periculi non posso ancora parlare: animus meminisse horret, luctuque refugit, e d'altro lato V. S. ne avrà odito già. Quis jam locus quae regio in terris nostri non plena laboris? Da parte mia non è quieta ancora la paura, trovandomi ancora in caccia, ormato da levrieri, da' quali Domine ne scampi. Ho passata la notte in una casetta da soccorso, vicin di Firenze, col nobile mascherato, l'orecchio all'erta e il cuore in soprassalto. Quis talia fando etc. l'illustrissimo signor Duca, con il quale ieri ha conferito longamente il C. Pianelli, parlerà de' duo affari al Cardinale, il quale fra giorni si aspetta da Bologna, ed io medesimo, per quanto sia bono a poterla servire, adoperrò ogni pratica, essendo dell'onore di Vostra Signoria, qual affezionato [24] servitore, bramosissimo. Quello sia da fare e da sperare saprà da Mess. Rainaldo, e fido che ne sarà satisfatta, quantunque io non sia troppo gagliardo oratore. Il cielo continua tuttavia molto obscuro, onde non metteremoci in via così subito per non aver ancora da andar in maschera fuori di stagione e col bordone. Voglia V. S. recarmi alla memoria della illustriss. sig.a Principessa Flisca quanto è permesso a observantissimo e deditiss.o Servitore, e a quelle in buona grazia mi raccomando.

Florentiae, I octobris MDXII.

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