Gli editori

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Le opere tutte del Commendatore Annibal Caro sono dettate in una così aurea favella, che il Perticari non dubitò di affermare: «che niuno de' più antichi offre tanti modi pellegrini e tanti fiori di stile insieme raccolti, quanti egli solo, in ogni cosa sempre così polito e gentile, che si può dir di lui quello che Elio Stilone diceva di Plauto: che nella sua favella parlerebbon le Muse, se venisse loro il talento di favellare italiano.»

Nulla curando le tante eleganze che infiorano tutti gli scritti del Caro, l'Accademia della Crusca non accolse nel Catalogo dei Testi di lingua che le sole lettere Famigliari ed i Mattacini, e ne sbandì (e il bando, dice il Cavalier Monti, con ira di tutta la dotta Italia, è ancor vivo) le belle e tante versioni dal latino e dal greco, e la sua Apologia.

Fra le tante versioni, a cui giustamente vorrebbe il sullodato Cav. Monti, che si concedesse l'onore di esser annoverate fra i testi di lingua, occupa uno dei primi luoghi il Volgarizzamento della Rettorica di Aristotile che uscì dettato con gentilissimi tratti, e con felicissima copia di scelte parole, che non solamente e' sembra e nato e allevato in Firenze; ma negli antichi scritti de' soavi parlari interamente consumato.

Nè sembra invero che il Caro fosse avaro di studio in questo suo lavoro. Egli stesso così si esprime in una lettera indiritta al Varchi a Firenze3: «la Rettorica sono molti anni ch'io la tradussi, ma non con altro fine che d'intenderla se potea, e di farmela familiare. E se ben pare a molti che la traduzione mi sia riuscita assai bene, non è però che mi arrischi a farla stampare. Ma quando voi l'avrete veduta, e vogliate che il faccia in ogni modo, giudico che sia necessario accompagnarla con alcuni scolii, per rendere qualche ragione dell'interpretazione di quei luoghi che sono oscuri o dubbj, e da altri intesi altramente; che sapete bene di che importanza sia e quanto ci è da rodere.»

E pure vedi il maligno spirito di contesa: il Castelvetro nella Risposta all'Apologia , allegando un luogo di Strabone, dice che pone le parole latine, poichè il Caro non ama le greche; ma a provarne contraria la sentenza, bastano le due Orazioni di S. Gregorio Nazianzeno dell'amor verso i poveri, e di quel che sia vescovado, e quali debbano essere i vescovi; ed il Sermone di san Cecilio Cipriano sopra l'elemosina; le quali traduzioni con quella della Retorica, che ora annunciamo, e coll'altra degli Amori di Dafni e di Cloe dal testo di Longo Sofista, faticate e corrette nella placida sua villetta in Frascati il chiariscono anzi addottrinatissimo e nella lingua in cui tradusse ed in quella da cui venne traslatando; sicchè di esse parlando nelle Annotazioni alla sua Biblioteca monsignor Fontanini, dice essere fatte queste traduzioni da scrittor nobile e non da gramatista (Fontan., Bibliot., vol. I, pag. 250).

La versione della Rettorica giacque inedita al par delle altre, sia o per la gravezza del lavoro, o per lentezza e scioperìo, o per cagione di Paolo Manuzio, il quale occupato dalle numerose faccende della sua stamperia, non potè così presto assumere il carico di stampare le cose di lui; o finalmente perchè mentre l'autore andava raccogliendo e disaminando i suoi scritti fu colpito dalla morte. Questa gl'impedì di condurre a termine la traduzione del trattato degli Animali di Aristotile, già principiata , e il libro della Natura dei Pesci, se pure è vero che si ponesse a scriverlo, come afferma colla solita sua franchezza il Zilioli.

Per la sua morte passate le opere sue in mano di Giovambattista suo nipote, questi, tenero dell'onore dello zio, destinò di pubblicarle; e la Rettorica di Aristotile, vestita con sì bei modi italiani uscì in luce per la prima volta nel 1570 in Venezia al segno della Salamandra, con una dedica al Cardinale Ferdinando de' Medici. Se ne fece qualche altra edizione; ma il pregio dell'opera la rendette subito rarissima; in guisa che ora difficile riesce il trovarne un esemplare; e noi riproducendola coi nostri torchi, crediamo di far cosa gradevole ai dotti non solo, ma anche ai giovani studiosi, che possono in leggendo questo libro ed erudirsi nei precetti del ben dire, ed imparare gli acutissimi motti e bellissimi e propriissimi che a tanta gloria contribuirono del Caro. Del resto a illustrazione del testo, per quella parte che risguarda la condotta di tutti tre i Libri, noi abbiamo creduto, onde agevolarne l'intelligenza, di premettere la lodatissima Introduzione allo studio della Rettorica di Aristotile di Giason de Nores, lavoro anch'esso pregevolissimo e raro.

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