CAPITOLO V.

CIASCUNO quasi privatamente, ed ognuno comunemente si propongono un certo fine: al quale, come a bersaglio, ponendo la mira, o seguono le cose che giovano, o fuggono quelle che nocciono a conseguirlo. E questo (per dirlo in somma) è la felicità, e le parti d'essa; per la qual cosa piglieremo come per esempio a dichiarare così grossamente, che cosa sia felicità, e da quali cose procedano le sue parti: conciossiachè da questa, e dalle cose che tendono a questa, e da quelle che le son contrarie, derivano tutte l'esortazioni, e tutte le desortazioni; perciocchè quelle per le quali essa, o parte d'essa s'acquista, o di minore si fa maggiore, si debbono fare; e quelle che ce le corrompono, o ce le impediscono o ci fanno il contrario d'essa, non si debbon fare. Sia dunque la felicità un prospero stato con virtute; o un aver compitamente per sè stesso i bisogni della vita; o una vita giocondissima con sicurezza; o un buono e fermo stato di roba, e di corpi quando si possono usare e mantenere; perchè quasi tutti confessano che la felicita sia una di queste cose o più insieme. Essendo la felicità così fatta, è necessario che le sue parti siano nobiltà, amicizia di molti, amicizia di buoni, ricchezze, figliuoli assai e buoni, e prospera vecchiezza. Oltre a queste le virtù del corpo, come sanità, bellezza, robustezza, grandezza, e disposizion ne' giuochi e ne' combattimenti, riputazione, onore, buona fortuna, virtù, o le sue parti, prudenza, fortezza, giustizia e temperanza; perchè così uno avrà per sè stesso ogni cosa a compimento; possedendo i beni che sono in esso, e fuor d'esso; perciocchè non se ne trovano più che questi. In esso sono quelli dell'animo e del corpo; fuor d'esso la nobiltà, gli amici, la roba e l'onore. Ed oltre di questi pensiamo che vi si richiegga la potenza e la fortuna; perchè a questa guisa la vita sarà sicurissima. Ripigliamo ora similmente a dir che cosa sia ciascuna di queste.

La nobiltà d'una gente e d'una città, s'intende quando non sono avventizie, ovvero sono antiche. E quando hanno avuto per lor primi autori capitani illustri; e che da loro siano discesi molti famosi in quelle cose che sono stimate, e desiderate da ciascuno. La nobiltà privata viene o dagli uomini o dalle donne, e per legittima procreazione dall'une e dagli altri; e come s'è detto della città, dai lor primi eccellenti in virtù, o in ricchezze, o in altre cose di quelle che sono in pregio; e da molti illustri del casato, uomini e donne, e giovani e vecchi.

La bontà e moltitudine de' figliuoli che cosa sia è manifesto. Ed in comune s'intende gioventù assai e buona; buona quanto alla virtù del corpo, s'intende di grandezza, bellezza, robustezza e valor di persona. Quanto a quella dell'animo, la temperanza e la fortezza sono le virtù de' giovani. Privatamente s'intende, quando i proprj figliuoli, così maschi come femmine sono assai, e tali. Le virtù delle donne, quanto al corpo, sono la bellezza e la grandezza; quanto all'animo la temperanza e la prontezza d'operare, ma non servilmente. E così ancora, e pubblicamente, e privatamente. E quanto agli uomini e quanto alle donne, bisogna cercare che vi sia ciascuna di queste; perchè quasi per le metà mancano d'esser felici coloro, che in questa parte delle donne si trovano mal condizionati, come i Lacedemonj.

Quante alle ricchezze, le lor parti sono danari, poderi assai, aver del paese, de' fornimenti, de' servitori, degli animali, che siano eccellenti di moltitudine, di grandezza e di bellezza. Le quali cose siano tutte sicure, onorevoli ed utili. L'utili maggiormente chiamo quelle che sono di frutto. L'onorevoli quelle che son di sollazzo. E per fruttifere intendo quelle donde vengono le rendite. E per dilettevoli e di sollazzo quelle, donde dall'uso in fuori non si cava altro che sia di valuta. La sicurezza s'intende, che tu le possegga per modo, e in loco, che sia in tuo arbitrio d'usarle. E in tuo arbitrio si dirà che siano, quando abbi la potestà d'alienarle. E chiamo alienazione la donazione e la vendizione. Ma l'esser ricco consiste insomma più nell'usar questi beni, che in possederli: perchè l'atto e l'uso d'essi s'intende veramente ricchezza. La riputazione, è quando uno è tenuto virtuoso, e da bene, o d'aver in sè cosa, che sia bramata da tutti, o da molti, o da buoni, o da savi.

L'onore è un segno d'esser riconosciuto per benefattore. E con tutto che si onorino meritamente, e spezialmente quelli che ci hanno fatto bene; si sogliono anco onorare quelli che ce ne posson fare. Il far bene è quello che ci giova alla salute, ed all'essere in qualunque modo; o alla ricchezza, o a qualch'altro bene di quelli che non s'acquistano così facilmente, nè interamente, nè per tutto, nè sempre. Perciocchè molti per cose che paiono piccole, sono talvolta onorati per rispetto del modo e del tempo. E le parti dell'onore sono sacrificj, memorie in versi e in prose, doni, lochi consecrati, presidenze, sepolcri, immagini, provisioni pubbliche. E secondo l'uso de' barbari, l'adorare, e il fuggir dall'aspetto, e i presenti, che sono onorevoli secondo le persone; perciocchè il presentare è un dar di roba; è anco un segno d'onore. E per questo così gli ambiziosi, come gli avari desiderano d'esser presentati: perchè questi e quelli vi trovano il bisogno loro: gli avari la roba e gli ambiziosi l'onore. La virtù del corpo è la sanità.

E questa s'intende così, che non abbiamo infermità che c'impedisca l'uso della persona; perciocchè molti sono sani, che per conto di sanità, da nessuno saranno mai riputati per felici, come si dice d'Erodico: perchè si asteneva da tutte le cose ordinarie agli uomini, o dalla più parte.

La bellezza è diversa secondo ciascuna età. Sarà dunque quella d'un giovine aver il corpo disposto agli esercizj, così del correre, come della forza. Ed esser d'aspetto dolce, per esser visto e goduto. E per questo i Pentatli erano tenuti bellissimi: perchè la natura gli aveva fatti forzuti insieme e corridori. Quella d'un uomo maturo sarà d'aver la persona atta alle fatiche della guerra, e l'aspetto grato con terrore. Quella d'un vecchio, che regga alle fatiche necessarie, e che sia senza dolore, non avendo alcuno di quei difetti che molestano la vecchiaja.

La robustezza è una forza di muovere un'altra cosa come l'uom vuole. E questo movere si fa necessariamente, o tirando, o pingendo, o alzando, o deprimendo, o stringendo. Onde che robusto, o per tutti questi modi o per qualcuno d'essi s'intende robusto.

La virtù della grandezza è di superare molti di lunghezza e di grossezza, e di larghezza tanto di più, che la soprabbondanza non faccia i movimenti più tardi.

La disposizion per combattere si compone di grandezza, di robustezza e di velocità; perchè ancora un che sia veloce s'intende robusto; perciocchè chi può in un certo modo gittar le gambe, e moverle presto e a lungo, s'intende corridore. Chi ha forza di stringere e di fermar l'avversario, è lottatore. Chi battendolo può spingere, si dice pugile. Chi vale in questi due modi, si nomina pancratista; e chi è dotato di tutte queste parti si domanda pentatlo.

Prospera vecchiezza s'intende, invecchiare adagio, e senza alcuna molestia; perciocchè prosperamente non invecchia, nè chi presto invecchia, nè chi tardi con molestia. E questa prosperità procede dalla virtù del corpo e dalla fortuna, perciocchè uno che sia infermo, e non robusto, non sarà senza passione, nè senza dolore, nè di lunga vita. Onde che non sarebbe anco di prospera fortuna. Ed oltre alla robustezza e alla sanità, c'è separatamente un'altra virtù, che fa lungamente vivere: perciocchè molti senza queste virtù del corpo vivono assai. Ma di ciò trattare squisitamente non fa punto a proposito per questa materia. L'amicizia di molti e l'amicizia di buoni, è chiara qual sia, ogni volta che si faccia la diffinizion dell'amico. É dunque l'amico colui ch'è disposto a far per amor d'un altro tutto quello che pensa che gli sia bene, e non per altro conto, che dell'amico medesimo. E chi ha di questi assai, si dice amico di molti. E chi n'ha che siano uomini da bene, si dice amico di buoni. La prosperità s'intende quando ne succedono, o ci si mantengono tutti, o la maggior parte, o la più importante di quei beni, de' quali è cagion la fortuna. Ed è la fortuna cagion di certi beni de' quali ancora è cagion l'arte. Ed anco di molti che non vengono dall'arte, come di tutte le cose naturali, che ancora possono venire fuor dell'ordine della natura: perciocchè della sanità è cagion l'arte; e della bellezza e della grandezza, la natura. Ma quei beni assolutamente dalla fortuna procedono, sopra de' quali si distende l'invidia. Ed anco delle cose che accaggiono fuor di ragione è cagion la fortuna. Come se tutti gli altri fratelli sono stati brutti, e un solo è bello: o se praticando più persone dove era il tesoro, gli altri non l'hanno veduto, e costui l'ha trovato: o se di due, che ci stanno a canto, ha colto la saetta questo, e non ha tocco quest'altro. O se costui, ch'era usato di frequentar questo loco tuttavia, oggi solamente non ci è capitato; ed altri che una sola volta ci son venuti, ci hanno lasciata la vita; perciocchè tutte queste cose paiono buone venture. Della virtù parleremo determinatamente nel genere dimostrativo, quando si dirà della lode; perchè quello è più propriamente il suo loco. Abbiamo dunque dichiarate le cose che s'hanno a considerare, o del presente, o dell'avvenire, che si voglia così persuadere, come dissuadere; perciocchè le medesime per via de' contrarj servono a far l'una cosa e l'altra.

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