SOMMARIO

I. - Derivazione naturale della sapienza e attitudine che ci ha l'uomo. §1-2. - Concetto suo, rintracciato ne' giudizii volgari e dimostrato mediante le similitudini e le differenze dell'esperienza e dell'arte. § 3-7 - Come gli uomini progrediscono nell'acquistarla, e in quali condizioni ci si applichino. § 8. - Concetto generico della sapienza che si ritrae da' giudizii volgari esaminati. § 9.

II. - Ricerca del concetto specifico della sapienza o filosofia. § 1. - Si rintraccia ne' giudizii volgari intorno al sapiente o al filosofo. § 2. - In quale scienza si riscontrano gl'indizii cavati da questi giudizii. § 3. - Concetto della filosofia: scienza dei primi principii. § 4. - Sua origine e suo carattere speculativo. § 5. - Dubbio, se l'uomo la possa raggiungere. § 6. - Si scansa, e si prova che sia la più nobile e divina tra le scienze. § 7. - Fine speculativo della filosofia: il pensiero si appropria il suo oggetto, e partito dalla meraviglia che gli generava la natura fisica e matematica, riesce a comprenderle come necessarie e razionali. § 8. - Conchiusione. § .9

III. - In quanti sensi si piglia la parola causa. § 1. - Come questi sensi non siano stati visti tutti a un tratto, e quale prima. Causa materiale. § 2. - Variano le opinioni intorno alla qualità e al numero de' principii materiali. Talete. § 3. - Anassimene, Diogene, Ippaso, Eraclito, Empedocle, Anassagora. § 4. - Come si scopra la causa motrice e che non si possa identificare colla materia. § 5. - I filosofi che ammettono un soggetto unico, non sanno scorgere quale sia quest'altra causa, parte per non averle badato (Ionici antichissimi), parte per averne, disperati di trovarla, negati gli effetti (Eleatici). § 6. - I filosofi che ammettono più soggetti donde le cose siano generate, attribuiscono ad uno di loro la virtù motiva. § 7.

IV. - Come si andasse scorgendo la necessità d'un'altra causa oltre le due surriferite. § 1. - Chi l'abbia scorta prima. § 2. - Modo imperfetto di scorgerla e la sua confusione colla motrice. § 3. - Se se ne trovi primo barlume in Parmenide e in Esiodo: si sospende il giudizio. § 4. - Come, dietro la confusione della causa finale colla motrice, Empedocle ha, per l'apparente necessità di duplicare la prima, duplicata anche la seconda. § 5. - Limitazione di quelle prime filosofie e per la scarsezza dei principii da cui partivano, e per la poca o nessuna coordinazione e connessione scientifica dei dati sperimentali co' loro principii. § 6-7. - Si prova in Anassagora. § 8. - Ed in Empedocle. § 9. - Regresso che fanno, sotto un rispetto, Leucippo e Democrito verso la prima filosofia ionica, scancellando la causa motrice: quali due cause materiali suppongano: loro peculiarità nella determinazione del non-ente, concepito anch'esso come ente. § 10.

V. - I Pitagorei: sorgente nuova della loro filosofia. § 1. - Occasioni e motivi. § 2. - Scarsezza e applicazione arbitraria del loro principio. § 3. - Il quale, come gli altri fino ad ora esaminati, s'ha a concepire come causa materiale degli esseri. § 4. - Varietà del sistema pitagoreo: dieci coppie di principii. § 5. - Che questa variazione dev'essere stata cagionata dalla filosofia di Alcmeone: perciò non appartenere a Pitagora; e che, ad ogni modo, non mostra che ci sia stato progresso di distinzione nel concetto della causa, intesa sempre come materia. § 6. - Si cerca se nelle differenze fra la filosofia ionica e l'eleatica, si possa scovrire il concetto d'altra causa che della materiale. § 7. - Si vede in Parmenide il concetto della causa ideale, distinta dalla materiale e dalla motrice. § 8-9-10. - Ricapitolazione. Filosofia ionica § 11. - Maggiore vigore speculativo e novità della filosofia italica. Punto principale della diversità della filosofia pitagorica da tutte le altre: ammettono la generazione come gli ionici, e a differenza degli Eleatici: ma negano la corporeità dei principii, e li concepiscono astratti. § 12. - Indotti così a confonderli con le cause di cui sono il concetto e che ne sono gli effetti, sono i primi a cercare l'essenza delle cose nella loro definizione, e a scoprire una prima traccia della causa ideale. Imperfezione della loro speculazione e assurdo in cui cadono per l'indeterminazione e l'astrattezza soverchia de' loro principii. § 13.

VI. - Filosofia platonica: le sue fonti, l'eraclitea e la socratica. § 1. - Sua dottrina fondamentale: le idee differenti dai sensibili, che ne derivano l'essere e il nome. Ciascun gruppo univoco di sensibili partecipa ad un'idea che gli è equivoca. § 2. - Sua similitudine colla pitagorica. § 3. - Altra dottrina fondamentale platonica: entità matematiche, differenti da' sensibili e dall'idee, e tramezzanti tra loro. § 4. - Principii delle specie o numeri ideali, l'uno e il grande e piccolo. § 5. - Similitudini e differenze di queste dottrine colle corrispondenti pitagoriche. § 6. - Ragioni delle differenze. § 7. - Come tutte queste dottrine siano contrarie alle migliori analogie a priori ed a posteriori. § 8. - Ricapitolazione della dottrina platonica. Vi si mostrano esplicitamente solo la causa ideale e la materiale: non vi si spiegano nel loro aspetto proprio la motrice e la finale. § 9-10.

VII. - Frutto della ricerca storica. Nessun filosofo si è opposto ad una causa diversa dalle quattro d'Aristotile. § 1. - Riassunto de' modi in cui s'è concepita la causa materiale. E prima di quelli che l'hanno ammessa con altre: poi di quelli che l'ammettono sola. § 2. - Causa motrice. § 3. - Causa ideale, vista men chiaramente delle due prime, perchè, essendo stata vista solo da platonici, non fu da loro distinta bene dalla causa finale. § 4. - Causa finale, non ravvisata in sè medesima. Mescolata, sia colla causa motrice, § 5. - sia coll'ideale. § 6. - Due risultati della ricerca. Certezza intorno al numero e qualità della causa, e intorno all'oggetto generale della scienza. Trapasso alla ricerca seguente. § 7.

VIII. - Si esaminano le opinioni dei filosofi, contrapponendole al vero. Errori di quelli che ammettono un unico principio materiale corporeo. § 1. - È insufficiente. § 2. - Disadatto alle funzioni che gli ci attribuiscono, perchè scompagnato dal principio del movimento. § 3. - Arbitrario, e non attinto nello studio della natura. Modo vario in cui se ne può formare il concetto. Quale sia la veduta, che, quantunque non espressa esplicitamente, deve aver diretto i filosofi nella scelta dei loro principio corporeo. § 4. - Quale, secondo un'altra veduta, avrebbe potuto essere il principio. § 5. - Le stesse ed altre difficoltà si possono fare a quelli che, come Empedocle, ammettono più principii. La sua concezione di quattro elementi assoluti, non è conforme alla natura. § 6. - Nè determina scientificamente la causa del moto: e i quattro suoi elementi tolgono ogni alterazione, per la mancanza di un principio unico, ricettivo dei contrari, in cui essa si possa fare. § 7. - Anassagora, inteso sottilmente, ammette solo due principii. § 8. - Aspetto che mostra il sistema, preso a parola, diverso da quello che acquista considerato profondamente. § 9. - Deduzione di questo nuovo aspetto. § 10. - Similitudine sua, in questa forma, con quello delle scuole platoniche. § 11. - Maggiore comprensione della filosofia che ha riguardo all'ente sensibile non solo, ma ancora all'insensibile. § 12. - Principii dei Pitagorei più larghi ed elevati di quelli degli Ionici. Pure, non ne sanno cavare una teoria dell'ente non sensibile, e se ne servono per spiegare solo l'ente sensibile, che, per la natura de' loro principii astratti e formali, concepiscono in un modo astratto e formale, senza penetrarne l'essenza propria o saperne trovare le condizioni. § 13-14-15. - Impossibilità di concedere loro l'identità che asseriscono tra principii delle cose e le cose stesse, Progresso, in questo, della filosofia platonica che li distingue. § 16.

IX. - Pure, questa s'impiglia in altre difficoltà. Moltiplica gli enti invece di spiegarli. § 1. - Non fonda questa moltiplicazione sopra nessuna ragione valida, sia a dimostrare la necessità, sia a determinare scientificamente il numero degli enti. § 2. - Se le ragioni che ci portano fossero valide, non sarebbero più buoni que' principii che danno per generatori di questa nuova specie di enti. § 3. - Che, per contrario degli argomenti, i quali vorrebbero dimostrare l'esistenza delle specie e che arguiscono idee anche d'altre cose che di sole essenze, il punto della partecipazione delle cose all'idee richiede, e che le idee siano essenze, e che non ci siano idee se non d'essenze. § 4. - Se ne ritrae che gli stessi nomi indicano essenze sensibili ed ideali. § 5. - Assurdi nei quali s'incorre tanto supponendole della stessa specie, quando supponendole di specie diverse. § 6. - Non si vede, in che l'ipotesi delle idee possa conferire all'esistenza, alle variazioni, alla cognizione dei sensibili. § 7. - L'unica maniera in cui potrebbero apparentemente credersi cause, è assurdo. § 8. - Com'è vano il concetto platonico di cause esemplari. § 9. - Ed anche ammesso per buono, non sarebbe però meno superfluo. § 10. - E nessuna idea potrebbe così operare come causa unica, ma solo come complesso di cause. § 11. - E sarebbe esemplare ed esemplata a un tempo, originale e ritratto. § 12. - Se non che manca loro ogni proprietà per essere cause d'una qualunque maniera, sia dell'essere sia del generarsi delle cose. 1° son fuori delle cose, e perciò non ne possono costituire l'essenza. § 13. - 2° Non perchè sono, le cose si generano, e si generano cose, delle quali si riconosce che non le abbiano per cause. § 14. - La difficoltà aumenta, quando si riguarda al carattere che hanno le idee, d'essere numeri. Non si capirebbe, come potessero esser cause, nè supponendo, che le cose causate siano anch'esse numeri, nè che siano proporzioni di numeri. § 15 - D'altra parte, ammesso quello che si è detto più su, che ciascuna specie ne contiene parecchie altre, non si vede, come possono più specie formare una sola, al modo che più numeri ne fanno uno solo. § 16. - Se si dice che la somma si fa lì, degli elementi delle specie, come, qui, degli elementi dei numeri, si dimanda se questi elementi sono della stessa specie o di diversa. S'inciampa in assurdi in tutte e due le ipotesi: si accenna a que' della prima; si noverano parecchi della seconda. Ogni differenza fra le monadi ideali è assurda. § 17. - Ammessa questa differenza bisognerebbe ammettere altre monadi per l'aritmetica, e per tutte l'entità matematiche de' Platonici: ora le sono assurde, e perchè mancano di principii distinti, e perchè arbitrariamente asserite. § 18. - Difficoltà comune alle due ipotesi. § 19. - Un'altra simile, benchè più forte della seconda. § 20. - Altra obbiezione nella seconda ipotesi. § 21. - Difficoltà che si trovano nella spiegazione platonica delle dimensioni, sia che si facciano risultare ciascuna da principii diversi di genere, sia da principii comunicanti nel genere. § 22. - Ne' due casi, resta il punto senza spiegazione: sforzi di Platone per farne a meno. § 23. - Si riassumono in un giudizio generale le obbiezioni contro alla filosofia platonica: non spiega i sensibili che vorrebbe spiegare: introduce arbitrariamente le idee senza neppure poter dichiarare in che modo possono giovare sia all'esistenza sia alla cognizione dei sensibili. Ragione generale di questi errori: il predominio del pensiero matematico sullo speculativo. § 24. - Che si riconosce soprattutto nel lor concetto della materia. § 25. - E nel non sapere che fare del movimento. § 26. - Il punto principale, l'unità del principio che vorrebbero dimostrare colla lor teorica, resta senza prova. § 27. - Oltre di che, le dimensioni non si possono allogare in nessuno de' generi d'enti che ammettono. § 28. - Tutti questi ed altri sbagli sono nati dall'aver posto male la questione. § 29. - E propostane una insolubile, sia in sè per le condizioni della scienza. § 30. - Sia perchè la soluzione, anche trovata, non si potrebbe riconoscere per vera e certa. § 31. - Oltre di che se fosse vera e certa, gli enti sensibili si dovrebbero conoscere con un mezzo col quale, in effetto, non si conoscono. § 32.

X. - Che cosa aggiunga l'ultima critica fatta alle opinioni dei filosofi. S'era scoperto che nel loro esame non erano usciti dalle quattro cause; s'è visto che pure son lontanissimi dall'essersene reso conto davvero. § 1. - Si mostra in Empedocle per quello che egli accenna della causa ideale. § 2. - Trapasso alla ricerca susseguente, delle quistioni che si possono suscitare intorno alle cause. § 3.

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