Introduzione Il Pensiero materialistico nella storia della Filosofia.

II Materialismo non è una dottrina nuova. A parte infatti le scuole dell’antichità, nessuno ignora l’attitudine materialistica di molti pensatori del Rinascimento. La letteratura filosofica, che precedette e preparò la Rivoluzione Francese, fu per così dire imbevuta di filosofia materialista: basti citare il famoso Sistema della natura, che fece testo nel secolo XVIII, e le opere, non ancora del tutto invecchiate, del celebre barone di Holbach. Come sistema filosofico – come insieme cioè di premesse e conseguenze, insomma di principî logicamente organizzati – il Materialismo è tuttavia una concezione moderna, di cui vediamo accentuarsi le prime linee in Germania, all’indomani dalla caduta dei grandi sistemi metafisici, creati dalla speculazione idealista. Il Materialismo non si affaccia decisamente nel campo filosofico e non concreta infatti il proprio credo che nella prima decade della seconda metà del secolo scorso. Gli è appunto di questo Materialismo che noi dovremo occuparci, esponendone le dottrine fondamentali, perchè il lettore possa farsene un concetto adeguato; se non profondo, e sovra tutto un concetto esatto.

*
* *

Qui fa duopo rifarci un poco indietro. La Germania assisteva ancora all’apoteosi dell’idealismo. – Era stata tra i filosofi una gara di sistemi; le più ardite sintesi filosofiche si erano susseguite nel giro di circa mezzo secolo, riempiendo di stupore e commovendo d’entusiasmo l’Europa intellettuale. Fu un momento in cui i nomi di Hegel, Fichte, Schelling, Schleieimacher corsero celebrati in tutte le scuole; la gioventù non riconosceva altra fonte di verità all’infuori dei loro libri; tutti erano egheliani o fichtiani, tutti erano idealisti. Quand’ecco che un giorno i seguaci più fidi parvero quasi destarsi da un sogno. S’erano come lasciati trascinare in alto in alto, in un’atmosfera troppo rarefatta per la normale intelligenza degli uomini. Non tardarono a capire la necessità di scendere in più spirabil aere. Fu per tal modo che s’iniziò un movimento di reazione contro l’idealismo, prima naturalmente in Germania, dove aveva toccato l’apogeo del suo splendore, poi nelle altre contrade. Se consideriamo ciò, ci sarà facile comprendere come la reazione, di cui parliamo, non poteva mancare di effettuarsi. Noi dobbiamo tener infatti presente che i grandi sistemi della metafisica, dai quali era parso sprigionarsi tanta luce, non avevano di suggestivo che il loro apparente bagliore. Fu primo Schopenhauer ad avvertire la intrinseca vacuità, la miseria dei sistemi metafisici alla moda... Mai tempi per la reazione antimetafisica, o, se così più piace chiamarla, materialistica, non erano ancora maturi. – Nocque altresì, com’è noto, a Schopenhauer la estrema vivacità del linguaggio accompagnata d’altra parte a un’attitudine metafisica, la quale se lo portava a sdegnare i giuochi di parole e i sibillismi dei suoi celebrati compatrioti, se gli permetteva di scrivere con chiarezza di forma fino a lui – almeno in Germania – inusitati fra i filosofi, lo costringeva nondimeno ad aggirarsi – astro solitario – nell’orbita di quel metodo a prioristico, contro il quale, più ancora che contro i pronunciati teoretici dei varî sistemi, urgeva impegnare la battaglia.

*
* *

Ciò non pertanto è fuor di dubbio che Schopenhauer contribuì molto a emancipare il pensiero filosofico (in Germania particolarmente) dalla Metafisica idealista. A parte il suo pessimismo, che si delinea come un grande drappo funebre sulla bara del credo ottimistico, professato dall’Hegel – è certo che Schopenhauer gettò il discredito sull’opera della metafisica più forse d’ogni altro.

Egli entra nell’Olimpo filosofico della «dotta Germania e ne scaccia i falsi idoli: Hegel, Schleiermacher, Fichte, gli astri maggiori dell’idealismo tedesco.... Unico che si salva dal naufragio, unico che resta in piedi ritto sul suo piedestallo di granito, è Kant, l’autore della Critica della Ragione Pura. – E anche questo è sintomatico: Kant è infatti il padre naturale del pensiero contemporaneo, fiume maestoso, le cui sorgenti traggono alimento da una parte al Criticismo, dall’altra allo Sperimentalismo scientifico.

*
* *

La necessità in cui mi trovo, di essere breve, non mi consente di addentrarmi in dettagliate dimostrazioni. – Ho tuttavia fede che poche righe basteranno al lettore intelligente.

Che cosa aveva dimostrato Kant?

La tesi fondamentale della Critica della Ragione Pura è la relatività della conoscenza.

L’umana ragione, mentre, in altre parole, può spaziare finchè vuole nel campo dei fenomeni, è inetta – assolutamente inetta – a oltrepassarli, a capire cioè qualche cosa di quel che si asconde sotto le apparenze fenomeniche e che dai filosofi venne designato coi nomi di essenza, noumeno, ecc.

Chi non vede in ciò la condanna della Metafisica? Kant ci insegna chiaramente che la Metafisica, quantunque risponda a una irresistibile esigenza della natura umana, fa per sè stessa opera inane quante volte si arroga di interrogare l’assoluto; Kant ci insegna come l’unico campo di ricerche possibili per l’umano pensiero sia quello dei fatti, dell’esperienza.

L’immortalità di Kant sta tutta qui: nell’avere affermato la relatività del pensiero umano, i limiti della ragione.

Questa tesi fu naturalmente al momento buono, subito ripresa dagli avversari dell’idealismo.

*
* *

Nello stesso tempo che il criticismo kantiano rifioriva, le discipline sperimentali – la fisica, la chimica, la geologia, l’astronomia, la fisiologia. la biologia, ecc. – facevano dei progressi straordinarî; chiarivano il giuoco delle forze naturali ossequienti a leggi eterne e ne dimostravano la indistruttibilità, ricostruivano la storia del globo, anzi dell’intero sistema solare, e delle specie organiche vegetali e animali. Con l’immortalità lumeggiavano la unità della materia e dell’energia dovunque attiva e presente. – Il Materialismo nasceva per tal modo come una pianta spontanea sul fertile terreno delle discipline sperimentali, fecondato dal criticismo. Invero, se da una parte la Fisica e la Chimica dimostravano la indistruttibilità della Materia e dell’Energia – scuotendo così uno dei cardini fondamentali del credo consacrato dalle ideologie teologiche e metafisiche, – la fisiologia documentava dall’altra con le irrefragabili esperienze dei laboratorî, la corrispondenza ininterrotta da cui sono legate le manifestazioni della così detta anima e dell’organismo.

Venne dunque un giorno in cui, le conclusioni delle scienze sperimentali intaccando dei principî che lo spiritualismo poneva a fondamento di ciò che si deve pensare e ritenere per vero, invadendo in una parola il campo della filosofia, si sentì il bisogno di sottoporre a revisione le teorie filosofiche e sopra tutto di assurgere a una sintesi nuova, la quale ottemperasse alle esigenze di una interpretazione filosofica astratta, pure accordandosi con le progredite cognizioni della scienza.

Questa sintesi fu, manco dirlo, il Materialismo, le cui dottrine ci proponiamo di esporre nel corso del presente volume.

Share on Twitter Share on Facebook