Capitolo I. La negazione della Causa Prima.

Io ho già avuto occasione di mettere in rilievo il contenuto per eccellenza ateistico del Materialismo. Senza dubbio il Materialismo nega l’esistenza, vuoi di un Dio personale, qual’è affermato da tutte le religioni, vuoi anche della Causa Prima quale – sotto forma astratta – fu concepita dalle filosofie. Che Dio non esiste e quindi che l’Universo non è stato creato dal nulla, ecco, sto per dire, il caposaldo della dottrina materialista.

Innegabilmente la negazione è grave e tale da scompaginare le idee e, con le idee, le abitudini mentali e i sentimenti di milioni di uomini, ai quali la concezione, dell’Universo senza Dio, senza la Causa Prima, riesce impossibile. Nè – fedeli al nostro programma di astenerci da ogni controversia, badando solo ad esporre con la maggior obiettività – ci ingolferemo qui in una qualunque discussione.

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Quali sono gli argomenti coi quali il Materialismo riduce a zero l’idea di Dio, in altri sistemi elevata a principio cardinale? Rispondiamo: – sono di due specie, filosofici e psicologici. – Con i primi il materialista dà – s’intende a suo modo – la dimostrazione, diremo così, razionale, teoretica, metafisica dell’inesistenza di Dio: deduce in altre parole questa inesistenza da premesse determinate in forza di un ragionamento astratto. A sua volta coi secondi il materialista analizza l’idea di Dio, nella stessa maniera che un chimico analizza una sostanza: in altre parole risolve questa idea nei suoi elementi, ne ricostruisce la genesi, ne rifà la psicologia. Questo secondo lavoro lo porta alla conclusione che l’idea di Dio essendo, non, come si credeva, un’idea innata, ma il riflesso di un determinato stato della psiche umana, deve irreparabilmente e necessariamente cadere quando cessi lo stato psichico che l’accompagna.

Ma torniamo alla prova metafisica.

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Dio è una forza; ma se è una forza, come mai imaginarla distinta dalla materia?

Noi abbiamo visto come appunto uno dei fondamentali capisaldi del Materialismo sia l’Inseparabilità della forza e della materia – inseparabilità, si noti – che non ha mai potuto venir meno, che non potrà mai mancare. La negazione materialistica poggia tutta su questa base: sulla impossibilità o quanto meno sulla inconcepibilità dell’esistenza di una forza qualsiasi isolata dalla materia, indipendente, astratta.

Ma se di Dio, di questa che si potrebbe chiamare la Forza Creatrice, si facesse un tutt’uno con la materia (i panteisti tentano una fusione simile!) la negazione non perderebbe pertanto terreno. Infatti: una Forza, quantunque fin che vuolsi creatrice, la quale sia assimilata alla Materia, non può sottrarsi al dominio delle leggi della Materia.

E ancora: – se questa forza è sempre stata tutt’una cosa con la materia, se questa loro fusione data dall’eternità, se in ultima analisi noi non possiamo concepirla, neppure per un millesimo di secondo, distinta dalla materia, riesce assurdo concepire il momento in cui l’abbia creata. Per crearla dal nulla avrebbe dovuto necessariamente preesistere, vale a dire esistere in quello stato di isolamento dalla materia, sotto il quale la nostra mente non può rappresentarsela.

Nè basta: – la chimica ha dimostrato la indistruttibilità della materia; la fisica ha pure documentato la indistruttibilità dell’energia. Non una particella di materia è andata distrutta o andrà distrutta; lo stesso si dica anche della più infinitesimale particula di forza.

Il materialista conclude e dice che ciò che non può essere annientato, non può neanche esser stato creato dal nulla. Ciò che non perirà mai, non ha giammai cominciato ad esistere.

È appena necessario che io richiami su questo punto la considerazione del lettore. La fisica ci dimostra appunto che quella che chiamiamo la forza può sì trasformarsi, giammai distruggersi. La totalità dell’energia che in questo momento anima l’Universo non è pertanto nè maggiore, nè minore – sia pur solo di un minimo inconcepibile – di quella totalità di energia, che ci è sempre stata e che ci sarà, sempre. Nessuna forma di forza si improvvisa dal nulla, nessuna forma di forza si manifesta, che non sia l’equivalente matematicamente esatto di una o più forze che l’hanno generata. Riflettendo a ciò – ho creduto di ripetermi anche a costo di passar per prolisso – comprenderà di leggeri ognuno come la concezione di una Forza o di una Materia, che emergano dal nulla, non può che riuscire ostica a quanti sono abituati a non vedere nell’Universo che scambio e trasformazione di materia, circolazione ed equivalenza di energia.

Il Materialismo rompe con un taglio netto gli indugi e, sfidando l’accusa di empietà, afferma senza reticenze la inesistenza della forza creatrice, della Causa Prima.

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Fin qui però la dimostrazione materialista trae principalmente argomenti dalle leggi della fisica; ma il Materialismo non si acquieta ad esse e – a parte il lavoro distruttore di analisi psicologica, di cui diremo in breve più innanzi – investe la Causa Prima con una serie di argomentazioni, dirò così extra-fisiche, per pervenire allo stesso risultato: – la sua negazione.

Basandosi sulle scoperte dell’astronomia, il filosofo

materialista esordisce con l’osservare che ovunque nell’Universo si nota lo stesso ordine meccanico, la stessa proporzione matematica, lo stesso processo. Esplorando il cielo, nessun astronomo ha mai rilevato traccia alcuna dell’azione di una volontà arbitraria o soprannaturale. Vi sono però alcuni, i quali ammettendo come naturali le formazioni cosmiche, trovano modo di conciliarle col teismo, ammettendo in Dio e da Dio il primo primordiale impulso dato alla materia. Il Materialismo trova impossibile questa ipotesi. Infatti, se la materia è eterna, essa deve altresì possedere un movimento eterno; il riposo assoluto è così poco concepibile in natura quanto il vuoto. Che se non ci è ancor dato di poter giustamente valutare la ragione per cui la materia ad un dato tempo si è manifestata in tale o tale altro movimento, la scienza non ha però pronunciato la sua ultima parola, ond’è ch’essa ci potrebbe far benissimo conoscere l’epoca della nascita dei globi.

Qui il Materialismo affaccia una quantità di punti interrogativi, che, almeno in parte, avremo occasione di riprendere al capitolo seguente:

Primo. – Se alla forza creatrice importava – come i teisti pretendono – di creare dei mondi e delle abitazioni per gli uomini e per gli animali, a quale scopo creare lo spazio immenso, vuoto, deserto, in cui nuotano, come altrettanti corpuscoli impercettibili, sistemi interi di soli e di globi?

Secondo. – Perchè gli altri astri non sono abitati?

Terzo. – Perchè e a quale scopo le sproporzioni di grandezza fra gli astri del nostro sistema solare?

E tanti altri che non è il caso di ricordare.

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Vediamo ora i risultati dell’analisi psicologica.

Questi sono per avventura già noti ai lettori di questa Biblioteca, avendone, benchè brevemente, trattato in altro fascicolo, parlando della Dottrine Positiviste.

Il creatore di questa analisi fu Feuerbach, pel quale l’idea di Dio – lungi dal ritenersi innata come vuole la teologia – è un riflesso di una condizione psichica affatto relativa e transitoria. In altre parole l’idea di Dio nasce da ciò: che l’uomo trasporta il proprio io individuale fuori di sè stesso, e in questa trasposizione ne ingrandisce le proporzioni. – L’uomo primitivo, dice Feuerbach, subisce ingenuamente il fascino dei fenomeni naturali che lo circondano. Il tuono che mugge dietro le nuvole, la folgore che incenerisce la sua capanna, la tempesta che scatena furiosi i marosi sulla spiaggia, il vento che schianta gli alberi della foresta, tutto ciò insomma che commove la sua imaginazione lo lascia atterrito, sgomento, nello stesso tempo che gli suggerisce l’idea di un potere, di una volontà di fronte a cui egli è un nulla e da cui può essere anche solo in un attimo annichilito. Gli è così che l’uomo primitivo – impotente a cimentarsi corpo a corpo con la volontà ignota – si sente attratto a propiziarsela con la preghiera; hanno per tal modo origine le religioni, il rito. Nel concetto materialista l’idea di Dio, di una Causa Prima, quale la propugna la fede, non è dunque in ultima analisi che una sopravvivenza atavica del concetto antropomorfico, che abbiamo or ora chiarito – Si chiami a piacere Dio, o Creatore, o Causa Prima, o Primo Motore, o con altro nome qualsiasi, questo è fuor di contestazione: che la sua presenza nel campo della fede come della filosofia trae origine da quel primitivo stato della psiche umana, per il quale, ingrandendone a dismisura le proporzioni, l’uomo preistorico si imagina come esistente fuori di sè una volontà, un Io in tutto e per tutto simile a sè, vale a dire capace di bene e di male... Ma se questo è, a qual pro, incalza il Materialismo, seguitare a mantenere nella filosofia un’idea come l’idea di Dio?

L’idea di Dio deriva dalla natura umana; l’uomo civilizzato, scrive ancora Feuerbach, è un essere infinitamente superiore al Dio dei selvaggi, che incarna, per così dire, intensificato, il carattere della tribù... Riporterò qui – chè cadono a proposito – le parole di un filosofo greco il quale, pur essendo vissuto nel 572 a. C., ebbe l’intuizione chiara della genesi antropomorfica della divinità:

«I mortali – scrisse Senofane – sembrano credere che gli Dei abbiano la loro forma, i loro vestiti e la loro favella. I negri adorano degli Dei neri col naso schiacciato e i Traci degli Dei dagli occhi bleu e dalla rossa capigliatura. Se i buoi e i leoni avessero mani per fare imagini, certo creerebbero forme divine eguali alla loro specie.»

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