MEDITAZIONE VI. Degli educandati.

Se avete sposato una signorina la cui educazione si è compiuta in un educandato, vi sono trenta probabilità contro la vostra felicità in più di tutte le altre la cui enumerazione precede, e voi somigliate esattamente ad un uomo che ha posto la mano in un vespajo.

Quindi, immediatamente dopo la benedizione nuziale e senza lasciarvi infinocchiare dall’innocente ignoranza, dalle grazie ingenue e dal pudibondo contegno di vostra moglie, dovete meditare e seguir gli assiomi e i precetti che svilupperemo nella seconda parte di questo libro. Porrete anco in esecuzione i rigori della terza parte, esercitando subito un’attiva sorveglianza, spiegando una paterna sollecitudine ad ogni momento, perchè l’indomani stesso del suo matrimonio, la vigilia forse, vi sarà pericolo in casa.

Infatti ricordatevi un po’ dell’istruzione segreta e profonda che gli scolari acquistano de natura rerum, della natura delle cose. ‒ Lapeyrouse, Cook, o il capitano Parry ebbero essi mai tanto ardore per navigare verso i poli, quanto ne hanno i collegiali per correr verso i paraggi proibiti dell’oceano dei piaceri?

Le fanciulle, essendo più astute, più spiritose e più curiose dei giovani, avviene che tutti i loro clandestini convegni, le loro conversazioni ‒ che tutta l’arte delle matrone non potrebbe impedire ‒ debbono esser diretti da un genio mille volte più infernale di quello dei collegiali. Qual uomo ha mai udito le riflessioni morali e le insinuazioni maligne di quelle giovinette? Elleno sole conoscono quei giuochi dove l’onore si perde in anticipazione, quei tentativi di piacere, quella vaga ricerca di voluttà, quei simulacri di felicità, che si possono paragonare ai pasti fatti da fanciulli troppo ghiotti, alle frutta chiuse sotto chiave. Una fanciulla uscirà forse vergine dall’educandato, casta no. Ell’avrà più d’una volta discusso in segreti conciliaboli la questione importante degli amanti, e la corruzione avrà necessariamente influito sul di lei cuore e sul di lei spirito, sia detto senza antitesi.

Ammettiamo nondimeno che vostra moglie non abbia partecipato a quelle leccornie virginali, a quelle premature furberie. Perchè ella non ha avuto voto deliberativo ai consigli segreti delle grandi, sarà forse migliore? No. Là, avrà contratto amicizia con altre giovani damigelle, e saremo modesti non accordandole che due o tre amiche intime. Siete certo che vostra moglie uscita di educandato, non avrà ammesso le sue giovani amiche a quei conciliaboli dove si cercava conoscere anticipatamente i giuochi delle colombe? Finalmente le sue amiche si mariteranno; avrete allora quattro donne da sorvegliare invece di una, quattro caratteri da indovinare, e sarete alla mercè di quattro mariti e di una dozzina di scapoli, dei quali ignorate completamente la vita, i principii e le abitudini, quando le nostre meditazioni vi avranno fatto discernere la necessità, in cui dovete essere un giorno di occuparvi delle persone che avete sposate con vostra moglie senza aspettarvelo. Satana solo ha potuto immaginare un istituto di signorine in mezzo ad una gran città. Almeno la signora Campan aveva impiantata la sua famosa istituzione a Écouen. Quella savia precauzione prova che ella non era una donna ordinaria. Là, le sue signorine non vedevano il museo delle strade, composto d’immense e grottesche immagini e di oscene parole dovute alla matita dello spirito maligno. Non avevano incessantemente sotto gli occhi lo spettacolo delle infermità umane, esposto in Francia sopra ogni muricciuolo, e perfidi gabinetti letterarii non vomitavano in segreto il veleno dei libri istruttori ed incendiari. Quindi quella saggia e dotta institutrice non poteva meglio che ad Ecouen conservare una giovinetta intatta e pura, se ciò era possibile.

Sperereste forse impedir facilmente a vostra moglie di veder le sue amiche d’educandato? Follia ! Essa le incontrerà al ballo, allo spettacolo, alla passeggiata, dappertutto; e quanti servigi non possono rendersi due donne! Ma noi mediteremo questo nuovo soggetto di terrore a suo tempo e a suo luogo.

E non è tutto ancora: se la vostra suocera ha posto sua figlia in un educandato, credete voi che sia nell’interesse di sua figlia? Una ragazzina di dodici a quindici anni è un terribile Argo; e se la suocera non volesse l’Argo in casa sua, comincerei a sospettare che la vostra signora suocera appartiene inevitabilmente alla parte più dubbiosa delle nostre donne oneste. Dunque, in ogni occasione, ella sarà per sua figlia, o un esempio fatale o un pericoloso consigliere.

Fermiamoci.... la suocera esige una intiera meditazione.

Perciò, da qualunque parte vi voltiate, il letto conjugale è in questa occorrenza, ugualmente spinoso.

Prima della rivoluzione, alcune famiglie aristocratiche, mandavano le loro figlie in convento. Questo esempio era seguito da gran numero di gente le quali s’immaginavano che ponendo le loro figlie là, dov’esse trovavano quelle di un gran signore, ne prenderebbero il tono e le maniere. Quest’errore dell’orgoglio, era da prima fatale alla felicità; e poi i conventi avevano tutti gli inconvenienti degli educandati. L’ozio vi regna più terribile. Le inferriate claustrali infiammano la immaginazione. La solitudine è una delle provincie più care al diavolo: e non si vorrebbe credere quali guasti i fenomeni più ordinari della vita possono produrre nell’anima di quelle giovinette fantasticanti, ignoranti e disoccupate.

Le une, a forza d’aver carezzate delle chimere, danno luogo a dei qui pro quo più o meno bizzarri. Altre essendosi esagerata la felicità conjugale, dicono fra sè: Come? Non si tratta che di ciò? quando appartengono ad un marito. In ogni modo la incompleta istruzione che possono acquistare le fanciulle educate in comune, ha tutti i pericoli dell’ignoranza e tutte le disgrazie della scienza.

Una giovinetta allevata in casa da una madre o da una vecchia zia, virtuose, bigotte, amabili o bisbetiche; una giovinetta i cui passi non hanno mai varcata la domestica soglia, senza esser circondata di cappucci, la cui infanzia laboriosa è stata affaticata da lavori anco inutili, alla quale infine tutto è sconosciuto, anco lo spettacolo di Serafino, è uno di quei tesori che s’incontrano, qua e là nel mondo, come quei fiori di bosco circondati da tanti cespugli, che gli occhi mortali non hanno potuto raggiungere. Colui che, padrone d’un fiore sì soave, sì puro, lo lascia coltivare ad altri, ha meritato mille volte la sua disgrazia. È un mostro o uno sciocco.

Sarebbe bene esaminare in questo momento se esiste un modo qualunque di fare un buon matrimonio, e di procrastinare indefinitamente le precauzioni, il cui insieme sarà presentato nella seconda e terza parte; ma non è ben provato che è più facile legger la Scuola delle donne in un forno ermeticamente chiuso, di quel che non è il poter conoscere il carattere, le abitudini e lo spirito di una fanciulla da marito?

La maggior parte degli uomini non si ammogliano assolutamente come se comperassero una certa quantità di rendita alla Borsa?

E se nella precedente meditazione siamo riusciti a dimostrarvi che il più gran numero degli uomini resta nella più profonda incuria del suo proprio onore, in fatto di matrimonio, è egli ragionevole credere che s’incontreranno molte persone abbastanza ricche, abbastanza spiritose, abbastanza osservatrici, da perdere, come il Burchell del Vicario di Wakefield, uno o due anni del loro tempo, a indovinare, a spiare le fanciulle destinate ad esser loro mogli, quando si occupano così poco di essa, dopo averle conjugalmente possedute quel lasso di tempo che gli inglesi chiamano la Luna di miele, e del quale non tarderemo a discutere l’influenza?

Nonostante, siccome abbiamo riflettuto a lungo su questa importante materia, faremo osservare che esiste qualche mezzo di scegliere più o meno bene, anche scegliendo prontamente.

Egli è, per esempio, fuor di dubbio, che le probabilità saranno in vostro favore:

1.o Se avete presa una signorina, il cui temperamento somigli a quello delle donne della Luisiana e della Carolina.

Per ottenere informazioni certe sul temperamento d’una giovinetta bisogna mettere in vigore, con le cameriere, il sistema di cui parla Gil Blas, e che venne adoperato da un uomo di Stato, per conoscere le cospirazioni, o sapere in qual modo i ministri avevano passato la notte.

2.o Se scegliete una signorina che, senza esser brutta, non appartenga alla classe delle belle donne.

Noi riteniamo come principio certo che, per essere meno disgraziati che è possibile nel matrimonio, una gran dolcezza d’anima accoppiata in una donna ad una sopportabile bruttezza, sono due infallibili elementi di successo.

Ma volete saper la verità? Aprite Rousseau, perchè non si agiterà una questione di morale pubblica della quale egli non abbia anticipatamente indicato la portata. Leggete:

«Nei popoli che hanno dei costumi, le fanciulle sono facili e le donne severe. È il contrario presso quelli che non ne hanno.»

Risulterebbe dall’adozione del principio che consacra questa profonda e vera osservazione, che non vi sarebbero tanti matrimoni sciagurati se gli uomini sposassero le loro amanti. L’educazione delle fanciulle dovrebbe allora subire importarti modificazioni in Francia. Fin qui, le leggi e i costumi francesi, posti fra un delitto ed un crimine da prevenire, hanno favorito il crimine. Infatti, la colpa d’una fanciulla è appena un delitto, se la paragonate a quella commessa dalla donna maritata. Non vi è dunque incomparabilmente meno pericolo a dar la libertà alle fanciulle che a lasciarla alle donne? L’idea di prendere una fanciulla a prova, farà pensare più uomini gravi, di quel che non farà ridere storditi. I costumi della Germania, della Svizzera, dell’Inghilterra e degli Stati Uniti danno alle fanciulle dei diritti che in Francia parrebbero il pervertimento d’ogni morale, e nondimeno è certo che in questi tre paesi i matrimoni sono meno disgraziati che la Francia.

«Quando una donna si è data intieramente a un amante, ella deve aver bene conosciuto colui che l’amore le offriva. Il dono della sua stima e della sua confidenza ha necessariamente preceduto quello del suo cuore.»

Splendide di verità queste linee hanno forse illuminato l’oscuro carcere in fondo al quale Mirabeau le scriveva, e la feconda osservazione che esse racchiudono, quantunque dovuta alla più focosa delle passioni, non domina perciò meno il problema sociale del quale ci occupiamo. Infatti, un matrimonio, cementato sotto gli auspici del religioso esame che suppone l’amore, e sotto l’impero della disillusione da cui è seguito il possesso, dev’essere la più indissolubile di tutte le unioni.

Una donna non può più allora rimproverare a suo marito il diritto legale in virtù del quale ella gli appartiene. Ella non può più trovare in quella sommissione forzata una ragione per darsi ad un amante, quando più tardi ella ha nel suo proprio cuore un complice, i cui sofismi la seducono, chiedendole venti volte in un’ora, perchè essendosi data contro sua volontà ad un uomo che non amava affatto, non si darebbe di buona volontà ad un uomo che ella ama. Una donna non ha più allora appiglio alcuno per lagnarsi di questi difetti inseparabili dalla natura umana; ella ne ha anticipatamente subito la tirannia e sposati i capricci.

Molte giovinette saranno ingannate nelle speranze del loro amore!... Ma non vi sarà per esse un immenso beneficio a non esser le compagne di uomini che avrebbero il diritto di disprezzare?

Alcuni predicatori di sperpetua, grideranno che un tal cangiamento nei nostri costumi autorizzerebbe una spaventevole dissoluzione pubblica; che le leggi, e gli usi che dominano le leggi, non possono, in conclusione, consacrare lo scandalo e l’immoralità; e che, se esistono mali inevitabili, almeno la società non deve santificarli.

È facile rispondere, prima di tutto, che il sistema proposto tende a prevenire quei mali che si sono fino ad oggi considerati come inevitabili; ma per quanto poco esatti siano i calcoli della nostra statistica, essi hanno sempre accusato una immensa piaga sociale, ed i nostri moralisti preferirebbero dunque il più gran male al minimo; la violazione del principio sul quale riposa la società, ad una dubbiosa licenza nelle fanciulle; la dissoluzione delle madri di famiglia che corrompe le sorgenti dell’educazione pubblica e fa la disgrazia d’almeno quattro persone, alla dissoluzione d’una giovinetta che non compromette che sè stessa, e tutt’al più, un bambino. Perisca la virtù di dieci vergini, piuttosto che quella santità di costumi, quella corona d’onore, di cui una madre di famiglia deve camminare adornata! Vi è nel quadro che presenta una giovinetta abbandonata dal suo seduttore un non so che d’imponente e di sacro; si tratta di giuramenti violati, di sante confidenze tradite, e, sui ruderi delle più facili virtù, l’innocenza in pianto, dubitante di tutto, dubitante dell’amore di un padre pel suo figliuolo. La sciagurata è sempre innocente; ella può diventare una sposa fedele, una tenera madre; e se il passato si è caricato di nubi, l’avvenire è azzurro come un cielo puro. Troveremo noi quei dolci colori nei cupi quadri dei nostri illegittimi amori? In uno la donna è vittima, negli altri è colpevole. Dov’è la speranza della donna adultera? Se Dio le rimette il suo fallo, la vita più esemplare non potrebbe cancellarne quaggiù i frutti viventi. Se Giacomo I è figlio di Rizzio, il delitto di Maria è durato quanto la sua deplorabile e real casa, e la caduta degli Stuardi è giustizia.

Ma, in buona fede, la emancipazione delle fanciulle racchiude dunque in sè tanti danni?

È facilissimo accusare una giovinetta di lasciarsi ingannare dal desiderio di sfuggire ad ogni costo allo stato di nubile; ma ciò non è vero che nella situazione attuale dei nostri costumi.

Oggi una giovinetta non conosce nè la seduzione, nè i suoi inganni; non si appoggia che alla sua debolezza, e discernendo le comode massime del bel mondo, la sua ingannevole immaginazione, governata da desiderii che tutto fortifica, è una guida di tanto più cieca, inquantochè raramente una fanciulla confida ad altri, i segreti pensieri del suo primo amore.

Se ella fosse libera, una educazione esente da pregiudizi, l’armerebbe contro l’amore del primo venuto. Ella sarebbe come lo sono tutti, molto più forte contro i pericoli conosciuti, che contro quelli la cui estensione è nascosta. D’altronde coll’esser padrona di sè stessa, una fanciulla sarà meno per ciò sotto l’occhio vigilante di sua madre? Si conterebbe forse per niente quel pudore e quei timori che la natura non ha posto tanto potenti nell’anima d’una giovinetta, se non per preservarla dalla disgrazia d’essere di un uomo che non l’ama? Infine, dov’è la donna così poco calcolatrice, da non sapere indovinare che l’uomo il più immorale, vuol trovare dei principii nella propria moglie, come i padroni vogliono che i loro domestici siano perfetti; e che allora, per lei la virtù è il più ricco e il più fecondo di tutti i commerci?

Dopo tutto, di che si tratta qui? Per chi credete che stipuliamo? Tutto al più per cinque o seicentomila verginità, armate delle loro ripugnanze e dell’alto prezzo al quale esse si valutano; esse sanno tanto ben difendersi quanto vendersi bene.

I diciotto milioni d’esseri che noi abbiamo posto fuori questione, si maritano quasi tutti secondo il sistema che cerchiamo di far prevalere nei nostri costumi: e quanto alle classi intermedie, pel cui mezzo i nostri poveri bimani sono separati dagli uomini privilegiati che procedono alla testa d’una nazione, il numero dei fanciulli naturali, che queste classi semi-agiate abbandonano alla sventura, andrebbe crescendo dopo la pace, se dobbiamo prestar fede a Benoiston di Châteauneuf, uno dei più coraggiosi sapienti che si sien votati alle aride ed utili ricerche della statistica. Ora, a qual piaga profonda non arrecheremo rimedio, se si pensa alla molteplicità dei bastardi che ci denunzia la statistica, ed agli infortuni che i nostri calcoli fanno sospettare nell’alta società!

Ma è difficile di fare scorgere qui tutti i vantaggi che risulterebbero dalla emancipazione delle fanciulle. Quando arriveremo ad osservare le circostanze che accompagnano il matrimonio, tale quale i nostri costumi l’hanno concepito, gli spiriti giudiziosi potranno apprezzare tutto il valore del sistema di educazione e di libertà che noi domandiamo per le giovinette in nome della ragione e della natura.

Il pregiudizio che abbiamo in Francia sulla verginità delle maritate, è il più sciocco di tutti quelli che ci restano. Gli orientali prendono le loro donne senza inquietarsi del passato, e le rinchiudono per esser più certi dell’avvenire; i francesi mettono le fanciulle in certe specie di serragli difesi da alcune madri, da pregiudizii e da idee religiose; e danno la più completa libertà alle loro mogli, inquietandosi così più del passato che dell’avvenire. Non si tratterebbe dunque che di far subire una inversione ai nostri costumi. Noi finiremo forse allora per dare alla fedeltà conjugale tutto il sapore e l’intingolo che le donne trovano oggi nelle infedeltà.

Ma questa discussione ci allontanerebbe troppo dal nostro soggetto, se occorresse esaminare in tutti suoi dettagli quell’immenso miglioramento morale che reclamerà senza dubbio, la Francia al ventesimo secolo; perchè i costumi si riformano lentamente! Non bisogna forse per ottenere il più leggero cambiamento, che l’idea più ardita del secolo passato, sia divenuta la più triviale del secolo presente? Quindi, egli è in qualche modo per civetteria che abbiamo toccato tale questione; sia per mostrare che essa non ci è sfuggita, sia per lasciare un’opera di più ai nostri nepoti; e, per buona misura, questa la terza: la prima concerne le meretrici, e la seconda è la fisiologia del piacere!

Quando saremo al dieci, noi faremo una croce.

Nello stato attuale dei nostri costumi e della nostra imperfetta civiltà, esiste un problema, insolubile pel momento, e che rende superflua ogni dissertazione relativa all’arte di scegliere una moglie; noi lo lasciamo, come tutti gli altri, alla meditazione dei filosofi.

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