Teorema.

L’uomo passa dall’avversione all’amore; ma quando ha cominciato coll’amare e che giunge all’avversione, non torna all’amore.

————

In certe organizzazioni umane, i sentimenti sono incompleti come il pensiero può esserlo in alcune immaginazioni sterili. Al modo stesso che le menti sono dotate della facilità di afferrare i rapporti esistenti fra le cose senza trarne la conclusione, della facoltà di comprendere ogni rapporto separatamente senza riunirli, della forza di vedere, di comparare e di esprimere; così le anime possono concepire i sentimenti in maniera imperfetta.

Il talento in amore come in ogni altra arte, consiste nella riunione della potenza di concepire e di quella di eseguire.

Il mondo è pieno di gente che canta arie senza ritornello, che ha dei quarti d’idea come dei quarti di sentimento; e che non coordina meglio i movimenti delle sue affezioni che i suoi pensieri. Sono, in una parola, esseri incompleti. Unite una bella intelligenza ad una intelligenza mancata, e preparate una disgrazia; perchè bisogna che l’equilibrio si ritrovi in tutto.

Noi lasciamo ai filosofi d’alcova ed ai savi di retrobottega il piacere di cercare le mille maniere, per mezzo delle quali i temperamenti, gli animi, le situazioni sociali e la fortuna, rompono gli equilibri, e non andiamo ad esaminare l’ultima causa che influisce sul tramonto delle lune di miele e il sorgere delle lune rosse.

Vi è nella vita un principio più potente della vita stessa. È un movimento, la cui rapidità procede da una sconosciuta impulsione. L’uomo ne sa tanto del segreto di questa rotazione, quanto la terra è iniziata alle cause della sua. Questo non so che, che chiamerei volontieri la corrente della vita, si porta via i nostri pensieri più cari, logora la volontà del più gran numero, e ci trascina tutti nostro malgrado. Perciò, un uomo pieno di buon senso, che non mancherà nemmeno di pagar le sue cambiali, se è negoziante, che ha potuto evitare la morte, o, cosa più crudele forse! una malattia, con l’osservanza d’una pratica facile, ma quotidiana, viene debitamente e bene inchiodato fra quattro assi, dopo avere detto fra sè tutte le sere: «Oh! dimani non dimenticherò le mie pastiglie!» Come spiegate questo strano fascino, che domina tutte le cose della vita? È forse mancanza di energia? Gli uomini più potenti di volontà, vi sono stati sottomessi. È forse difetto di memoria? Le genti che possiedono al più alto grado questa qualità, vi sono soggette.

Questo fatto, che ciascuno ha potuto riconoscere nel suo vicino, è una delle cause che escludono la maggior parte dei mariti dalla luna di miele. L’uomo il più saggio, colui che fosse sfuggito agli scogli che abbiamo già segnalato, non evita qualche volta le insidie che si è teso da per sè stesso.

Io mi sono accorto che l’uomo agiva col matrimonio e co’ suoi pericoli come con le parrucche; e forse sono una formula per la vita umana le fasi seguenti del pensiero riguardo alla parrucca:

Prima epoca. – Avrò io mai i capelli bianchi?

Seconda epoca. – In tutti i casi, se ho dei capelli bianchi non porterò mai parrucca. Dio! Come è brutta una parrucca!

Una mattina voi sentite una voce giovine, che l’amore ha fatto vibrare più volte di quel che non l’ha estinta, esclamare: Come? Tu hai un capello bianco!

Terza epoca. – Perchè non avere una parrucca ben fatta che ingannerebbe completamente la gente? Vi è un certo qual merito nell’ingannare tutti! Eppoi, una parrucca tien caldo, fa evitar le infreddature, ecc.

Quarta Epoca. – La parrucca è sì destramente messa, che ingannate tutti quelli che non vi conoscono.

La parrucca vi preoccupa, e l’amor proprio vi rende tutte le mattine rivale del più abile parrucchiere.

Quinta epoca. – La parrucca negletta. Dio! Com’è nojoso doversi scoprire la testa tutte le sere, per pettinarla tutte le mattine!

Sesta epoca. – La parrucca lascia passare qualche capello bianco; vacilla, e l’osservatore scorge sulla vostra nuca una linea bianca, che forma un contrasto con le gradazioni più cupe della parrucca, circolarmente rimboccata dal colletto del vostro abito.

Settima epoca. – La parrucca somiglia alla gramigna e (passatemi l’espressione) voi vi fate beffe della vostra parrucca.

— Signore, mi disse una delle potenti intelligenze femminine, che hanno avuto la degnazione di illuminarmi sopra alcuni dei passaggi oscuri del mio libro, che intendete dire con cotesta parrucca?

— Signora, risposi io, quando un uomo cade nella indifferenza verso la parrucca, egli è... egli è, ciò che vostro marito probabilmente non è.

— Ma, mio marito non è... (Essa cercava). Non è... amabile; non è molto... in salute; non è... d’un umore uguale; non è...

— Allora, signora, è forse indifferente alla parrucca?

Ci guardammo, ella con una dignità molto ben simulata, io con un impercettibile sorriso.

— Vedo, soggiunsi, che è necessario rispettar le orecchie del piccol sesso, perchè è la sola cosa che esso abbia di casto. Io, presi l’attitudine di un uomo che ha qualche cosa di importante a rivelare, e la bella signora abbassò gli occhi, come se dubitasse di dover arrossire durante quel discorso.

— Signora, ripresi, non si impiccherebbe un ministro come in passato, per un o per un no. Un Châteaubriand, non torturerebbe Francesca di Foix, e noi non portiamo più al fianco una lunga spada, per vendicar l’ingiuria. Ora, in un secolo in cui la civiltà ha fatto sì rapidi progressi, in cui ci insegnano qualunque scienza in ventiquattro lezioni, tutto ha dovuto seguir questo slancio verso la perfezione. Noi non possiamo dunque parlar più la lingua maschia, rude e grossolana dei nostri antenati. L’età nella quale si fabbricano tessuti sì fini, sì brillanti, mobili tanto eleganti, porcellane tanto ricche, doveva esser l’età delle perifrasi e delle circonlocuzioni.

Bisogna tentar di foggiar qualche parola nuova per sostituir la comica espressione di cui si è servito Molière: poichè, come ha detto un autore contemporaneo, il linguaggio di questo grand’uomo è troppo libero per le signore le quali trovano la mussolina troppo fitta per le loro vesti. Adesso le genti di mondo, non ignorano più di quel che lo ignorano i sapienti, il gusto innato dei Greci per i misteri. Questa poetica nazione, aveva saputo imprimere tinte favolose alle antiche tradizioni della sua istoria. Alla voce dei suoi rapsodi, al tempo stesso poeti e romanzieri, i re diventavano iddii, e le loro galanti avventure si trasformavano in allegorie immortali. Secondo il signor Chompré, laureato in legge, autore classico del Dizionario della Mitologia, il Labirinto era «un recinto boschivo e ornato di fabbricati, in tal modo disposti, che quando un giovine vi era entrato una volta, non poteva più trovarne l’uscita.» Qua e là alcuni boschetti fioriti s’offrivano alla sua vista, ma in mezzo ad una moltitudine di viali che s’intersecavano in tutti i sensi e presentavano sempre all’occhio una strada uniforme; fra i rovi, le roccie e le spine, il paziente doveva combattere un animale chiamato Minotauro. Ora, signora, se volete farmi l’onore di ricordarvi che il Minotauro era di tutte le bestie cornute, quella che la mitologia ci segnala come la più pericolosa; tanto, che per sottrarsi alle sue devastazioni, gli Ateniesi s’erano sottomessi a consegnargli; ogni anno buono o cattivo, cinquanta vergini; voi non parteciperete all’errore di questo buon signor di Chompré, che non vede in ciò se non un giardino inglese, e riconoscerete in questa favola ingegnosa, una allegoria delicata, o, diciamo meglio, una immagine fedele e terribile dei pericoli del matrimonio. Le pitture recentemente scoperte ad Ercolano, hanno terminato di provar questa opinione. Infatti, i sapienti avevano lungamente creduto, secondo alcuni autori, che il Minotauro fosse un animale mezzo uomo e mezzo toro; ma la quinta incisione delle antiche pitture d’Ercolano, ci rappresenta questo mostro allegorico coll’intero corpo di un uomo, tranne la testa che è di toro; e, per togliere ogni specie di dubbio, egli è abbattuto ai piedi di Teseo. – Ebbene! Signora, perchè non dimanderemmo noi alla mitologia di venire in soccorso della ipocrisia che s’impadronisce di noi, e ci vieta di ridere come ridevano i nostri padri? Così, quando nel mondo una giovine signora non ha saputo stender benissimo il velo sotto il quale una donna onesta copre la sua condotta, là dove i nostri antenati avrebbero ruvidamente spiegato tutto con una sola parola, voi, come uno sciame di altre belle signore reticenti, vi contentate di dire: sì, Ah! è amabilissima, ma... – Ma che? – Ma è spesso inconseguente... Ho cercato a lungo, signora, il senso di quest’ultima parola, e sopratutto la figura retorica per mezzo della quale le facevate esprimere il contrario di ciò che significa; le mie meditazioni sono state vane, – Vert-Vert ha dunque, per ultimo, pronunziata la parola dei nostri antenati, e per di più si è diretto disgraziatamente ad innocenti religiose, le cui infedeltà non intaccano in nulla l’onore degli nomini. Quando una donna è inconseguente, il marito, sarebbe secondo me, minotaurizzato. Se il minotaurizzato è un galantuomo, se gode d’una certa stima – e molti mariti meritano realmente d’esser compianti – allora parlando di lui direte almeno, con una vocina carezzante: Il signor A... è un uomo stimabilissimo; sua moglie è assai graziosa, ma si pretende che egli non sia felice nel suo interno. Perciò, signora, l’uomo stimabile, disgraziato nel suo interno, l’uomo che ha una moglie inconseguente, o il marito minotaurizzato, sono semplicemente mariti al modo di Molière, – Ebbene! dea del gusto moderno, queste espressioni, vi pajono esse d’una trasparenza abbastanza casta?

— Ah! mio Dio – diss’ella sospirando – se la cosa resta, che importa sia espressa con due sillabe piuttostochè con cento?

Ella mi salutò con una riverenza ironica e disparve, andando senza dubbio a raggiungere quelle contesse da prefazione e tutte quelle creature metaforiche, tanto spesso adoperate dai romanzieri a rintracciare o a comporre manoscritti antichi.

Quanto a voi, esseri meno numerosi e più reali, che mi leggete, se fra voi vi sono alcuni che facciano causa comune col mio campione conjugale, vi avverto che non diventerete tutto ad un tratto disgraziato nel vostro interno. Un uomo giunge a quella temperatura grado grado e insensibilmente. Molti mariti sono anco rimasti disgraziati nel loro interno tutta la loro vita, senza saperlo. Questa rivoluzione domestica s’opera sempre secondo regole fisse; perchè le rivoluzioni della luna di miele sono tanto sicure quanto le fasi della luna celeste e si applicano a tutti i matrimoni. Non abbiamo provato che la natura morale ha le sue leggi come la natura fisica?

La vostra giovane moglie non prenderà mai, come lo abbiamo detto altrove, un amante, senza far serie riflessioni.

Al momento in cui la luna di miele decresce, voi avete piuttosto sviluppato in lei il sentimento del piacere, anzichè averla soddisfatta; voi le avete aperto il libro della vita, ed ella concepisce ammirabilmente dal vostro facile e prosaico amore, la poesia che deve resultare dall’accordo delle anime e delle voluttà. Come un uccello timido, spaventato ancora dal fragore della moschetteria che è cessata, ella sporge la testa fuori del nido, si guarda intorno, e vede il mondo; e, conoscendo la spiegazione della sciarada che avete proposto, sente istintivamente il vuoto della vostra languente passione. Essa indovina che non è più se non con un amante che potrà riconquistare il delizioso uso del suo libero arbitrio in amore.

Voi avete seccato della legna verde per un fuoco avvenire.

Nella situazione in cui vi trovate l’uno e l’altra, non esiste donna, neppur la più virtuosa, che non si sia trovata degna d’una grande passione, che non l’abbia sognata e che non creda d’essere infiammabilissima; perchè vi è sempre dell’amor proprio nell’aumentar le forze d’un nemico vinto.

— Se il mestiere di donna onesta, non fosse che pericoloso, passi... mi diceva una vecchia signora; ma è nojoso, ed io non ho mai incontrato nessuna donna virtuosa che non si reputasse una minchiona.

Allora, e prima ancora che niun amante si presenti, una donna ne discute, per così dire, la legalità; ella subisce un combattimento che fanno fra loro i doveri, le leggi, la religione ed i desiderii segreti d’una natura che non riceve freno, se non da colui che ella s’impone. Là comincia per voi un ordine di cose tutto nuovo; là si trova il primo avvertimento che la natura, questa indulgente e buona madre, dà a tutte le creature che stanno per correr qualche pericolo. La natura ha posto al collo del Minotauro un sonaglietto, come alla coda di quello spaventevole serpente, che è il terrore del viaggiatore. Allora si dichiarano in vostra moglie quelli che noi chiamiamo i primi sintomi, e sciagura a coloro che non hanno saputo combatterli! Quelli che leggendoci si ricorderanno di averli veduti manifestarsi nel loro interno, possono passare alla conclusione di questo lavoro, e vi troveranno qualche consolazione.

La situazione, nella quale una coppia rimane più o meno lungamente, sarà il punto di partenza della nostra opera, come è il termine delle nostre osservazioni generali. Un uomo di spirito deve saper riconoscere i misteriosi indizi, i segni impercettibili, e le rivelazioni involontarie che una donna lascia sfuggire allora; perchè la Meditazione seguente potrà tutto al più accusarne le grosse linee ai neofiti della scienza sublime del matrimonio.

Share on Twitter Share on Facebook