Forse le Meditazioni precedenti avranno piuttosto sviluppato sistemi generali di condotta, anzichè avere presentato i mezzi di respingere la forza con la forza. Sono farmachi e non topici. Ora ecco i mezzi personali che la natura vi ha posto fra le mani per difendervi, perchè la Provvidenza non ha dimenticato nessuno; se essa ha dato alla seppia quell’umor nero che le serve a produrre una nube, nel cui seno si nasconde alla vista del suo nemico, dovete ben pensare che non ha lasciato un marito senza spada; ora il momento è venuto di sguainare la vostra.
Voi avete dovuto esigere, ammogliandovi, che vostra moglie allatterebbe i suoi figli; allora ponetela nell’imbarazzo e nelle cure di una gravidanza o di un allattamento; allontanerete così il pericolo, almeno di un anno o due.
Una donna occupata a mettere al mondo e a nutrire un marmocchio, non ha realmente il tempo di pensare ad un amante; inoltre ella è prima e dopo il parto, fuori di stato di presentarsi nel mondo. Difatti, in qual modo la più immodesta delle donne distinte, delle quali si tratta in questo lavoro, oserebbe mostrarsi incinta, e portare a spasso quel frutto nascosto, suo pubblico accusatore? O lord Byron, tu che non volevi veder la donne quando mangiavano!
Sei mesi dopo il suo parto, e quando il bambino ha ben poppato, appena appena una donna incomincia a poter rigodere della sua freschezza e della sua libertà.
Se vostra moglie non ha nutrito il suo primo figlio, voi avete troppo spirito per non trar vantaggio da questa circostanza e per farle desiderare di nutrir quello che essa porta nel seno. Le leggete l’Emilio di Gian Giacomo, infiammate la sua immaginazione coi doveri delle madri, esaltate il suo morale, ecc., ecc., insomma, siete uno sciocco o un uomo di spirito; e anco nel primo caso, leggendo questo lavoro, sareste sempre minotaurizzato; nel secondo dovete comprendere a volo.
Questo primo mezzo vi è virtualmente personale. Vi darà molto campo per mettere in esecuzione gli altri mezzi.
Da che Alcibiade tagliò le orecchie e la coda al suo cane, per fare un piacere a Pericle, il quale si trovava sulle braccia una specie di guerra di Spagna e le forniture Ouvrard, di cui s’occupavano allora gli Ateniesi, non esiste un ministro che non abbia cercato di tagliare le orecchie a qualche cane.
Anche in medicina, quando una infiammazione si dichiara sopra un punto capitale dell’organismo, si opera una piccola contro-rivoluzione sopra un altro punto, coi mezzi suggeriti dalla scienza.
Un altro mezzo consiste dunque nell’applicare a vostra moglie un vescicante, o a ficcarle nello spirito qualche ago che la punga fortemente e faccia diversione in vostro favore.
Un uomo di molto spirito aveva fatto durare la sua luna di miele quasi quattr’anni; la luna scemava, ed egli incominciava a scorger l’arco fatale. Sua moglie era precisamente nello stato in cui noi abbiamo rappresentato ogni donna onesta alla fine della nostra prima parte: ella aveva preso gusto per un pessimo soggetto piccolo e brutto, ma che non era suo marito. In quella circostanza, quest’ ultimo pensò ad una tagliata di coda al cane, cosa che rinnovò per parecchi altri anni, il contratto d’affitto assai fragile della sua felicità. Sua moglie s’era barcamenata con tanta scaltrezza, che egli sarebbe stato imbarazzatissimo per mettere alla porta l’amante, col quale ella aveva una parentela lontana assai. Il pericolo diventava di giorno in giorno più imminente. L’odor di Minotauro si sentiva dappertutto. Una sera il marito rimase immerso in un dispiacere profondo, visibile, allarmante. Sua moglie era già arrivata al punto di dimostrargli maggior amicizia che non aveva sentito per lui nemmeno al tempo della luna di miele, e perciò dimande sopra dimande. – Da sua parte, silenzio profondo. – Le dimande raddoppiano; sfuggono alcune reticenze al signore, ed annunziano una gran disgrazia! Egli aveva applicato un vescicante giapponese, che bruciava come un auto da fè del 1600. La moglie adoperò subito mille espedienti per sapere se l’afflizione di suo marito era causata da quell’amante in erba; primo intrigo pel quale spiegò mille astuzie.
L’immaginazione trottava.... Dell’amante? Non n’era più questione. Non bisognava, innanzi tutto, scoprire il segreto di suo marito?
Una sera il marito, spinto dal desiderio di confidar le sue pene alla sua tenera amica, le dichiarò che tutto il loro avere era perduto. Bisognava rinunziare all’equipaggio, al palco in teatro, ai balli, alle feste, a Parigi; forse esiliandosi in una campagna per un anno o due, potevano tutto ricuperare! Dirigendosi all’immaginazione di sua moglie, al suo cuore, egli la compianse d’essersi unita alla sorte d’un uomo innamorato di lei, è vero, ma senza patrimonio; si strappò alcuni capelli, e costrinse la donna ad esaltarsi a profitto dell’onore; allora, nel primo delirio di quella febbre conjugale, egli la condusse alla sua campagna. Là nuova scarificazione, senapismi sopra senapismi, e nuove code di cane tagliate. Fece fabbricare un’ala gotica al castello; la signora voltò e rivoltò dieci volte il parco per avere acque, laghi, movimenti di terreno, ecc., ecc. Finalmente il marito, sul più bello di quest’affare, non dimenticava il suo progetto. Quindi letture curiose, premure e cure delicate, ecc., ecc. – Notate che si guardò bene dal rivelar mai a sua moglie quest’astuzia, e se la fortuna tornò, fu precisamente in seguito alla costruzione delle ali e delle somme enormi spese a far argini e corsi d’acqua; egli le provò che il lago dava una caduta d’acqua, sulla quale si erano stabiliti dei mulini, ecc.
Ecco un cataplasma conjugale bene applicato, perchè quel marito non dimenticò nè di fare dei figli, nè di invitare dei vicini nojosi, sciocchi o anziani; e se veniva l’inverno a Parigi, gettava sua moglie in un tal vortice di balli e di corse, che essa non aveva un minuto da accordare agli amanti, frutti necessari d’una vita oziosa.
I viaggi in Italia, in Borgogna e in Grecia, le malattie subitanee che esigono le acque, e le acque più lontane, sono anche buoni cataplasmi. Insomma, un nomo di spirito deve saperne trovare mille per uno.
Continuiamo l’esame dei nostri mezzi personali.
Qui noi vi faremo osservare che ragioniamo secondo una ipotesi, senza la quale lascereste il libro, ed è questa: che la vostra luna di miele è durata un tempo abbastanza lungo, e che la signorina della quale avete fatto la vostra moglie era vergine; in caso contrario, e secondo i costumi francesi, vostra moglie non vi avrebbe sposato che per diventare inconseguente.
Al momento in cui comincia, nel vostro domicilio conjugale, la lotta fra la virtù e la inconseguenza, tutta la questione risiede in un parallelo perpetuo e involontario che vostra moglie stabilisce fra voi ed il suo amante.
Lì, esiste ancora per voi un mezzo di difesa intieramente personale, raramente adoperato dai mariti, ma che gli uomini superiori non temono di esperimentare. Esso consiste nel fare la concorrenza e nel superare l’amante, senza che vostra moglie possa sospettare il vostro disegno. Voi dovete condurla a dirsi dispettosamente una sera mentre si sta incartando i capelli: «Ma mio marito vale di più!»
Per riuscire voi dovete, avendo sull’amante il vantaggio immenso di conoscere vostra moglie, e sapendo come la si ferisce, dovete con tutti la finezza di un diplomatico, far commettere delle goffaggini a quest’amante, rendendolo spiacente per sè stesso, senza che egli se ne accorga.
Dapprima, secondo l’uso, quest’amante ricercherà la vostra amicizia, oppure avrete amici comuni; allora sia per mezzo di tali amici, sia per mezzo d’insinuazioni destramente perfide, lo ingannate su dei punti essenziali, e con un po’ di abilità vedete vostra moglie disgustarsi del suo amante, senza che nè lei, nè lui, possano mai indovinarne la causa.
Voi avete creato nell’interno del vostro domicilio, una commedia in cinque atti, dove recitate, a vostro profitto, le parti tanto brillanti di Figaro o di Almaviva, e, durante qualche mese, tanto più vi divertite quanto più il vostro amor proprio, la vostra vanità, il vostro interesse, tutto è vivamente posto in moto.
Ho avuto la fortuna di piacere nella mia gioventù a un vecchio emigrato, che mi die’ quegli intimi rudimenti di educazione che i giovani ricevono ordinariamente dalle donne. Questo amico, di cui la memoria mi sarà sempre cara, m’insegnò col suo esempio a mettere in opera quegli strattagemmi diplomatici che dimandano non meno acume che grazia.
Il conte di Nocé era tornato da Coblenza al momento in cui vi fu per i nobili qualche pericolo ad essere in Francia. Giammai creatura ebbe tanto coraggio e bontà, tanta astuzia ed abbandono. In età di circa sessant’anni aveva sposato una signorina che ne aveva venticinque, spinto a quest’atto di pazzia dalla sua carità; egli strappava quella povera fanciulla al dispotismo di una madre capricciosa. — Volete essere la mia vedova? Aveva detto alla signorina di Pontivy quell’amabile vecchio; – ma la sua anima era troppo amante per non affezionarsi a sua moglie, più di quel che un uomo assennato non deve. Siccome durante la sua gioventù egli era stato maneggiato da qualcuna di quelle donne che figuravano fra le più spiritose di Luigi XV, non disperava di preservar la contessa da ogni ingombro. Qual uomo ho io mai veduto porre in pratica meglio di lui tutti gli insegnamenti che io tento di insegnare ai mariti? Quale incanto non sapeva egli spargere nella vita con le sue dolci maniere e la sua spiritosa conversazione?
Sua moglie non seppe che dopo la sua morte, e da me, che egli aveva la gotta. Le sue labbra distillavano l’amenità, come i suoi occhi respiravano l’amore. Egli si era prudentemente ritirato in fondo ad una vallata, vicino a un bosco, e Dio sa le passeggiate che intraprendeva con sua moglie! La sua lieta stella volle che la signorina di Pontivy avesse un cuore eccellente, e possedesse in alto grado quella squisita delicatezza, quel pudore di sensitiva che abbellirebbe, io credo, la più brutta fanciulla del mondo.
Ad un tratto, uno de’ suoi nipoti, bel militare sfuggito ai disastri di Mosca, tornò presso lo zio, tanto per sapere fino a qual punto doveva temer dei cugini, quanto per la speranza di guerreggiar con sua zia. I suoi capelli neri, i suoi baffi, il cicaleccio vantaggioso dello stato maggiore, una certa disinvoltura tanto elegante quanto leggiera, occhi vivaci, tutto contrastava fra lo zio e il nipote. Io giunsi precisamente al punto in cui la contessa insegnava il tric-trac al suo parente. Il proverbio dice che le donne non imparano quel giuoco che dai loro amanti e viceversa. Ora, durante una partita, il signor di Nocé aveva sorpreso la mattina stessa, fra sua moglie ed il visconte uno di quegli sguardi confusamente improntati d’innocenza, di paura e di desiderio. La sera ci propose una partita di caccia che fu accettata. Mai io lo vidi tanto ben disposto e allegro quanto parve l’indomani mattina, malgrado le intimazioni della gotta che gli riserbava un prossimo attacco. Il diavolo non avrebbe saputo meglio di lui mettere la bagattella sul tappeto. Era stato moschettiere grigio, ed aveva conosciuto Sofia Arnoult. È detto tutto.
La conversazione divenne in breve la più vigorosa fra noi tre; Dio me ne assolva! – Non avrei mai creduto che mio zio fosse una buona lana! mi disse il nipote. – Facemmo una sosta, e quando fummo tutti tre seduti sull’erba d’una delle più verdi radure della foresta, il conte ci condusse abilmente a parlare sulle donne, meglio di Brantòme e di Aloysia. — Siete ben felici sotto questo governo vojaltri! Le donne hanno dei costumi! (Per apprezzar l’esclamazione del vecchio, bisognerebbe aver ascoltato gli orrori che il capitano aveva raccontato.) E, continuò il conte, è uno dei benefizi che la rivoluzione ha prodotto. Questo sistema dà alle passioni molto più incanto e mistero. In altri tempi le donne erano facili; ebbene, non potreste credere quanto spirito, quanta vena occorreva per risvegliare quei temperamenti logori; eravamo sempre sul chi va là. Ma però un uomo diventava celebre per una sciocchezza detta bene o per una felice insolenza. Le donne amano ciò, e sarà sempre il più sicuro mezzo di riuscir con esse! Queste ultime parole furono dette con un dispetto concentrato. Poi tacque e fece giuocare il cane del suo fucile, come per celare una profonda emozione. — Ah! disse poi – il mio tempo è passato! Bisogna aver l’immaginazione giovine... ed anco il capo. Ma perchè mi sono ammogliato? Ciò che vi è di più perfido nelle fanciulle allevate dalle madri che hanno vissuto in quella brillante epoca della galanteria, è che esse affettano un’aria di candore, un pudore... – Pare che il miele più dolce offenderebbe le loro labbra delicate, e quelli che le conoscono sanno che mangerebbero confetti di sale! Si alzò, strinse il suo fucile con un moto di rabbia e lanciandolo sulla terra, vi affondò quasi il calcio. – Pare che la cara zia ami la sciocchezza! mi disse a bassa voce l’uffiziale. — O gli scioglimenti che non vanno per le lunghe! aggiunsi io. Il nipote si accomodò la cravatta, aggiustò il suo colletto e saltò come una capra calabrese. Ritornammo verso le due dopo mezzogiorno. Il conte mi condusse seco fino all’ora di pranzo, sotto pretesto di cercare alcune medaglie, delle quali mi aveva parlato durante il nostro ritorno a casa. Il pranzo fu cupo. La contessa prodigava al nipote i rigori di una cortesia fredda. Entrati nella sala il conte disse a Sua moglie: — Fate il vostro tric-trac? Ce ne andiamo. La giovane non rispose. Guardava il fuoco e pareva non avesse udito. Il marito si avanzò qualche passo verso la porta, invitandomi con un gesto a seguirlo. Al rumore dei suoi passi, sua moglie volse vivamente la testa. — Perchè lasciarci? domandò. Avete domani tutto il tempo di mostrare il rovescio della medaglia al signore.» Il conte rimase. Senza fare attenzione al disagio impercettibile che era successo alla grazia militare di suo nipote, il conte spiegò, durante tutta la sera, l’incanto inesprimibile della sua conversazione. Giammai lo vidi tanto brillante e affettuoso. Parlammo molto di donne. Mi era impossibile di vedere dei capelli bianchi sulla sua testa canuta; perchè essa brillava di quella giovinezza di cuore e di spirito che cancella le rughe e fonde la neve degli inverni. L’indomani il nipote partì. Anco dopo la morte del signor di Nocé, e cercando di profittare della intimità di quelle conversazioni famigliari, nelle quali le donne non stanno sempre in guardia, non ho mai potuto sapere quale impertinenza commise allora il visconte verso sua zia. Quella insolenza doveva essere stata assai grave perchè da quell’epoca, la signora di Nocé non ha voluto riveder suo nipote, e non può, neanch’oggi, sentirne pronunziare il nome senza lasciarsi sfuggire un lieve aggrottamento di sopracciglia. Non indovinai subito lo scopo della caccia del conte di Nocé; ma più tardi trovai che aveva giuocato una grossa partita.
Nondimeno se venite a capo di riportare come lui, una sì grande vittoria, non dimenticate di porre singolarmente in pratica il sistema dei vescicanti: e non v’immaginate che si possano ricominciare impunemente simili tratti di forza. Prodigando così i vostri talenti, finirete per demonetizzarvi nello spirito di vostra moglie; perchè essa esigerebbe da voi in ragion doppia di quanto le dareste, e arriverebbe un momento in cui rimarreste corto. L’anima umana è sottomessa nei suoi desiderii, ad una sorta di progressione aritmetica, il cui scopo e l’origine sono ugualmente sconosciuti. Al modo stesso che il mangiatore d’oppio deve sempre raddoppiar le sue dosi per ottenere i medesimi risultati, così il nostro spirito, tanto imperioso quanto è debole, vuole che i sentimenti, le idee e le cose vadan crescendo. Di qui è venuta la necessità di distribuire abilmente l’interesse in un’opera drammatica, come di graduare i rimedi in medicina. Perciò voi vedete che se ponete qualche volta in opera questi mezzi dovete subordinar la vostra condotta ardita ad una serie di circostanze, e la riuscita dipenderà sempre dalle risorse che impiegherete.
Insomma, avete credito, amici potenti? Occupate un posto importante? Un ultimo mezzo taglierà il male alla radice. Non avrete il potere di togliere il suo amante a vostra moglie, con una promozione, un cambiamento di residenza, o una permuta se è militare? Sopprimete la corrispondenza, e noi ne daremo più tardi i mezzi; ora sublata causa, tollitur effectus; parole latine che si possono tradurre a volontà per: «Niun effetto senza causa. Niente denaro, niente Svizzeri.»
Nondimeno voi sentite che vostra moglie potrebbe facilmente scegliere un altro amante; ma, dopo questi mezzi preliminari, avrete sempre un vescicante pronto, onde guadagnar tempo e vedere intanto di trarvi d’impiccio con qualche nuova astuzia.
Sappiate combinare il sistema dei vescicanti con le decezioni mimiche di Carlino. L’immortale Carlino, della commedia italiana, teneva tutta un’intiera assemblea sospesa e allegra per delle ore intiere con queste sole parole variate con tutta l’arte della pantomima e pronunziate con mille inflessioni di voci differenti. «Il re disse alla regina.» «La regina disse al re.» Imitate Carlino. Trovate il mezzo di lasciar sempre vostra moglie in iscacco, onde non esser matto voi stesso. Prendete i vostri diplomi nell’arte di promettere dai ministri costituzionali. Abituatevi a saper mostrare a proposito il pulcinella che fa correre un fanciullo da voi, senza che possa accorgersi del cammino percorso. Noi siamo tutti fanciulli, e le donne sono disposte con la loro curiosità a perdere il loro tempo inseguendo un fuoco fatuo. Fiamma brillante e troppo presto svanita, l’immaginazione non è forse lì per soccorrervi?
In conclusione, studiate l’arte fortunata di essere e di non esser vicino a lei, di afferrare i momenti nei quali otterrete qualche successo nel suo spirito, senza mai opprimerla di voi, della vostra superiorità e della vostra felicità. Se l’ignoranza nella quale la tenete, non ha del tutto abolito il suo spirito, vi sistemerete tanto bene che vi desidererete ancora per qualche tempo, l’un l’altro.