Capitolo primo L'incontro

Comune storia, ma che finge il
vero, a voi, fanciulle, io narro.

Di sopra alle tremolanti cime degli alti pioppi onde sono popolate le valli del Mantovano e che tutto all'intorno recingono la città, a levante, al di là di quel ramo del Mincio che scarica le tranquille e limpide sue acque nel Po, dopo aver allagati i larghi fossati della fortezza, spuntava il sole d'un bel giorno di giugno.

Un giovane dalle sembianze dilicate, dalla pupilla splendente, dai capelli che a lunghe ciocche contornavano la sua fronte alta e serena, stavasi assorto in non so quali pensieri, appoggiato con abbandono al parapetto del ponte di S. Giorgio (opera imponente onde l'antico feudalismo ornò la città già culla del sublime cantore d'Enea).

Egli seguiva astrattamente l'incresparsi delle calme acque del lago, sul cui dorso qualche gajo pesciolino, guizzando, vi segnava qualche bella striscia d'argento, mentre il sole, versando i suoi torrenti di luce sulla riva sinistra del lago, ne indorava i canneti agitati da una leggera brezza mattinale, ed imperlava i verdi ligustri bagnati ancora dalla notturna rugiada. Fra quella folta selva di giunchi l'usignuolo modulava la mesta sua nota, il gardello, dalla cima di qualche antico pioppo, trillava il suo armonioso gorgheggio; gaje villanelle passavano il ponte adorne del loro più bell'abito festivo; da lungi udivasi lo schioppettio allegro della frusta agitata dai merciajoli che spingevano le loro rozze alla piazza che s'in-grossava di rivenduglioli. Era insomma una bella mattina d'un bel giorno di festa, ed il pensiero ti si esilarava nel contemplare quella scena sì poetica nella sua amena semplicità. Tali impressioni dovettero al certo svolgersi mano a mano nell'animo di quel solingo meditatore, e succedere forse alla prima foga dei suoi pensieri... la sua fronte diffatti raggiò d'un soave sorriso.... entro la sua pupilla errò qualche cosa di indefinibile, ma che armonizzava perfettamente coll'espressione serena del suo volto, egli alzò il capo e lo scosse con quel piglio baldanzoso che appalesa il fremito interno del cuore in cui batte il palpito della speranza, e che sembra quasi una sfida alla sventura.... e si volse.

Una nube passò rapida sulla sua fronte.

A lui rimpetto sorgeva imponente ed altiero il castello di San Giorgio.... L'acqua del lago, che scorreva limpida e tersa a mezzo del suo corso, e che sin fra i canneti dell'opposta sponda si screziava di vivi lampeggi ripercottendo oscillanti sprazzi di luce, verdacea e cupa lambiva le tetre e massiccie fondamenta del castello, l'aliga cresceva sul suo fondo fangoso, quasi rasente all'acque aprivansi angusti spiragli difesi da grosse ed irruginite sbarre di ferro, intorno ai merli, anneriti dal tempo, in larghe ruote volteggia il falco, solitario abitatore di quella rocca, il sole, levandosi dietro di essa, faceva sì che tutto all'intorno si disegnasse la sinistra sua ombra onde era avvolto parte del ponte, ed a Carlo, che moveva per ritornarsene entro la città, parve sentire più freddo il tocco dell'aria nel rasentare i suoi fianchi ombrosi e cupi.

Oh! ben tristi memorie parlavano diffatti all'animo quelle mura che fur tomba a tanti infelici su cui si aggravò l'artiglio di quei voraci avvoltoj che dai nordici covi scesero ad infestare questa misera terra!... ed a fecondarne le zolle colle lagrime e col sangue de' suoi figli!...

Veduto allor che le tenebre della notte conciliano tristi pensieri.... quando la leggenda sembra evocare le sue ombre a popolare lo spazio.... quel tetro edificio assume l'aspetto d'un immane fantasima.... i suoi angoli scannellati sembrano tante braccia mostruose che si protendano ingorde di vittime, e ristai dal passarci appresso assalito dalla paura di sentirsi stringere tra quelle immonde branche!.... La corona dei suoi merli ti pare l'anguicrinita chioma d'una testa infernale, l'allarme della sentinella che veglia intenta, battendo il misurato passo, l'urlo spaventevole del mostro che domandi sangue per le arse ed assetate sue fauci, o che voglia col suo ruggito soffocare il gemito della vittima che serra tra i suoi artigli.

Le campane di varie chiese suonano l'ora della messa, il comico teatro rituale maggiore (il Duomo), è gremito di spettatori.

Lungo i portici un'ala serrata di profumati zerbini, occhieggia i gaj gruppi di più o meno divote donzelle, innocenti agnelle che la mamma guida alla mistica rappresentazione, onde ne traggano fruttifere inspirazioni, cosa di che esse si mostrano ben liete, ornandosi ed illeggiadrendosi.

Carlo a solleciti passi, attraversata la piazza San Pietro, imboccava il portico che fiancheggia la piazza, e moveva verso la chiesa di Sant'Andrea. La piccola piazzetta, detta del Bocchetto, che è dinanzi alla gradinata del tempio, divide il portico che si estende per lungo tratto sino al teatro Sociale. Lo spazio era ingombro d'ogni sorta di gente, l'occhio avido del giovine ben si internava tra quella folla compatta, ben egli si rizzava sulle punte dei piedi per guardare al disopra delle teste che rasentava collo sguardo, ed impaziente borbottava a mezzo labbro tronchi detti. Perchè un fremito l'investe così improvviso?... Perchè i suoi occhi mandano un sì vivo lampo di gioja?...

— È già tardi, mamma, disse una voce dolce e soave a pochi passi da lui, e la leggiadra giovinetta, dalla cui bocca erano usciti quegli accenti, trascinava dietro a sè verso il tempio una donna di posato e nobile aspetto, per un lembo della sua veste di seta nera con vezzosa impazienza.

Dal labbro di Carlo uscì un grido soffocato, guardò la folla che gli stava d'innanzi a guisa d'un guerriero che misura d'un colpo d'occhio la forza del nemico... strinse i gomiti e si dispose a farsi largo... Dal tempio s'udì un modulato tintinnir di campanello... a quel suono la folla cadde ginocchioni, ed egli si vide ritto e come piantato in mezzo ad un livello orizzontale di larghi capelloni di paglia e di cuffie a nastri rossi, che gli si incurvarono d'innanzi come capi di spiche al subito soffiare d'improvviso vento.

Mancatogli il punto d'appoggio alla violenza spinta che aveva intenzione di adottare per farsi breccia sino al punto calamitato che avevalo attratto sì pneumaticamente, egli spinse i suoi due pugni inarcati nel vuoto, e barcollò urtando coi ginocchi contro la testa o per meglio dire, contro l'enorme cappello sotto cui era affondata la grigia testa d'una vecchia ottantenne, e di cui si fè punto d'appoggio per non battere il naso su qualche punto prominente che la troppa devozione metteva ad un livello indiscreto.

Rimessosi in equilibrio, gli occhi di Carlo errarono liberamente innanzi a lui, e fu questa, credo, la prima volta che egli trovasse l'utilità dal sanctus... e tanto ne andò entusiastato che dal suo labbro escì un'esclamazione d'una cattolicità stupenda, ma gli era felice, era innamorato! ed ai felici ed agli innamorati sono permesse molte cose.

Adelia, che tale era il nome della giovinetta, erasi pure inginocchiata accanto alla madre, ed egli potè a tutto suo agio contemplarla per qualche istante; ella alzò il capo al leggiero mormorio che si svolse d'intorno a lei per quel piccolo evento, i loro sguardi s'incontrarono, il raggio eloquente della pupilla, rivelando l'arcano del cuore, informa il labbro d'un soave sorriso... le gote della fanciulla si tingono di quel colore che accenna alla ardente fiamma della giovine sua anima... Povero fiore avido di luce e di rugiada... schiusi appena i suoi petali olezzanti suggeva sereno ed incurante l'anelito della vita, come fanciullo sul lido ghiajoso di ripido fiume scherza e folleggia finchè sotto gli manca il terreno e la corrente lo trascina nei suoi vortici!... Ma perchè avrebbe ella dovuto stringere entro una morsa di ferro i giovani battiti del suo cuore?... perchè il dubbio... questo aspide che s'avviticchia al verde tronco della vita e ne sugge tutto il miele, gli avrebbe dovuto tingere l'aurora dei foschi colori del tramonto?... Ridi e folleggia, ridi e folleggia o fanciulla, finchè ha un sorriso il tuo vergine cuore!... ama e canta come la rondine che dal trave ospitale saluta il diletto suo nido... il capriccio innocente, ed il desío di rapina un giorno glielo distruggerà ed ella andrà poi gemendo per gli spazj raccontando all'aria la sua sventura, e la storia dei diletti che generano le colpe; ridi e folleggia!... prima che il dolore impallidisca il vermiglio della tua guancia, prima che il pensiero appanni la tua fronte!... Spendi i palpiti del tuo giovine cuore prima che la disilusione te li inaridisca nel petto!... Godi, o fanciulla!... Vita suona godere... tardo e vano il pentimento, che guarda alle sperse rose sulla via che si è percorsa... Pazzia seguire ombre fallaci, come il fanciullo la variopinta farfalla, che lasciata la sua bella veste sulle sue dita, muore prima ch'ei gioisca della sua preda!... Ridi e folleggia, fin che ha un lampo sereno il tuo ciglio, il mondo è tuo!... cogline i diletti, come cogli il fiore che attira il tuo sguardo e t'accende nel cuore il fuoco del desiderio!... Ape leggiadra, t'aggira pel giardino della vita, ornato d'altari e di croci, canta alla vita ed alla morte la tua canzone, poi, fenice dell'ali dorate, fatti un rogo di vimini olezzanti e coll'ultimo tuo canto preluditi la tomba!

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