Ricetta n. 5 L’Ordinario Elixir d’Archebuse

All’alba del primo dì in favor di luna nova e allorquando le foglie dell’arbusto tanacetum vulgare han alla lor sommità le tenere, tonde e dorate infiorescenze, coglierai o farai cogliere dette foglie.

Trattasi di foglie che tempi orsono solean esser impiegate quale empiastro cicatrizzante per tutte quelle ferite non mortali causate da quell’arma da foco nomantesi archibugio e da tal fatto promana l'appellativo della pianta le foglie della quale son impiegate per approntare la preparazione di tale Elixir che da esse prende il nome.

Poscia che le foglie di archebuse sieno state colte, le netterai o le farai nettare con somma cura in quanto che l’igiene è l’ingrediente principe d'ogni preparazione.

Poscia l’esporrai o le farai esporre all’aria per l’intiero giorno in cui furon colte e le ricovererai o le farai ricoverare al tramontar del sole in loco privo d’umidità per ivi trascorrere l’incipiente nottata.

Ti desterai allorquando sorgerà il mattino in compagnia dell’alba innanzi al sol che di poi grande appare su l’estremo orizzonte e personalmente porrai dette foglie in acconcio contenitore vitreo e empirai personalmente detto contenitore d'alcole che sia d'ottimo gusto in ragione di 1 pinta per ciascuna libbra e 6 onze di dette foglie, ovverosia 2 boccali ciò è 3 quartini d’alcole in ragione di 18 onze di foglie, et cetera.

Poscia sigillerai o farai sigillare il contenitore con acconcia carta pergamena e acconcia ceralacca acciocchè l’alcole non disperdasi nell’aere e le foglie intraprendan il processo di lor macerazione.

Quinci porrai o farai porre detto contenitore in loco fresco e oscuro e quotidie con estremo vigore lo scoterai, o meglio lo farai scotere, fintanto che non appaia il primo dì nel quale la luna perviene al suo primo quarto.

A tale punto apparecchierai o farai apparecchiare tanta purissima aqua di fonte che risulti pari alla ottava parte di quanto alcole sia stato impiegato e a essa aggiongerai o farai aggiongere tanto zuccaro che sia pari al mezzo peso di detta aqua.

Porrai o farai porre al picciol foco la pozione in acconcia cazzarola cuprea e la tramenerai o la farai tramenare fintanto ch’essa pervenga al picciol bollore e si trasmuti nell’occorrente lasso di tempo in un siroppo che permarrà nella cazzarola medesima che porrai o farai porre in loco fresco fintanto ch’esso divenga fresco anch’esso.

Sarà tua personale cura il versare il siroppo nel contenitore vitreo privato del sigillo e versatolo, novellamente lo sigillerai o lo farai sigillar nell’usata fatta con carta pergamena e ceralacca e poscia personalmente lo porrai in loco fresco e oscuro e personalmente scoterai dolcemente il contenitore per cinque dì ogni sera al tramontar del sole e poscia lo terrai immobile fintanto che non appaia il primo dì nel quale la luna diviene piena.

A tale punto filtrerai o farai filtrare la pozione nell’usata fatta con cui filtransi gl’infusi in alcole mercè l’ausilio d’un panno di solo lino che sia lindo e di trama e d’ordito finissimi.

Quinci porrai o farai porre l’Elixir entro vitrei e sigillati contenitori.

Porrai personalmente i vitrei e sigillati contenitori in loco fresco e oscuro e infine potrai degustare quest’Elixir trascorse che sieno per lo meno cinque lune piene principiando da quando i contenitori vitrei furon sigillati.

Quest’Elixir sarà assai gradevole al palato, specie s’esso non sia rattamente ingollato ma bensì libato con lentezza e del pari sommamente corroborante pel corpo massimamente se la Dama o il Cavaliere che abbian digià trabalzato la IV età avran disio di degustare quanto puotesi realizzare mercè la successiva Ricetta d’un Elixir il quale adduce un durevol eccitamento dei sensi i quali avran ragione della ratio medesima fintanto che non pervengasi di gran necessità a prolungata estasi di carnale consolo e confortorio, ciò è a quella che gli Antichi dicean esser la piccola morte.

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