Prefazione Autoriale

L’uomo savio si riconosce da poche parole e io sarò quell’uomo e pertanto parafraserò volutamente il sommo Vate: nella città d’Asti in Piemonte, il dì 29 di marzo dell’anno 1796, io naccui da plebei, poveri e onesti parenti nel popolare e popoloso quartiere di San Rocco.

Vaghi ricordi conservo del Padre mio inquantochè io era infante quand’egli perì miserrimamente tra i flutti del fiume che ci procurava sostentamento e fu l’amatissima Madre mia che mitigò la di lui assenza col suo sorriso, talora triste, talaltra radioso e col suo inesausto amore fintanto che accadde che per causa della nostra indigenza Ella ebbe l'impellenza d'accoglier nella nostra casa quale pensionante un Uffiziale del Regio Esercito che mi disse esser suo congiunto e che era pervenuto in Asti dalla capitale del Regno quand’io era al termine della II età di mia vita, ovverosia quella della puerizia.

La Madre mia diletta e costui ritennero pel mio bene esser d’uopo ch’io abbandonassi gli studii ch’intrattenea con gran profitto in qualità di unico orfano maschile appo l’Opera Pia Caissotti fondata da quel Paolo Maurizio che Casa Savoia fece Principe del Regno e il Pontefice nominò Vescovo d’Asti, e che migrassi alla volta delle Cucine di Corte Reale quale Servente Ajutante di Cucina ovverosia guattero e in tale mansione trascorsi la III, la IV e sette anni della V età di mia vita e nel corso di tale periodo forgiai il mio carattere, molto appresi e compresi e molto insegnai senza nulla pretendere.

A tal proposito esplico a uso dei profani ch'io faccio dei periodi di mia vita una sestupla partizione e tale enumerazione promana da quello che imparai vuoi da molteplici antichi filosofi ellenici vuoi da gran congerie di successivi eruditi e infra essi menziono il Santo Isidoro di Siviglia il quale divulgò il suo pensiero nel mezzo del primo secolo poscia la nascita di nostro Signore Gesù Cristo e ch’io feci mio.

Nel periodo in cui fui guattero non feci sciupio della mia vita e pertanto non dissipai il mio vigore e i miei stipendi con baldracche e al giuoco d’azzardo siccome si costuma da parte di molti di coloro che prestan opera appo le Regie Cucine e neppur caddi nel peccato di trar piacere da me medesimo su me medesimo oppur di cedere a quelle pratiche cui le malelingue dissero fosse talora dedito il Principe della Chiesa e Vescovo d’Asti Filippo Artico che ebbi l’onore di servire allorquando egli fu ospite di Sua Maestà nel Castello Reale di Racconigi nell’anno in cui io divenni Maître Pâtissier et Confiseur Royal.

In quel lungo periodo unico mio piacere fu quello di sorbire un ebdomadario bicerin recandomi nella bottega del caffè che trovasi innanzi al Santuario detto della Consolata a breve distanza dal Palazzo Reale e ivi ebbi a frequentare personaggi di gran vaglia che saputomi guattero talvolta mostravan maraviglia di com’io potessi discettare con cognizione di molteplici argomenti e tale svago è mio costume eziandio nel tempo presente.

In effetti in tale periodo che perdurò per trentasette anni proseguii da me medesimo negli studii ch’io avea dovuto abbandonare obtorto collo e accadde infra l’altre cose che ebbi a stringere amicizia con un mio pari a nome Giovanni Vialardi d’alcuni anni più giovin di me.

Egli mercè i miei insegnamenti divenne tempo per tempo Ajutante di Cucina, Ajutante Capo di Cucina e Capo di Cucina e mentr’io venia elevato al rango di Maître Pâtissier et Confiseur Royal egli fu nominato Capo Cuoco e Pasticciere a cagion del fatto che egli avea sovrinteso di persona alla preparazione d’una mia Confettura che piaccue sommamente alla Sua Altezza Reale e io di ciò ne fui lieto assai, ma poscia per sua sventatezza tornò a esser Ajutante Capo Cuoco e Pasticciere e ciò mi dispiaccue del pari.

Mentr’egli era indaffarato sia per causa del suo uffizio, sia per causa della sua numerosa prole, io m'applicai nell’assimilare qualsivoglia aspetto dello scibile umano, non trascurando punto quello afferente al mio dovere e or che son pervenuto nella V età di mia vita mi son risolto nel divulgare alcune delle mie Ricette con cui deliziai i palati di numerose Altezze Reali e di numerosissimi Commensali di Real Casa Savoia e donai loro allegrezza col mio operare nell'approntare sfarzosi convivi, valendo ancor la regola per la quale per star lieti si fan banchetti e il vino allieta la vita e pertanto chi vuol esser lieto sia, di doman non v’è certezza.

E è per causa del mio uffizio che è giuocoforza che io approvi la letizia e l’allegrezza poichè non v’è altra felicità sotto il sole che il mangiare e il bere e stare allegro e mi son da lunga pezza accorto che nulla v’è di meglio per l’uomo che il goder delle sue opere, inquantochè questa è la sua sorte.

E io che godetti delle mie opere, di esse ne divulgo cento puranco se al par di Scerazade potria narrarne millanta e una e se puote apparire che in questi miei Tomi sienvi Ricette che paion simili, confermo che ve ne sono inquantochè s’io a mo' d'esempio ho disio di saper di come s’apparecchia l’Ordinaria Confettura d’Arancia n. 1 oppur il Sublime Elixir di Limonina, per qual motivo dovria legger quella di Limone n. 1 oppur quella di Limone?

Le preparazioni appaion simili, ma diversi son gl'elementi per approntarle e a tale proposito al Lettore io chieggo: di quanti d’essi abbisogna un confetturiere, un alchimista o un cuciniere al fine di realizzare le sue preparazioni?

Tempi orsono principiai a enumerarli e annotarli per celia e pervenni al numero d’oltre ottocento e per tedia posi termine al fruttuoso svago seppur io sapendo che ve n’eran numerosi d'altri che avea incolpevolmente trascurato e ben d'altri che avea volutamente tralasciato inquantochè utilizzati da altre genti e che non sarebber giammai stati stimati quali nostri cibi e a tal fine sien d’esempio il cane, la locusta, il serpente, et cetera.

Suppongasi pure che gl’elementi che compongon gl’alimenti sieno ben di più e in effetti son tali, ma nella storia dell’uomo si son cumulate nella forma orale e in quella scritta millanta e millanta ricette e ciò promana dal fatto che tali elementi son usati nelle preparazioni in tal fatta che essi si combinano senza sosta gli uni cogl’altri.

La maestria d’un confetturiere, d’un alchimista o d’un cuciniere s'appalesa dal modo con cui egli appronta le sue preparazioni.

Tale cosa s’ottiene solamente coll’inesausto studio del come saper coniugare incessantemente tali combinazioni allo scopo d’aver confetture, elixir e cotture che sieno di gran novità e del pari migliori o quanto meno al pari di quelle digià note.

E se qualcheduno ha l’ardire d’affermare che non v’è nulla di novo sotto il sole, io lo debbo tacciar d’ignoranza oppur di mala fide e in effetti per quanto attiene al mio operare quando mai puotesi da parte di qualsivoglia persona l’affermare che pria dell’anno 1815 potesse gustarsi l’Ordinaria Confettura di Cioccolato Gerolamo e quando mai s’appalesò che pria dell’anno 1831 l’Ordinaria Cottura di Filetto alla Gabetti potesse esser portata sul desco e quando mai accadde che qualcun altro all’infuori di me medesimo avesse sperimentato il modo di render l’aqua pétillant al pari del vino di Sciampagna pria dell’anno 1848?

E a proposito della Confettura pocanzi citata, mi corre obbligo di segnalare a chi di dovere che due anni orsono il signor Michele Prochet in combutta col signor Ernesto Alberto Caffarel han principiato a realizzare e a porre in vendita in Torino e con gran lucro d’entrambi tale mia preparazione senz’alcun Regio Brevetto di Commercio.

Eglino con tutt'evidenza e non so in qual fatta e con quali artifizi han potuto far plagio della mia Ricetta n. 11 che trovasi nel primo Tomo di questo Libro e non sonsi fatti scrupolo alcuno d'impiegare i medesimi elementi ch’io principiai a utilizzare più di sette lustri orsono appo le Cucine di Real Casa Savoia.

È pur vero che ciò che è stato sarà e che ciò che si è fatto si rifarà, ma reputo tale cosa essere sommamente disdicevole.

E a proposito della Cottura che pria citai, debbo notiziare che mi crea somma stizza il sapere che essa viene menzionata da altri cucinieri col nome d’un musico giudeo che, seppur di gran vaglia, non è sicuramente colui pel quale l’approntai.

A ogni buon conto ambisco che sia la storia e non la cronaca a giudicare, come del pari ambisco che sia mio solo giudice il Lettore nel sentenziare la validità, la bontà e l’eccellenza di queste mie Ricette quand’egli s'adopererà nell'eseguirle pedissequamente al fine d'approntare le cento preparazioni alimentari al pari d’un valente confetturiere, d’un provetto alchimista o d’un cuciniere di gran vaglia.

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Se è vero com’è vero che noi non siam Tantalo e che non v’è miglior cibo di quel che dissipa la fame e miglior bevanda di quella che placa la sete è puranco vero che l’approntar cibi e bevande è fuor di dubbio opera altamente meritoria inquantochè Domine Iddio dotò l’uomo e altresì la donna dei sensi del gusto, dell’olfatto, della vista e del tatto e è pel tramite d’essi che s’apprezzan maggiormente talune preparazioni in luogo d’altre, puranco se tutte han il fine di por fine alla fame e alla sete e a tal proposito ritengo esser cosa veramente buona e giusta ch'io rimembri al Lettore che il nutrimento del corpo ha da avvenire sempre con moderazione senza giammai cedere a quell'ignobile vizio capitale che è di detrimento per l’anima.

E sempre a tal proposito dico che l’uomo rimpinzato di cibo e avvinazzato difficilmente concepisce la notizia di cose spirituali, ma nel contempo non son punto dell'opinione di coloro che, poscia lunghi e ostinati digiuni, credon di penetrare più a fondo nella contemplazione delle cose celesti.

Oh Lettore, in verità, in verità ti dico: fai che il cibo sia la tua medicina e che tale medicina sia di tuo sostentamento e datosi che in medio stat virtus e est modus in rebus fai che il tuo scopo sia la ricerca di un’aurea mediocritas ovverosia di un’ottimale morigeratezza e che il tuo fine ultimo sia il goder dei piaceri della vita senza abusarne.

Pertanto non cedere alle insidie di Bacco, non soggiacere alla crapula e non esser schiavo della libidine pur non rifuggendo da essa inquantochè se ne rifuggi appieno giammai tu ne sarai libero ma ne diverrai schiavo nella tua mente.

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Che dire di questo mio Libro?

Che in esso le Ricette che compongono ciascun Tomo appaiono in ordine alfabetico, eccezion fatta per la n. 1 del Tomo I mercè la quale divenni Maître Pâtissier et Confiseur Royal e che pertanto ritengo meritevole d’esser la prima inter pares.

Che con esso, per primo infra tutti i confetturieri, gl’alchimisti e i cucinieri che mi han preceduto, io propongo qualsivoglia Ricetta in duplice e audace versione, ovverosia quella che definisco Ordinaria e quella che ho battezzato Sublime essendo questa ultima null’altro che l’elaborazione di quella che la precede e nella cui preparazione debbono esser aggiunti degl’elementi che chiamerò ingredienti che han da esser combinati mirabilmente infra di loro in tal fatta che essi apportino alla Confettura, all’Elixir e alla Cottura maggior vigore che sarà trasmesso al corpo umano mercè la loro assunzione: questa è la missione che deve esser portata innanzi e senza tema da chiunque ambisca divenire un moderno e abile facitore di ricette ovverosia il saper approntare con gran perizia quel che offre la natura al fine di assecondare la natura umana.

Che in esso non intendo per ora far uso del novissimo sistema dei pesi e delle misure che s'appella metrico decimale inquantochè reputolo non esser ancor consono ai tempi pur avendolo digià appreso un lustro or è mercè gli scritti del Geometra Misuratore Pietro Bassano d'Asti pei tipi di Raspi e Riba, ma ligio al Regio Editto ne farò uso nella pubblicazione di questo Libro che sarà successiva a questa e pur necessaria al fine di soddisfare la pletora di coloro che che ne faran di certo gran richiesta.

Che con esso intendo render edotto il Lettore di quanta importanza abbia l’operare d’un confetturiere, d’un alchimista e d’un cuciniere e in effetti a quale pro il cacciatore s’inoltra nell'intricata selva per uccider la preda, il villano pasce con fatica le bestie, il pescatore trae dai flutti del procelloso mare il pesce, l’agricoltore s'abbrutisce nel coltivar la terra per coglierne i frutti se costoro poscia non sanno punto di come s'approntino una confettura, un elixir e una cottura e non han alcuno che in lor vece possa render edibile tutto quello che essi han procacciato?

Che con esso intendo affermare senza tema di smentita alcuna che qualsivoglia persona la quale appronta per necessità o per mestiere o per diletto cibo e bevande, si fa capezzolo per coloro i quali nella prima puerizia han dovuto, come accadde, accade e accadrà per l'umanità tutta, abbandonare il seno materno al fine di intraprendere il faticoso e periglioso cammino delle loro età.

Che con esso pertanto intendo divulgare di come debba essere condotta la preparazione di taluni cibi e di talune bevande che son necessari affinchè l'essere prosegua nella sua esistenza inquantochè è d’uopo che egli mangi quanto meno due fiate pro die poichè è da lunga pezza evidente che è mercè il quotidiano e diuturno processo digestivo e purificativo che l’uomo e eziandio la donna divengon tali e posson pervenire alla VI età di lor vita.

E è in virtù di tale processo che essi permangono in vita e quando cessa il processo, cessa pure la loro vita e quando questa cessa, cessa del pari il processo: l'uomo e eziandio la donna non vivon di quel che mangiano, bensì di quel che digeriscono per poscia purificarsi.

E se tale cosa è vera come è vera, affermo a fortiori che l'uomo e eziandio la donna non son quel che mangiano, siccome il saccente Jacopo Molescott stoltamente afferma e di tale concetto a lungo discettai con un pingue letterato francese di gran cultura e celebrità, non ostante egli fosse privo del nostro incarnato, che ebbi la ventura di conoscere nell’estate di due anni orsono appo la già menzionata bottega del caffè e col quale si è deciso di compilare congiuntamente e dare alle stampe un dizionario di cucina e pertanto abbiamo principiato a essere vicendevolmente in contatto epistolare.

Oh Lettore, più non ti tedio col mio ragionare e spero che questo mio Ricettario in cui eziandio ho profuso l'arte del bello scrivere ti sia di dilettevole ajuto ma se in vece fossi riuscito a annoiarti, credi che non s’è fatto apposta inquantochè questo Libro non è punto scritto al pari di quello che l'Ispettore in Capo di tutti gli Uffizii di Bocca e Cucina di Real Casa Savoia e di cui fui guattero, ebbe a compilare allorquando ottenne tal nomina e poscia un anno lo stampò in Torino e in Milano senza spendere il suo nome e traendo da tale misfatto laute prebende.

E che fece costui?

Egli fece plagio di gran parte di quel che fu scritto in un ricettario dato alle stampe in Parigi e di poi in Torino oltre venti lustri or sono, di esso ne fece due riscritture e in una d'esse apportò nuove aggiunte di ricette digià divulgate a uso della Lombardia ed ecco di come un soi disant cuoco piemontese pubblicò in Torino e Milano, e altresì ebbe l'ardire di voler insegnare il vero metodo pel pasticciere e pel confetturiere!

A quel tempo io feci mie e puranco al presente io fò mie le sagge parole che allora lessi nell'Annotatore Piemontese e oggidì sprono il Lettore a far tesoro di quanto è stato or ora narrato.

Ma a qual fine il narrai?

Perchè puranco al presente avviene tal riprovevole costumanza, ovverosia quella per la quale son posti nel commercio libri truffaldini che trattan di cucina ma che altro non son che rubarizio d'altrui opera e che recan enorme nocumento a coloro che son al par mio probi Autori.

Vi è chi s'accaparra a man salva dell'altrui lavoro e da esso trae gran profitto e tal cosa accadde per talune mie Ricette come ebbi digià a narrare, e al presente pavento che tal cosa accada parimenti a talaltre di questo mio Libro.

Sii tu oh Lettore il mio strenuo difensore e in qual fatta potrai esser tale?

Sarai tale se farai sfoggio della tua erudizione e pertanto spronerai tutti color i quali ti sono amici a possedere questo Libro nel quale è stata profusa la miglior scienza e conoscienza dei tempi nostri circa la cucina e l'arte del ben mangiare e a negligere le altre opere a essa simili.

Qui termina la Prefazione Autoriale

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