Italia linguistica

Matteo Giulio Bartoli

Abbozzo dell’Italia dialettale e alloglotta,

estratto dalla Grammatica storica della lingua italiana

del Meyer-Luebke,

nuova edizione curata da M. Bartoli.

TORINO

Casa Editrice

GIOVANNI CHIANTORE

Successore ERMANNO LOESCHER

1927

Proprietà Letteraria

Torino — Tipografia Vincenzo Bona (15537 B).

1 [1-3]. Per italiano intendiamo la lingua letteraria usata nella Penisola appenninica e nelle tre grandi isole vicine, o, più esattamente, in questi territori:

nel Regno d'Italia con le colonie e San Marino;

in Corsica e nel Nizzardo, nella Svizzera italiana e a Malta;

infine, in vari territori d’oltre mare, tra i quali importa rilevare le oasi italiane del Litorale dalmatico e della Tunisia.

Per lingua letteraria intendiamo poi un linguaggio più scritto che parlato, e usato piuttosto nei rapporti interregionali che in quelli regionali. Anche nei rapporti internazionali la lingua letteraria o nazionale è usata molto più di frequente che i dialetti, nella scrittura e nella parlata. I dialetti hanno dunque un uso diverso da quello della lingua, ma la loro storia non è perciò meno “nobile„ o men degna d’indagini scientifiche, che la storia della lingua.

I dialetti della Corsica sono somigliantissimi alla lingua letteraria italiana. Più precisamente, tutti i dialetti dell’Isola di Pasquale Paoli — eccettuato quello di Bonifacio, ch’è ligure, e quello di Cargese, ch’è greco (cfr. § 7 e sg.) — si accordano con i dialetti della Toscana e della Sardegna settentrionale, molto più profondamente che con qualsiasi altro linguaggio.

Nel Nizzardo, compresa Monaco di Liguria, confluiscono il provenzale e il ligure, ed è impossibile tracciare una qualsiasi linea di confine fra le due aree idiomatiche. Tutt’al più si può dire che il dialetto di Nizza marittima è, in fondo, provenzale, con molti e svariati elementi italiani: liguri, piemontesi e altri; e similmente si può dire degli altri dialetti del Litorale nizzardo. Per contro quelli dei comuni alpini a monte di Breglio sono, in fondo, liguri e non privi di elementi provenzali. – Parimenti sono liguri i dialetti di tre località ad occidente del Varo: nei circondari di Grasse (Biot ed Escragnolles) e Draguignan (Mons).

I linguaggi della Svizzera italiana sono quasi tutti schiettamente lombardi. La Lombardia svizzera o lepontina comprende il Canton Ticino e pochi settori cisalpini dei Grigioni (Mesolcina, Calanca, Bregaglia, Poschiavo) e anche il piccolo settore cisalpino, ma linguisticamente tedesco, del Canton Vallese (§ 4). — Di là dalle Alpi, in buona parte del Canton Grigioni si parla e si scrive il ladino (v. § 2).

II linguaggio predominante nel piccolo gruppo delle isole maltesi è un dialetto arabo. L'italiano che vi si parla non è stato ancora studiato. Sembra che l’arabo vi abbia stampato impronte così profonde da intaccarne la flessione nominale.

Gl’Italiani del Litorale dalmatico — nel breve territorio annesso e anche oltre l’odierno confine — parlano abitualmente, quasi tutti, un dialetto veneto, non privo di elementi slavi (serbo-croati). Ma ben più numerosi e più antichi sono i vari elementi italiani (veneti e preveneti) del vicino serbo-croato).

2. L’Italia dialettale si può dividere anzitutto in due sezioni: l’una comprende i dialetti meridionali e centrali, l’altra i settentrionali. In altri termini, i dialetti centrali, incluso il toscano, si uniscono intimamente con i dialetti meridionali, assai più che con i settentrionali.

Fra i dialetti dell’Italia centrale comprendiamo anche il còrso e il gallurese, fra quelli dell’Italia meridionale il siciliano.

Al ladino e al sardo e al dalmatico si può assegnare un posto a parte nell’Italia dialettale o sui confini di essa, nel senso che le tre aree laterali ladina, sarda e dalmatica costituiscono una “zona grigia„ ma più interna che esterna, della unità linguistica e geografica d’Italia. La quale unità non è certo assoluta, ma solo relativa, in quanto è più evidente che altre unità linguistiche e geografiche.

I linguaggi ladini si parlano oggi in quasi tutto il Friuli, nella Ladinia tridentina e nei Grigioni ladini, e un giorno si parlavano anche a Trieste e nella vicinissima Muggia, ch'erano le due città più meridionali della zona ladina. — Il sardo si conserva meglio nel centro dell’isola che nel Mezzogiorno, e in questo molto meglio che nel Settentrione. — Per dalmatico infine s’intende l’italiano prevèneto di Dalmazia, che s’è spento a Veglia (a mezzogiorno di Fiume) verso la fine del secolo XIX, e nelle altre città di Dalmazia verso la fine dell’Evo Medio e anche prima.

Il ladino si connette con il lombardo e con gli altri dialetti italiani settentrionali più che con i rimanenti dialetti neolatini, compresi i francesi e i provenzali. Similmente il sardo si unisce al siciliano e agli altri dialetti meridionali più che agli altri dialetti neolatini, compresi gli spagnuoli e i catalani. E il dalmatico era affine ai dialetti della vicina Italia meridionale e centrale e dell’Istria ben più che ai rimanenti dialetti neolatini, compresi i romeni e i ladini.

Alcuni studiosi, specialmente transalpini, pensano che il ladino e il sardo e il dalmatico siano “lingue„ a sé, contrapposte all’italiano, al romeno, ecc. E si deve convenire che il ladino dei Grigioni è usato quale linguaggio ufficiale della Chiesa e del Comune, della stampa e anche, in parte, dello Stato, e in questo senso si può ben dire “lingua„; e si può dire inoltre che la lingua romancia è la lingua nazionale di una delle quattro nazioni della Svizzera. Ma tutti, o quasi tutti, i Friulani e buona parte dei Ladini tridentini e tutti, o quasi tutti, i Sardi e tutti gl’italiani di Dalmazia considerano — e hanno sempre considerato — quale lingua nazionale la lingua italiana. Di più, il dalmatico e il sardo e anche il ladino si uniscono alle altre parlate dell’Italia dialettale ben più strettamente che ad altri dialetti neolatini, sicché i dialetti ladini e meglio i sardi e meglio ancora i dalmatici si possono annoverare fra i linguaggi di tipo italiano, quanto a un dipresso i dialetti gallo-romani d’Italia, di cui subito diremo.

Altri studiosi, invece, non solo negano la “individualità„ del ladino, contrapposto all’italiano, ecc., ma cadono nell’eccesso opposto, perché fondono, per così dire, il ladino delle Venezie (friulano e tridentino) con il veneto, e il grigione con il lombardo. Ma si deve obbiettare che il grigione è affine al ladino tridentino e al friulano molto più che al lombardo, e così il friulano si unisce agli altri dialetti ladini ben più che al veneto. Il quale è, in fondo, più italiano che il friulano e meno latino di esso.

Come si vede, nella partizione dell’Italia dialettale le linee orizzontali predominano sulle verticali. Infatti, oltre alle due sezioni che dicevamo dell’Italia dialettale, cioè la sezione settentrionale e la meridionale e centrale, e oltre a suddivisioni simili di alcune regioni, come la Sardegna (p. 3), si possono notare anche nell’Italia alpina e padana due aree idiomatiche quasi orizzontali: la zona ladina e l’area gallo-romana d’Italia, detta anche gallo-italica. Gl’idiomi di quest’area, e cioè il lombardo, il piemontese, l’emiliano e anche il ligure sono uniti tra loro ben più strettamente che con quelli delle tre aree laterali, e perciò più conservative, ladina, veneta, istriana.

Le innovazioni galliche transalpine e cisalpine, sono giunte in parte anche in questi tre linguaggi periferici e più scarsamente nell’Italia centrale e meridionale. Per l’opposto, le innovazioni italiche (osche e paleo-umbre) e greche sono più antiche nell’Italia centrale e meridionale che nelle aree veneta e istriana, e più in queste che nell’area gallo-romana e nella reto-romana o ladina.

Le innovazioni galliche e germaniche sono così recenti e scarse nel dalmatico (compreso il veglioto) come nell’italiano meridionale e centrale. Similmente è del sardo, dove scarseggiano anche le innovazioni italiche.

Non conosciamo quasi nessuna eco del retico, dell’illirico, dell’etrusco e degli altri linguaggi preromani.

3 [3]. Per entro al territorio linguistico italiano si trovano varie isole alloglottiche, e anche penisole alloglottiche, di vari linguaggi non latini — e cioè tedeschi e slavi, albanesi e greci — e anche di linguaggi neolatini, quali il romeno e il catalano, il provenzale e il franco-provenzale.

Si tratta, nella maggioranza dei casi, di aree molto limitate, ben più limitate che le aree alloglottiche, per esempio, della Iugoslavia e della Francia. Di più, bisogna distinguere le aree dei dialetti alloglottici da quelle, molto più ristrette, delle corrispondenti lingue letterarie. Cosi la lingua letteraria francese è usata solo in una parte dell’area cisalpina provenzale e franco-provenzale, perché si legge e si ode quasi soltanto nei centri urbani delle Alte Dore, o meglio nel circondario di Aosta e molto meno in quello di Susa, e pochissimo o niente nelle isole linguistiche provenzali o provenzaleggianti dell’Italia meridionale. Analogamente la lingua letteraria tedesca è usata, di qua dalle Alpi, quasi solo nelle sette città dell’Alto Adige, e la slovena nei piccoli centri dell’Alto Isonzo e della Càrsia.

Un uso ancora più limitato hanno, in Italia, le lingue letterarie serbo-croata, albanese e greca, catalana e romena.

4 [4], Le penisole e isole linguistiche tedesche d’Italia si trovano quasi tutte in una sola regione, e cioè nelle Venezie, dove quegli alloglotti costituiscono una piccolissima minoranza della popolazione (v. § 9) e sono in buona parte bilingui.

Le più numerose si trovano nella Venezia Tridentina, e in primo luogo nell’Alto Adige; più esattamente, nei circondari di Bolzano, Bressanone e Merano. La maggioranza degli abitanti dei tre circondari parla abitualmente dialetti tedeschi, e una minoranza la lingua letteraria tedesca. L’italiano letterario e il dialetto trentino, che in fondo è veneto lombardeggiante, riacquistano rapidamente nell’Alto Adige il terreno perduto dalla latinità o meglio dalla ladinità.

Il Trentino poi è un’area schiettamente italiana, anche in senso linguistico, perché poco o nulla contano in contrario i due isolotti tedeschi sperduti nei mandamenti amministrativi di Borgo (Luserna) e Pèrgine (Val dei Mòcheni). Vi si possono aggiungere tutt’al più le penisole linguistiche tedesche penetrate nei mandamenti di Cavalese e di Fondo.

Nella Venezia Eugànea sono poi da ricordare alcuni pochi villaggi italo-tedeschi del Vicentino (mandamento di Asiago), del Veronese (mandamento di Tregnago) e del Cadore (mandamento di Santo Stefano: Sappada).

Nella Venezia Giulia infine il tedesco è parlato abitualmente in alcuni comuni del Friuli settentrionale: nel mandamento di Tarvìsio e in due villaggi bilingui dei mandamenti di Ampezzo (Sàuris) e Tolmezzo (Timàu).

Le altre propaggini tedesche dell’Alta Italia si raggruppano sotto al Monte Rosa e al Sempione, e perciò si trovano presso ai confini tra il Piemonte e la Lombardia. Sono pochi villaggi alpini dei mandamenti di Bànnio, Crodo, Donnaz, Scopa e Varallo, e vi si aggiungono tre villaggi della Lombardia Lepontina: l’uno nel Canton Ticino (Bosco) e due altri nel Vallese cisalpino (Gondo e Sempione).

5 [7]. Anche le propaggini slave del Regno d’Italia si trovano in due aree molto distanti l’una dall’altra: la prima nella Venezia Giulia e nella Dalmazia annessa, e l’altra nel Molise.

Nella Venezia Giulia e nella Dalmazia annessa le varie propaggini slave (slovene e serbo-croate) si possono distinguere in tre gruppi.

Il primo comprende i circondari d’Idria e di Postùmia, e i mandamenti di Aidùssina, Bisterza, Canale, Comeno, Plezzo, Tolmino. — In quest’area la maggior parte della popolazione, compresa quella dei centri maggiori, parla abitualmente dialetti sloveni.

Il secondo gruppo abbraccia anzitutto le propaggini serbo-croate nelle province di Fiume e Zara, nei circondari di Lussino e Pisino, e nel mandamento di Pinguente, poi le varie propaggini slovene nel mandamento di Cividale del Friuli. — In quest’area quasi solo la popolazione rurale, e non tutta, parla abitualmente i dialetti slavi su indicati.

II terzo gruppo comprende infine varie propaggini serbo-croate e slovene penetrate nei vicini mandamenti di lingua italiana e di dialetti italiani (veneto, friulano, istriano), tra le quali è notevole l’isola linguistica montenegrina di Peròi, nel mandamento di Pola.

Nel Molise solo pochi villaggi conservano oggi il loro dialetto slavo (serbo-croato) e si trovano nei mandamenti di Montefalcone del Sannio e di Palata.

6 [6]. Le nostre isole linguistiche albanesi sono quasi tutte nell’Italia meridionale, e una sola è nella Dalmazia annessa.

Le prime sono sparse in tutte le regioni dell’Italia meridionale (continentale e insulare), eccettuata la sola Sardegna.

Seguiamo l’ordine geografico, che nel caso nostro coincide quasi perfettamente con l’ordine cronologico (v. § 9).

Gli Albanesi di Sicilia si trovano nei mandamenti di Bisacquino, Palermo e Piana dei Greci, e quelli di Calabria nel circondario di Castrovìllari e nei mandamenti di Borgia, Cerzeto, Corigliano Calabro, Cròpani, Fiumefreddo Bruzio, Màida, Montalto Uffugo, Nicastro, San Demetrio, Savelli e Stròngoli.

Seguono gli Albanesi della Basilicata, nei mandamenti di Forenza, Melfi, Noèpoli, Rionero in Vùlture. Poi quelli delle Puglie: mandamenti di Castelnuovo della Dàunia, San Giorgio sotto Taranto, Serracapriola; e gli Albanesi di un vicino mandamento della Campania: Orsara di Puglia. E ancora quelli del Molise: mandamenti di Guglionesi, Larino e Tèrmoli.

Più lontani e isolati sono gli Albanesi del villaggio di Badessa, nel mandamento abruzzese di Pianella.

E ancora più lontani e più isolati sono quelli di Borgo Erizzo, nella Dalmazia annessa: mandamento di Zara.

7 [5]. L’odierna area linguistica greca dell’Italia meridionale comprende alcuni villaggi della Puglia estrema, nei tre mandamenti di Galatina, Màglie e Vèrnole, e della Calabria estrema, nei mandamenti di Bova e Stàiti.

Molto diverso è il dialetto greco di un villaggio di Corsica (§ 9).

8 [8-10], Passando ora alle propaggini neolatine, cominceremo con le due isole linguistiche romene dell’Istria: l’una è costituita dal comune di Valdarsa (nel mandamento di Pisino), e l’altra dal villaggio di Seiane, frazione di Mune (mandamento di Bisterza).

Segue il settore cisalpino di lingua francese e di dialetti franco-provenzali e provenzali o provenzaleggianti. Non è possibile tracciare il confine fra le due aree orizzontali (cfr. § 2), e si può dire soltanto che il centro cisalpino dei dialetti franco-provenzali è Aosta e quello dei dialetti provenzali Torre Pellice.

Linguaggi provenzali o provenzaleggianti si odono inoltre in due isole linguistiche dell’Italia meridionale: nel mandamento di Troia in Basilicata (Celle e Faeto), e in quello di Cetraro in Calabria (Guardia Piemontese).

Infine è da menzionare il catalano di Sardegna, che oggi è parlato soltanto in Alghero.

Oltre ai linguaggi provenzali o provenzaleggianti ora menzionati, anche altri dialetti sono stati propagginati dall’Italia settentrionale nell’Italia meridionale e centrale, ma non sono certo da confondere con i dialetti alloglottici.

Si tratta, in primo luogo, dei dialetti lombardi di Sicilia, o così detti “lombardi,, che si odono nei mandamenti di Aidone, Nicosia, Novara, Piazza Armerina, San Fratello. — Anche la patria dei dialetti “galloitalici,, della Basilicata (mandamenti di Chiaromonte e Picerno) è ancora da precisare.

Poi sono da menzionare i dialetti liguri di Carloforte in Sardegna e di Bonifacio in Corsica.

Infine alcune propaggini emiliane nei mandamenti toscani di Camporgiano e di Camaiore.

9 [3-9], I dati statistici delle penisole e isole alloglottiche non sono ancora né completi né precisi. Molto più scarse sono poi le nostre cognizioni intorno all’epoca delle immigrazioni di quegli alloglotti, e ancora più scarse quelle sui loro paesi d origine.

I più numerosi fra gli alloglotti del Regno d’Italia sono gli Slavi, o meglio i cittadini italiani che parlano abitualmente vari dialetti slavi: sloveni e serbo-croati. E per dare solo cifre rotonde — che, in fondo, sono da preferire alle cifre credute precise, anche perché si possono meglio imprimere nella memoria — si può dire che essi ammontano in tutto (compresi i bilingui) a molto meno di mezzo milione, e cioè a circa uno per cento di tutta la popolazione del Regno. Seguono gli alloglotti tedeschi, i francesi e gli albanesi: i tedeschi (circa 0,5%) sono la metà degli slavi, e i francesi (poco più di 0,2%) e così gli albanesi (poco più di 0,2%) la metà dei tedeschi.

Più scarso ancora è il numero degli altri alloglotti: greci (meno di 0,09%), catalani (0,03%), romeni (poco più di 0,004%).

In ciascuna delle regioni d’Italia, compresa quella delle Venezie (che sono una regione sola e non tre: v. la rivista “La Geografia,, , XIV, 3 sgg.), costituiscono una piccola minoranza della popolazione. Gli alloglotti delle Venezie (slavi, tedeschi e romeni) sono più numerosi che quelli di tutte le altre regioni d’Italia messi insieme, ma in proporzione costituiscono pur sempre, nella popolazione totale della regione veneta, una minoranza circa tanto esigua quanto quella degli alloglotti del Piemonte (francesi e tedeschi).

Rispetto poi alle età in cui i nostri alloglotti sono immigrati di qua dalle Alpi e dal mare, possiamo dire che le isole linguistiche tedesche del Trentino e del Vicentino e del Veronese, e anche quelle della Carnia, si sono formate nei secoli XII e XIII. Intorno a quest’epoca sono sopravvenuti, in massima parte, anche gli alloglotti tedeschi del versante meridionale del Monte Rosa.

Più tardi, nella seconda metà del secolo XVI, sono immigrati i Catalani di Sardegna, e tre secoli dopo i Greci di Corsica (Cargese).

Le più antiche isole albanesi d’Italia sono quelle di Calabria e di Sicilia, che rimontano alla metà del secolo XV. — Due secoli dopo sono immigrati gli Albanesi della Basilicata e delle Puglie, alla fine del secolo XVII quelli dell’Abruzzo e nella prima metà del XVIII gli Albanesi del contado di Zara.

Anche le varie genti slave d’Italia sono state importate in varie epoche, non bene note. Molte delle propaggini penetrate nell’Istria e pure quelle dell’Abruzzo datano dalla fine dell’Evo Medio.

10. Infine, ecco il poco che sappiamo sui paesi d’origine.

Le isole linguistiche tedesche del Trentino e del Vicentino e quelle del Veronese provengono dalla Vestfalia e dalla Sassonia. — Invece le penisole linguistiche del Trentino e anche quelle della Carnia sono state propagginate dal vicino Alto Adige. Analogamente le penisole tedesche del Monte Rosa, dalla vicina Svizzera tedesca.

Gli Albanesi del nostro Mezzogiorno provengono quasi tutti dall’Albania meridionale, quelli del contado di Zara invece dalla settentrionale.

I dialetti serbo-croati del Molise e alcuni di quelli delle campagne istriane sono venuti dalla Dalmazia centrale.

Il catalano d’Alghero, dalla Catalogna orientale.

Share on Twitter Share on Facebook