val quanto dire: la Geografia nella Storia della Scienza e, particolarmente, nella Storia della Matematica e dell'Astronomia, che le porgono i primi e i più necessari sussidi; – delle Scienze naturali, che presentano con essa i più intimi contatti nello studio della superficie terrestre con gli esseri e fenomeni che vi sono distribuiti; – delle Scienze storiche e politiche, alle quali fa capo nello studio finale delle relazioni complesse fra la Terra e l'Uomo. Ma, anzitutto, va considerata nella storia della Carta geografica.
Poichè la Carta geografica è il documento delle cognizioni che si ebbero dai popoli civili nelle diverse età intorno alla configurazione delle terre e dei mari, e alla stessa forma generale del globo terrestre; è il segno del grado di eccellenza a cui sono giunte le varie scienze ed arti che concorrono alla sua costruzione, ed è la base necessaria degli ulteriori studi di comparazione e di localizzazione dei fenomeni. Solo dopo Aristotele potè la Geografia, associata con la Geometria e con l'Astronomia, costruire una mappa dell'Abitabile su basi scientifiche, fissata, come volle Dicearco, su un sistema primitivo di coordinate stadiali, oppure, come fecero Ipparco, Posidonio e Marino, su un sistema razionale di coordinate angolari per la determinazione delle posizioni; mentre già Erastotene aveva saputo affrontare il grande problema della misura della Terra.
Se questi nomi rappresentano i passi più segnalati della Geografia scientifica nell'Antichità, d'altro lato Erodoto, Polibio e Strabone rappresentano lo svolgimento di un'altra concezione geografica intimamente collegata con l'Uomo e con la Storia.
Il fondamento matematico del pensiero fissato da Platone e le vedute morfologiche di Aristotele, che abbracciavano tutti gli organismi viventi, furono il germe di ogni successivo progresso delle Scienze fisiche e naturali e anche della Geografia. Sotto i Làgidi compose Euclide in un tutto logico quel vero capolavoro dell'Antichità che è la Geometria, la quale ricevette così il suo carattere dogmatico pur nei limiti di una forma che è stata allargata e generalizzata dai moderni.
La Geometria, che suona «misura della Terra» e che serba ne' suoi principî assiomatici le traccie della sua origine induttiva, è la scienza che comprende i fenomeni più universali e i più semplici, scienza di deduzione come la Logica, che è, secondo la definizione del buon Filopanti, una «Geometria psicologica».
Apollonio e Archimede studiarono le coniche, le quali segnano un passo fatto dagli Antichi oltre la destinazione propria della loro scienza speciale. Così quei sommi matematici lanciavano nei secoli attraverso tutto il Medio Evo le forme geometriche a cui doveva congiungersi da lontano la mente di Keplero, il legislatore dei cieli. La Geometria è, per così dire, una fisica delle idee astratte, mentre d'altra parte potrebbe fors'anche definirsi l'astrazione sensibile della Fisica considerata nel suo schema meccanico.
Pure nell'alto Medio Evo quando l'Europa cristiana bamboleggiava con le rozze e convenzionali figurazioni cartografiche dei conventi, e si era ritornati al concetto primitivo della Terra piana e dell'Orbe circolare, i progressi della nostra scienza, unicamente rappresentati allora dagli scrittori arabi, consistevano in un particolare rigoglio di coltura nelle scienze affini, cioè nelle Matematiche, nell'Astronomia e nella Fisica, che essi per i primi seppero porre sulla base dell'esperienza. E tutti sanno che agli Arabi dobbiamo quella misura di un arco di meridiano, ordinata da Al Mamun, nel IX secolo, unica nel Medio Evo, e che rappresenta, per rigore di metodi, un indiscutibile progresso sulla misura Eratostenica. La scienza araba, derivata dal contatto della Civiltà indiana con la greca, valse a fondere insieme queste due culture e a portarle, accresciute, nella Cultura europea.
Però, nè fra i dotti arabi, che tanto materiale nuovo diedero alla Geografia anche coi grandi viaggi e con importanti correzioni di posizione nelle carte, nè fra i dotti dell'Occidente europeo, il risorgere della nostra scienza presenta un qualsiasi progresso dottrinale dopo Strabone e dopo Tolomeo. Il sapere geografico rimane sotto la forma inorganica lasciatagli da Plinio, quella cioè di una vasta enciclopedia. E così lo troviamo negli scrittori del Medio Evo e del Rinascimento, da Alberto Magno a Leonardo, da Brunetto Latini a Enea Silvio, da Ristoro d'Arezzo fino a Giovanni Botero, che, verso la fine del Cinquecento, vi univa per la prima volta il materiale statistico.
Era quella una scienza solcata da dense nubi metafisiche e da profonde intuizioni nella più strana mescolanza di errori vecchi e nuovi. Nicolò da Cusa iniziò la trasformazione del pensiero sulle idee di un nuovo sistema mondiale. Paolo Toscanelli incominciò la faticosa liberazione dell'Astronomia dalle nebbie astrologiche, preparando la grande opera innovatrice di Nicolò Copernico.
L'angusto mondo medievale era caduto non solo per l'improvviso raddoppiamento del mondo geografico che seguì l'impresa di Cristoforo Colombo, ma anche per virtù della rinnovata concezione eliocentrica di Aristarco di Samo e, sopra tutto, davanti alla veemenza della cogitazione eroica degli «Uomini nuovi» in mezzo ai quali si leva la fronte serena di Galileo.
Ma la Scienza che contempla la Terra in sè stessa, studiando la distribuzione dei fenomeni alla sua superficie, in questa grande rinascita della Fisica sul fondamento dell'esperienza, in questo moltiplicarsi straordinario di nuovi potenti mezzi di osservazione, in questo inusitato contatto del mondo interiore dell'uomo col mondo fisico dopo tanto evo di separazione dolorosa, in questo immenso ribollimento di idee, non accenna ancora ad un tentativo di ricomposizione organica in un corpo di dottrina tutto suo, ove si eccettui l'opera isolata di un giovine olandese – il Varenio – autore di quella «Geografia Generale» apparsa nel 1650, che per l'importanza dell'indirizzo nuovo, meritò l'onore di una speciale edizione da parte di Isacco Newton.
Il Varenio non ebbe continuatori immediati in questo lavoro di riorganizzazione dello sparso sapere geografico: dovevano correre ancora poco meno di due secoli in un prodigioso divenire delle Scienze sperimentali, cresciute e specializzate con vigoria, ciascuna per conto suo, e in varia direzione, prima che questi rami divergenti dello Scibile potessero ricongiungersi saldamente, sotto l'egida della Geografia, in due diverse forme ed aspetti, per opera di due eminenti personalità intellettuali della dotta Germania: Carlo Ritter e Alessandro Humboldt.