I.

1. Che cos'è la Geografia e che cosa si propongono i Congressi Geografici?

Non vi farò qui, o Signori, tutta la storia delle discussioni metodologiche, che hanno occupato così lungamente i cultori della Geografia nella seconda metà del sec. XIX, specialmente in Germania: dalla definizione del Markham «lo studio della superficie terrestre e dei suoi cambiamenti nei tempi storici» a quella del Marthe «la scienza delle localizzazioni terrestri» a quella del Dalla Vedova che le attribuisce « il momento corologico di tutte le scienze» mentre il Porena vi associa il concetto delle «correlazioni causali».

Mi sia concesso piuttosto un rapido sguardo sulla storia dello svolgimento della Geografia nei secoli, una veduta di scorcio su tutto questo immenso lavoro fissato nelle sue grandi linee.

L'Astronomia, la più antica delle scienze d'osservazione costituitasi in quel gran centro di civiltà asiatica che fu Babilonia, preparò gli elementi matematici delle localizzazioni per lo studio della Terra, base della Geografia generale. Ma quest'ultima nacque più tardi sulle rive e fra le isole dell'Egeo, come Venere; nè poteva essere altrimenti: perchè il mare, che congiunge i popoli più lontani e diversi, è pure il grande generalizzatore delle idee, e in Grecia creò ad un tempo il filosofo ed il geografo. Furono infatti filosofi della Scuola Ionica i primi geografi, poichè il filosofo, questo personaggio nuovo che si presenta sulla soglia dell'Europa, ignoto all'Oriente Semitico, doveva sentire primo il bisogno ideale di una grande figurazione grafica del mondo, primo doveva ricercarne le origini con uno sforzo audace della ragione: intuizione mirabile, che congiunge il pensiero ellenico, fin dalle sue remote origini, al pensiero moderno.

2. Da una parte, a Talete, che si innalza al concetto della forma, dimensioni e posizione della Terra nello spazio, e rappresenta la tendenza scientifica della Geografia, dall'altra a Erodoto, che ne rappresenta la tendenza descrittiva, fanno capo le due linee separate sulle quali si svolge la storia della Geografia nei suoi due punti di vista essenziali, che i geografi francesi sogliono oggi designare rispettivamente coi nomi di «Geografia generale» e «Geografia regionale».

Seguendo la prima di queste due forme del suo lavoro, la Geografia affronta il problema della «misura della Terra» con Eratostene e costruisce le carte graduate con Marino e con Tolomeo; seguendo invece la seconda, cioè la tendenza descrittiva, ci offre l'illustrazione della Terra a base politica e a fondo storico nelle opere di Polibio, di Strabene, di Arriano e in quelle degli storici romani. E il quadro si allarga di là dai confini del Mondo Mediterraneo, verso levante, oltre la Battriana, al Mondo Sinico e alle mille patrie insulari dell'Indonesia, dopo i viaggi di Marco Polo, di Ibn Batuta, di Nicolò de' Conti, mentre nell'oscuro Occidente un altro mondo si illumina dinanzi alla Geografia, la quale, dopo Colombo, compie il giro del globo.

Se il Mappamondo di Fra Mauro, che ignora la rete geografica, fu nel Medio Evo la più ardita figurazione del vecchio mondo, l'espressione più grandiosa della tendenza descrittiva, ora le nuove rappresentazioni della Terra, dopo i lunghi viaggi transoceanici, esigono di necessità nuovi sussidi provenienti dall'astronomia nautica per fissare le posizioni, tornando così alle carte graduate dei geografi alessandrini.

Nel secolo XVI la Cartografia segna in Italia col Silvano e col Gastaldo, nelle Fiandre con Ortelio e con Mercatore, la mescolanza necessaria fra la tendenza empirica dei viaggi di scoperta e la tendenza scientifica della costruzione esatta delle carte su base astronomica – e queste due tendenze rinnovano le vecchie forme geografiche sotto l'azione più o meno diretta della Bussola Nautica. La Geografia Scientifica di cui Tolomeo fu il pontefice massimo attraverso il Rinascimento e nei due secoli sucessivi alla stessa scoperta delle Americhe, mentre sembra tuttavia giacere lungamente sotto il peso di errori fondamentali, si rialza a poco a poco coll'aiuto dell'Astronomia progredita, non solo per opera del Regiomontano e del Toscanelli, ma anche e specialmente per le scoperte di Galileo in ordine alla base nuova sulla quale venne a collocarsi l'esatta determinazione delle longitudini.

3. La «Geografia Generale» del Varenio, singolare concezione di un giovane, morto a 28 anni, segnò nel 1650 il primo passo decisivo della tendenza scientifica moderna; ma rimase un fatto isolato di fronte al dilagare delle edizioni della «Cosmografia» di Seb. Münster; e un fatto parimente isolato rimase la varia opera scientifica dell'italiano Marsili, il primo vero idrografo moderno.

Cosicchè il progresso della Geografia generale, eccezion fatta di qualche ramo della Geografia matematica più vicino alla Cartografia, viene rappresentato dalle scienze ausiliarie, l'Astronomia, la Fisica, la Geodesia, la Topografia e la Geologia, prima nei secoli di Copernico, di Galileo e di Newton, poi in quello dei Cassini e dello Spallanzani. La Geografia aveva del tutto smarrita quella individualità scientifica, che già prima non le permise di possedere uno spiccato valore sistematico, e che i filosofi (eccezion fatta dal Kant e dall'Herder) non le concessero mai, a incominciare da Aristotele per venire fino ad Augusto Comte e ad Herbert Spencer.

Ma le due grandi correnti separate degli studi geografici che abbiam veduto scendere nei secoli fino all'epoca moderna confluiscono finalmente in una sola per opera di Carlo Ritter e di Alessandro Humboldt, i due creatori della Geografia moderna. Il primo a tendenze storico-filosofiche, riproduce Strabone, ma con una concezione più profonda della nostra scienza, che egli fissa chiaramente nello studio dei rapporti fra la Terra e l'Uomo, ponendo il principio di causalità, il quale ottenne la sua piena applicazione nell'opera del secondo. Spirito universale, fortemente nudrito di scienze fisiche e biologiche, A. Humboldt ricostituisce sulla sua vera base scientifica la Geografia, colla grande legge della coordinazione generale.

Come Giorgio Cuvier ha trovato la legge della correlazione delle forme, mediante la quale con la conoscenza di un solo organo del corpo animale si può dedurne la struttura necessaria e armonica di tutti gli altri, così Alessandro Humboldt ha veduto nella vasta congerie dei fenomeni e degli esseri sparsi sulla superficie del globo, rapporti fatali di causalità e correlazioni di forme nello studio delle quali appunto la Geografia si leva al grado di scienza originale e assume un carattere di generalità filosofica superiore a quella di tutte le scienze sperimentali. Cuvier fu il creatore dell'Anatomia comparata e il riformatore della scienza delle classificazioni concepita da Aristotele: i due geografi tedeschi, in modo particolare il sommo naturalista berlinese, sono i veri fondatori della Geografia comparata.

Ma la comparazione pel Ritter consisteva essenzialmente nello studio dei rapporti di ciascuna regione con l'insieme del globo, per l'Humboldt invece era lo studio delle correlazioni causali. Ognuno sa come questo diverso modo di vedere l'indirizzo del lavoro geografico abbia dato occasione in Germania ad una vivace polemica, quando Oscar Peschel attaccò d'insufficienza la concezione ritteriana dimostrando che la «Geografia storica» non è tutta la «Geografia scientifica» e che la ricerca doveva esercitarsi dalla «Geografia fisica» con un metodo più propriamente comparativo. Come si vede, la formazione organica della Geografia è troppo recente e tocca da vicino troppe scienze perchè sia possibile in pratica una esatta delimitazione nel campo delle sue investigazioni.

4. Il disegno abbozzato dal Varenio, svolto con diverse vedute dal Ritter e dall'Humboldt, valse a ricomporre sotto il dominio geografico, già diviso a profitto di altre discipline, il territorio proprio della nostra: la quale, più di ogni altra, per l'eccezionale vastità di sua comprensione, potè andar soggetta, nel suo periodo formativo, alle tendenze enciclopediche e alle invasioni nel campo altrui quasi tanto quanto altri avevano fatto nel suo.

Onde si spiega la preoccupazione singolare di tanti insigni maestri, come il Wagner, il Richthofen, il Supan in Germania, il Reclus, il De Lapparent, Vidal La Blache e de Martonne in Francia, il Dalla Vedova, il Marinelli, il Porena ed altri in Italia, per dare una chiara determinazione all'opera della Geografia, per fissarne la funzione metodica e salvarne, in sostanza, l'individualità scientifica.

Il Richthofen, sopra tutto, intende a porre nettamente i confini della nostra scienza con la Geologia, che due secoli or sono era un capitolo della Geografia fisica e che si è resa ben presto indipendente portando con sè non poca parte della Geografia stessa.

La Geologia è la scienza del passato che si esplica nel presente, e la Geografia fisica è la scienza del presente, che ha la sua spiegazione nel passato; onde una intimità di rapporti fecondi in una zona di confine comune alle due scienze, in un sistema di ricerche fissato sotto il nome di Geomorfogenia, o anche semplicemente di «Morfologia geografica» ormai costituita su valide basi, dopo il Richthofen, da De la Noë e de Margerie in Francia, dal Davis in America, e, più recentemente in Germania, da Alberto Penck.

5. Ma in tutto questo faticoso lavoro di ricostituzione sistematica della nostra scienza, la concezione del Ritter, che da alla Geografia come intento finale lo studio delle relazioni tra la Terra e l'Uomo, sarebbe rimasta nel campo teorico, patrimonio esclusivo dei filosofi storici, senza l'opera innovatrice di Federico Ratzel, onde l'Antropogeografia ebbe nome e metodo. Per tal modo la Geografia politica, nome oramai caduto in disuso, si affermò come parte di questa nuova scienza più generale, stabilita con tanto vigore di pensiero e ricco corredo di materiale scientifico, a meno di quarant'anni dalla morte del Ritter.

Non è più la Geografia politica di un tempo – un ammasso di notizie statistiche ed economiche senza nesso causale, un repertorio di nomi, un ufficio di informazioni per i curiosi e per gli eruditi – ma la «scienza dello Stato nei suoi rapporti col suolo» quale l'avrebbe voluta Strabone nell'antichità e Giovanni Botero nell'epoca moderna. Se la Geografia fisica è veramente la base di ogni studio serio dei rapporti fra la terra e la storia dei Popoli e degli Stati, la Geografia antropica forma più propriamente la parte del nostro studio onde hanno norma le larghe e feconde applicazioni della nostra scienza alla vita economica degli Stati e al benessere degli aggregati umani.

L'Economia politica e la Statistica, due studi essenzialmente moderni, usciti fuori per distinzione organica (come la Geologia) dalla massa, prima incoerente, della Geografia, nè ancora interamente costituiti come scienza, vi rimangono pur sempre comprese come materiale di elaborazione necessario per riconoscere il fenomeno economico e l'aspetto numerico dei movimenti sociali nei loro rapporti col suolo e nella loro estensione sul globo. Poichè solo alla Geografia è dato di vedere in uno sguardo di assieme gli esseri terrestri considerati separatamente dalle scienze fisiche e naturali sotto un aspetto particolare; solo ad essa è riservato di contemplare da un punto di vista più alto la poderosa coesistenza e la vasta distribuzione spaziale dei fenomeni terrestri, siano fisici, siano biologici, siano anche storici e sociali, allargando smisuratamente il potere dell'indagine nella ricerca delle cause, sul principio fondamentale di una immensa correlazione.

6. Vi ho detto, o Signori, cose a voi ben note e familiari; ma che pur troppo, non sono ugualmente note a tutti, anche nel mondo dei dotti, anche nel mondo degli uomini, politici, e nelle sfere del Governo, e fra le Commissioni che rimaneggiano la materia dell'insegnamento ufficiale.

Nè mancano gli uomini di spirito che «non credono alla Geografia» e la ritengono soltanto un ravvicinamento occasionale di scienze diverse. Già l'ho osservato: come l'Italia fu detta un giorno una espressione geografica, cosi la Geografia stessa apparve una espressione teorica senza soggetto; ma l'espressione geografica rappresentava una realtà vivente a dispetto dei diplomatici, e il nome della Geografia, dal canto suo, includeva una designazione di forza e di contenenza ignorata dai più. Se adunque la Geografia può dirsi da un lato un vero sistema di filosofia della natura, dall'altro è tutto un insieme di applicazioni della scienza alla vita sociale ed economica dei popoli.

E come tale noi la invochiamo in questi nostri parlamenti speciali che sono i Congressi geografici.

I Congressi, o Signori, rappresentano il più spontaneo contatto della Scienza col Paese, il quale ha diritto, ogni tanto, di sapere che cosa si fa nel mondo dei dotti, e di vedere discussa e riassunta l'opera della scienza ufficiale; sono esposizioni parlanti, sono, a così dire, mercati di idee, che vi attendono il suggello o, come ad una zecca, il conio per divenire moneta spiccia nella circolazione del pensiero. E dove anche i loro voti indugiassero ad essere accettati dai Governi, servirebbero pur sempre a coordinare l'opera degli studiosi, ad unire le volontà fattive, a regolare il fiume delle energie e a spingerlo, a forza, nel mare della pubblica opinione, generando così una calda corrente di cooperazioni incitatrici di nuovi studi rivolti al benessere sociale.

7. Ma perchè sia possibile questo largo consenso degli spiriti, e l'opera degli studiosi non si chiuda in uno sterile isolamento, è necessario che accanto alla scienza gallonata fiorisca la pianta spontanea e vivace della cultura libera, senza passaporti e senza diplomi.

Nè si dica che io do facile accesso all'invasione del dilettantismo, contro il quale – a ragione talvolta, ma spesso anche a torto – si è spezzata qualche lancia di critica rabbiosa. I dilettanti sono l'esercito irregolare, sto per dire, i Garibaldini della scienza, dai quali non è raro il caso sorga qualche condottiero valoroso.

D'altra parte: quale utile iniziativa, quale studio efficace, quale ramo di cultura può vivere e prosperare, senza il contatto del pubblico che è l'aria respirabile della scienza nel mondo della realtà? Che cosa potremmo far noi con Società geografiche senza soci, con riviste senza abbonati, libri senza lettori e congressi senza aderenti?

L'aristocrazia dell'ingegno e della cultura deve rinnovarsi continuatamente al contatto della vita sociale, la scienza, – come il gigante Anteo – riprende vigore toccando col piede la terra donatrice di forza.

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