CAPITOLO II. Il capitano Haver incomincia ad inquietarsi

L'Edison navigava da una settimana senza che nessun incidente ne avesse ostacolato il viaggio.

La vita a bordo si svolgeva regolarmente. Nessun indizio che il Gigante dell'Apocalisse avesse intenzione di disturbare la rotta dell'Edison. Nessun segno aveva rivelato in aria la presenza del mostro.

I quattro compagni si passavano di mano in mano il cannocchiale e scrutavano diligentemente ogni angolo del cielo.

Se una nube appariva al loro esame di forma alquanto sospetta, veniva sorvegliata con cura gelosa, caso mai dietro di essa si celasse Mister Giga. Ma nulla induceva a credere che Mister Giga li spiasse dall'alto del suo regno coi due occhi a lenti convesse.

Dopo qualche giorno di brontolii e di minacce, il mare aveva ripreso la sua tranquillità e la sua levigata purezza, inducendo nell'animo dei quattro compagni uno stato di noia.

Essi erano preparati ad una vita avventurosa ed emozionante, ed invece dovevano poltrire in una serie di giornate piene di esasperante calma.

Che cosa faceva dunque Mister Giga? Dopo le minacce a caratteri luminosi di macchina da scrivere inviate loro con un sistema di trasmissione che ignoravano, Mister Giga si era dunque risolto a non farne nulla? Oppure era un millantatore incapace di mettere in azione le sue minacce?

A giudicare da quanto aveva fatto, si poteva logicamente presumere che avrebbe potuto continuare nel sistema delle sorprese; tanto più che il messaggio luminoso inviato ai quattro avventurosi costituiva di per sè un impegno solenne.

Come si spiegava questo silenzio? Le opinioni erano molto divergenti.

— Mister Giga ha esaurito i suoi mezzi – diceva Tom Fred. – Forse si è rotto il meccanismo che cela nel suo corpaccio – opinava Din Gimmy.

— Oppure gli si è consumata la forza motrice – proponeva Sorasio.

— A meno che il Gigante non occupi tutto il suo tempo a fare dichiarazioni d'affetto a Tanagra – aveva detto scherzando Murray, non riflettendo che queste parole avrebbero scosso Nello Sorasio.

Infatti l'aviatore si era scosso: il suo viso si era imporporato.

Murray gli aveva chiesto scusa della supposizione, soggiungendo che Tanagra avrebbe in questo caso risposto per le rime al mostro impertinente.

Le conversazioni si alternavano alle bevute ed ai giuochi, ma tutto ciò non dissipava la noia che li opprimeva.

In certi momenti essi non potevano fare a meno di pensare che aveva ragione il capitano Haver a non voler prendere sul serio il Gigante.

Ma la noia doveva ben presto scomparire a bordo dell'Edison. Avevano sorpassato il 170° di latitudine, quando, verso il tramonto, il yacht si inclinò gradatamente.

Il capitano Haver credette l'inclinazione momentanea, ma quando la vide accentuarsi in modo considerevole, non nascose una certa inquietudine.

Diede immediatamente ordine di perlustrare lo scafo, ed una grave notizia gli fu recata da mister Topler, l'ufficiale in seconda.

— Signor Capitano, una falla a babordo! – disse.

— Una falla? Abbiamo urtato?

— No, signor capitano – rispose Topler. – La falla è circolare: sembra fatta mediante un utensile. Abbiamo già ingoiato parecchio, ma le pompe sono in funzione e si sta turando la falla.

Il capitano ed i quattro compagni scesero a verificarla. L'ufficiale aveva detto il giusto.

Era un foro circolare di trenta centimetri di diametro e sembrava nettamente praticato da un enorme trapano.

In breve tempo la falla venne chiusa e l'acqua pompata.

Ma il capitano Haver non aveva ancora ripreso la sua ordinaria tranquillità.

Nessun urto – dato anche che di urto si potesse parlare, ma non era il caso – nessun urto avrebbe potuto tagliare così nettamente un foro nello scafo. L'apertura, matematicamente circolare, denunciava l'opera di uno strumento. Era assurdo pensare che essa fosse dovuta ad una inesplicabile malvagità di qualche marinaio: d'altronde, una rapida inchiesta stabilì subito che tutti i marinai poterono provare il loro impiego di tempo nel momento che la falla dovette essere praticata.

— Per tutte le furie dell'oceano! – esclamò il capitano Haver – questa falla è un mistero!

— Vedete che a questo mondo vi sono in cielo, in terra ed in mare cose che non si possono spiegare – disse Nello Sorasio parodiando una frase dell'Amleto.

— La cosa si può logicamente spiegare – soggiunse Fred, – ma bisogna prima ammettere che qualcuno abbia praticato il foro dall'esterno.

— E chi volete che abbia potuto bucare l'Edison dall'esterno? – chiese Haver.

— Questo lo chiedo a voi, che avete pratica del mare – disse Tom Fred. – Prima di diventare artista cinematografico, ho fatto, come tutti i miei colleghi di Hollywood, una trentina di mestieri: tra i quali anche il mozzo. Ma non mi piacque: prendevo troppi cazzotti, ed io trovo più conveniente darli. Son fatto così. Quindi, di navigazione non m'intendo molto, nè di quanto possa capitare in mare. Ho sentito però parlare del pesce sega. Non credete che un pesce sega possa aver fatto quel foro?

Una risata accolse la domanda dell'acrobata.

— Ha ragione mister Woller di averti dato una patente di ignoranza enciclopedica – gridò Din Gimmy.

— Mi ha dato questa patente, però accompagnata da un buon stipendio – osservò l'acrobata.

— Questo non poteva essere altrimenti – soggiunse misteriosamente Murray. – Ma la supposizione che la falla sia opera del pesce spada è impagabile. Che ne dite, signor Capitano?

— Dico che da oggi in poi crederò tutto possibile – biascicò il lupo di mare. – Anche che esistano dei siluri invisibili che bucano le navi.

— Signori – disse Murray – la supposizione più probabile che si possa fare su questo incidente, è che esso sia dovuto a Mister Giga, come lo chiama Tom Fred.

— È quanto pensavo, e non osavo dire – fece Din Gimmy.

— Per accettare questa supposizione, bisogna ammettere che il Gigante sia anche dotato della facoltà di nuotare come un pesce, oltre a quella di volare come un condor o come un pipistrello – disse Nello Sorasio.

— È appunto quel che credo – osservò l'agente politico della Casa Bianca. – Ricordatevi di quel che vi ho raccontato.

Il capitano Haver se n'era andato in preda ad un visibile malcontento per doversi trovare di fronte ad un fatto inesplicabile: tuttavia egli non voleva lasciarsi sopraffare dal mistero e trascurare il suo dovere. Seguìto dall'Ufficiale in seconda, andò a fare una nuova perlustrazione per accertarsi che altri pericoli non fossero in agguato.

I quattro compagni rimasero soli, nel quadrato di poppa. Essi meditavano.

— Mister Murray – fece Din Gimmy – la narrazione che voi ci avete fatto della tragica avventura nella quale il vascello del capitano Wells si sommerse trascinando negli abissi del mare quasi tutto l'equipaggio, si lega fatalmente al pericolo corso dall'Edison. La forza sottomarina che fece naufragare il vascello del capitano Wells ed allontanare il canotto dei due marinai superstiti dall'isola, deve essere la stessa che ha praticato la falla nell'Edison.

— Nulla si oppone a formulare l'ipotesi che sia il Gigante dell'Apocalisse l'autore dell'attentato – fece Murray. – Il mostro evidentemente è costruito in modo da permettergli, sia di viaggiare in aria, sia di fendere le acque. Da quanto voi stesso avete veduto al Lago d'Oro, il mostro era fornito di ali pieghevoli: supponiamo che queste ali gli servano anche da pinne, e noi abbiamo un terribile gigante capace di nuotare sott'acqua come un pesce.

— Se così è – disse Tom Fred – il pericolo che ci minaccia è doppio: il mostro ci può dare fastidi per mare e per terra.

— Bene – soggiunse Nello Sorasio. – Saremo costretti a fare doppia caccia: bisogna sorvegliare, non soltanto in altezza, ma anche in profondità.

Il capitano Haver fece ritorno al quadrato di poppa. Nessun indizio di nuovi pericoli erano segnalati.

Infatti, per tutto il giorno, l'Edison filò in modo perfetto. Il capitano Haver non poteva capacitarsi di quanto aveva veduto.

— Che ci sia qualcosa di vero, in questo Gigante della malora? – proruppe.

— Volete dunque che noi quattro ci siamo messi in moto per l'oceano senza qualche buon motivo? – chiese Tom Fred. – Noi vogliamo agguantare Mister Giga e fargli pagar caro i suoi divertimenti. E quando dico Mister Giga, dico il farabutto che si accovaccia dentro.

— Chi ti dice che il farabutto si nasconda dentro al Gigante? – domandò Din Gimmy. – Per mio conto, credo che Mister Giga sia manovrato a distanza con qualche diavoleria senza filo.

— Comunque, è certo che, quel che oggi ho veduto, è proprio senza filo... logico – concluse rabbiosamente il vecchio lupo di mare. – Non ho paura di nulla, in fatto di avventure pericolose: ma mi fa salir la mosca al naso andare incontro a nemici invisibili e fuori della realtà umana.

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