CAPITOLO XI. I Tre Moschettieri debbono essere quattro

Nello Sorasio, Din Gimmy e Tom Fred si radunarono in casa di quest'ultimo.

La discussione si protrasse a lungo, senza che una precisa linea d'azione risultasse concordata.

L'ardente e generoso desiderio di rintracciare Tanagra e salvarla dalle mani artigliate del Gigante dell'Apocalisse, era l'unico motivo che conferiva unità ai loro propositi. In quanto alla direzione da prendere per approdare all'Isola problematica di Granata, essa rimaneva sempre nella nebulosa del loro programma.

Nello Sorasio e Din Gimmy discutevano con calma, ma Tom Fred doveva, di quando in quando, alzarsi per sfogare sul punching-ball appeso nel salotto, la sua frenesia pugilistica.

Egli aveva un punching-ball in ogni ambiente del suo alloggio. Era questa una saggia precauzione, molto incoraggiata dagli amici che andavano a visitarlo. Perchè, dopo tutto, pensavano essi, Tom Fred è un bravissimo ragazzo, ma noi non abbiamo che un solo sterno.

L'acrobata desiderava mettersi in mare alla ventura, certo che ogni divo hollywoodiano è dotato di una bussola che lo fa arrivare sicuramente in porto.

Nello Sorasio sosteneva che non credeva molto alla bussola dei divi cinematografici.

— Voi siete avvezzi a fare dei films dove il caso regola tutto per il miglior bene del protagonista simpatico, e credete che succeda così anche nella vita reale. Bisogna avere una meta ed una logica. Per trovare l'Isola di Granata andremo a nord o a sud, ad est o ad ovest?

— Al porto più vicino ad Hollywood ci diranno qual direzione ha preso il yacht di Yoko-Hito – disse Tom Fred.

— Ma se Yoko-Hito non si è imbarcato sul yacht? – chiese Nello Sorasio.

— Vuol dire che il yacht sarà ancora in porto...

— Ma non sapremo verso qual punto vola il mostro...

— Possibile che nessuno lo segnali?

— Finora nessuno lo ha segnalato – disse Nello Sorasio, – e sì che numerosi aviatori si sono dati alla sua caccia. A quanto voi stessi avete osservato, il Gigante sa rendersi invisibile, attorniandosi di una nebbia azzurrina.

Il cameriere di Tom Fred venne in quel momento ad annunziare che un signore chiedeva il permesso di parlare ai tre conversatori.

— A tutti e tre? – chiese Tom Fred.

— Sì.

— Come si chiama?

— Non ha dato il suo nome.

— Molto male: digli che torni a casa e si munisca di una carta di visita.

— Dice che ha urgente bisogno di venire introdotto.

— Va bene: introducilo. Vedremo se può convenientemente sostituire il punching-ball – ordinò irato Tom Pred.

Il sollecitatore venne subito avanti. Era un uomo sui quarant'anni, elegantissimo, dallo sguardo vivace e penetrante, dalle movenze decise ed energiche, ma corrette. Egli sollevò il risvolto della giubba. Una placca apprese ai tre radunati che essi si trovavano di fronte ad un agente politico della Repubblica stellata.

— Il mio nome è Jack Murray – disse prendendo posto in una poltrona di fronte ai tre – e vengo a proporvi di lasciarmi prendere parte al vostro viaggio di ricerca.

Vi fu un lungo silenzio.

Perchè un agente politico veniva a intromettersi nel loro progetto privato di rintracciare Tanagra? Quale movente aveva questa richiesta?

Murray lesse sul viso dei suoi interlocutori la domanda.

— Naturalmente, voi non potete, nè dovete accettare la mia richiesta senza essere a giorno delle ragioni che mi conducono qui. Signori, questa richiesta mi è stata telegraficamente ordinata da un altissimo personaggio della Casa Bianca.

Un grande stupore si dipinse sul volto di Tom Fred, Nello Sorasio e Din Gimmy.

— Il rapimento di Tanagra – seguitò Murray – è un avvenimento di grande importanza. È doloroso che sia scomparsa così stranamente una stella mondiale ed è giustificato l'orgasmo che regna ad Hollywood. Ma il fatto in sè non avrebbe determinato ad agire le altissime personalità preposte alla difesa della Repubblica, se esso non costituisse una minaccia politica di grave importanza.

Signori, non posso dirvi tutto quanto vorrei per indurvi ad accettare la mia proposta, che, lo ripeto, mi venne ordinata in alto luogo: ma posso offrirvi la mia collaborazione colla certezza che essa sarà utile per ritrovare Tanagra, non solo, ma per sventare a tempo una grave minaccia che incombe sull'America, e, forse, sul mondo intiero. Voi non potete comprendere interamente il valore delle mie parole: ma certo lo comprenderete in seguito, se avrò l'onore di unirmi a voi e se arriveremo all'Isola di Granata.

Le parole di Murray fecero sui tre la più profonda impressione. Senza comprendere quale ne fosse il reale contenuto, essi intuirono che Murray diceva la verità parlando loro di una grave minaccia che incombeva sul mondo.

Non era supponibile che Murray volesse mistificarli.

La lealtà si leggeva nel suo sguardo.

Nello Sorasio fu il primo a prendere la parola.

— Signor Murray – disse – posso chiedervi un'informazione?

— Ai vostri ordini, purchè essa non riguardi quelle che sono vietato di dare.

— Voglio semplicemente sapere come siete venuto a conoscenza che noi tre si sta combinando una spedizione di ricerca.

— Me ne ha informato la stessa Casa Bianca, mister Sorasio – disse Murray. – Anzi, vi dico subito le ragioni per cui si desidera che io vi accompagni. Le autorità militari e politiche hanno un grande interesse di scoprire l'Isola di Granata: ma temono di dar troppo nell'occhio facendo una regolare spedizione in grande stile. Esse credono più saggio, per ora, approfittare di una spedizione privata e intrapresa da individui che non lascian sospettare uno scopo politico, come è il caso vostro.

— Certamente – disse Sorasio – a me interessa soltanto ritrovare mia cugina.

— A me interessa girare il film – osservò Din Gimmy – e riportare Tanagra a mister Brenon.

— Ed a me interessa somministrare una buona quantità di pugni a Yoko-Hito: perchè è Yoko-Hito, non è vero, che si tratta di raggiungere per riavere Tanagra?

— Forse – rispose Murray – ma per noi occorre raggiungere un'altra persona assai più pericolosa per l'avvenire della Repubblica. Signori, se queste mie dichiarazioni vi sono sufficienti, ditemi che mi accogliete con voi.

I tre si scambiarono uno sguardo.

Sì, era evidente che bisognava accettare la proposta di Murray. Murray pareva molto più informato che non lo fossero loro, sull'Isola di Granata.

Essi tesero la mano a Murray in segno di adesione. Murray le strinse, cordialmente, una ad una.

— Vi ringrazio del credito di fiducia che voi mi aprite – disse. – Spero che saprò rendermene degno. Permettetemi di aggiungere che io non debbo essere per gli altri che un poliziotto dilettante in fregola di chiarire il mistero di Tanagra scomparsa.

— Anche per Mister Woller? – chiese Tom Fred.

— Anche per lui. Egli non potrebbe trattenersi dall'ordinare al suo ufficio stampa di battere la gran cassa sul mio essere e di provocare le più gravi noie al Governo da parte di una nazione che per ora mi permetterete di non nominare. Quindi, deve essere inteso che io mi unisco a voi, quale un innocuo maniaco, ammalato di «sherlokismo», e che voi mi avete accettato per non darmi un grosso dispiacere. Ma io soggiungo, signori, che se noi riusciremo a sventare la minaccia a cui ho alluso, voi vi avrete guadagnata la riconoscenza non solo di Tanagra, ma del Presidente della Repubblica. Il quale sarà lieto di trasmettere all'ambasciatore italiano, signor Sorasio, la sua compiacenza per il vostro eroico interessamento.

E con queste parole che a Tom Fred, Nello Sorasio e Din Gimmy, non potettero suonare se non misteriose, Murray si accomiatò prendendo appuntamento per il domani.

Appena Murray fu uscito, Tom Fred si grattò in testa.

— Decisamente ha ragione Charlot: la vita ci supera. Ecco che ora noi ci accingiamo, non solo a salvare Tanagra, ma anche l'America. Eppure questo Murray è una persona seria.

— Indubitatamente – fece Sorasio.

— Che cosa in realtà significano le sue gravi parole? – chiese l'acrobata.

— Lo sapremo più tardi... ora non voglio, non posso pensare ad altro che Tanagra, la mia fidanzata, è prigioniera di un orribile fantoccio! – esclamò Nello Sorasio esprimendo con queste parole il profondo affetto che lo legava a sua cugina e tutti i pericoli che egli avrebbe affrontato per salvarla.

Tom Fred alzò la mano improvvisamente, come fosse stato tocco da un illuminato pensiero.

I due compagni attesero quel che l'acrobata avrebbe detto, in religioso silenzio.

Tom Fred disse:

— Per fare i Tre Moschettieri ce ne vogliono quattro. È giusto che si sia unito a noi mister Murray.

FINE DELLA PARTE PRIMA.

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